Seguitemi. Ecco il tempo;
più che il lume improvviso,
Pubblico in Menfi è ’l grido.
Sì, che nel cor de’ grandi
Più che sangue, gli unisce
fra ’l trono e te non lascia
de l’amor tuo, sa il cielo
tutto in tuo pro. Poss’io
che gli si porta innanzi,
Tu ostenti ostri lontani,
colpo fu del mio braccio.
Di Ratese si cerchi. (Ad una delle guardie)
mi fe’ due ingrati; un giorno
ch’ella alfin sospirando:
Non v’ha più dubbio. (O stelle!)
Questo foglio da morte (Traendosi dal seno un foglio)
cui non resta altra speme,
Ma invan lo spera. A canto
mal si asconde un misfatto.
stan più presso al tuo trono
da l’amor d’altro oggetto,
Qual voce, o dei! ne fiede?
ti diè? Quale il dolente?
Non posso, Imofi. Io temo...
sceglier potrei... Va’. Dille
Pria d’un guardo amoroso...
E ’l tuo cor non l’assolve?...
di parer giusta ha gloria.
per me tolta è a periglio.
ti è forza a la sentenza,
fia, me del grande Ammone,
che ti chiama a grandezze,
dovrei, Mirteo, t’invidio.
se tu il cor ne possiedi?
un amor, che ti ha chiusi
gli occhi ad ogni altro oggetto
frutto che arene e sassi,
che l’alma occupa e preme,
venne armato a la reggia.
Io traditor? Regina... (Nitocri si allontana da lui, senza più riguardarlo)
Giuste, se n’hai, discolpe
si aggiunge a l’ingiustizia?
che in mia man tante volte
Quercia al soffio degli Euri,
più crolla e più si scuote.
tempo a librar le accuse,
tien chiuso e non l’udito.
Apri gli occhi, o regina.
il suo ferro, il suo capo,
(O felice Emirena!) (Mirteo volgendosi vede la sentenza sul tavolino e prendendola ritorna verso Nitocri)
La sua innocenza è salva.
tutto in suo scampo; e ’l deggio.
Altri regna in quel core.
ma quanto, aimè! lo sento
di un amor, che l’assolve,
Nel grand’atrio ti attendo;
Quanto è ver che malvagio
Ma se d’uom giusto io posso
di quel di un buon vassallo.
Guardiamlo anche da l’odio.
per timor de’ tuoi rischi.
Siati un’ancora sacra (Dando a Nitocri una lettera di Mirteo)
e ’l suo acciar gli si renda.
Di serbar tu ’l consiglia
qual fu ognor la mia vita.
Per lei, che non ti offese,
ma in te non han più fede
quella gloria, a cui vissi.
tua scelta, i casti affetti
Qui l’attendi e da oltraggio
dal rischio. Un sol mio cenno
se imperversi, al gastigo.
Faccia il ciel ciò che puote;
vanne dagli occhi miei. (Rispingendolo da sé)
da l’alto or non vedresti
che si nieghi un sol capo,
lo so; ma tu mi astringi.
(Sì, convien farlo). Riedi (Ad Emirena)
Micerin, del tuo esempio.
son già i nemici. In breve
Olà. Di quella soglia (Alle guardie)
Si aprirà questo ferro (Dando di mano alla spada)
qual si appresta mercede?
Dei, quanto giusti siete!
Mille ad un tratto e mille
trattosi un picciol ferro,
per cui pregio ha virtude.
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