Nitocri, Vienna, van Ghelen, 1722

 SCENA II
 
 MANETE e poi NITOCRI
 
 MANETE
 Quanto è ver che malvagio
 o rende o fa parer quel che si tiene
 commerzio con gl’iniqui! In qual son posto
 voragine ed abisso! E non ritrovo
1185via, che sia onesta o non gravosa, a uscirne.
 NITOCRI
 Con qual nuovo comando,
 dopo tant’altri, a me sen viene il degno
 genero di Ratese?
 MANETE
                                    Ah! Mia regina,
 scorgimi il core in volto. Il popol chiede
1190la testa di Mirteo.
 NITOCRI
 Da Nitocri difesa, invan la chiede.
 MANETE
 Non ha legge né freno
 tumulto popolar. Salva te stessa.
 NITOCRI
 Né timor né minaccia
1195far mi può scellerata. Io qui le veci
 sostengo degli dii. Finché sul trono
 sta giustizia con me, regina io sono.
 Ma se d’uom giusto io posso
 permetter o soffrir la rea condanna,
1200di regina, qual son, mi fo tiranna.
 È questo il mio voler. Tu lo riporta
 al mio popolo ingrato e al tuo Ratese,
 dietro il cui piè tu ti smarrisci e perdi.
 MANETE
 Misero son più che non pensi. Oh! Fede
1205si porgesse al mio dir! Tu più quiete
 ne avresti, altri men colpa, io men rimorso.
 NITOCRI
 Indole retta era in Manete un tempo.
 La guastò quel legame
 che di sangue e di amor lo strinse a un empio.
1210Ma ti sovvenga. Altro dover più forte
 non v’ha, dopo gli dii,
 di quel di un buon vassallo.
 Vita, parenti, amici,
 tutto al re si pospone,
1215tutto al pubblico ben. La legge è questa
 di natura più sacra e la più onesta.
 MANETE
 
    Taccio. Sospiro. Ascolto.
 Vienmi un rossore in volto,
 parte del sangue anch’esso
1220che verserei per te.
 
    Tu mia regina sei.
 Lo veggo... Il so... Dovrei...
 Ma... Perderò me stesso,
 pria che tradir mia fé.