oltre il pregio e l’alloro,
Seguano i giuochi e al giorno,
Basti così; ti sento, (Clistene scende dal trono)
de’ miei pudichi amplessi,
gli astri fissi e gli erranti.
vidi i segni e gli aspetti;
O che pensieri sciocchi! (A parte)
Male si accorda, Alceste,
(Sol d’Armidoro intendo). (A parte)
Folle è ben se lo sprezza.
Ma da qual ciglio è uscito
(Chi sa ch’ella non m’ami?)
Se scuopro il bel che adoro,
(Non ho colpito al segno). (A parte)
Nascon da un solo istante
Che fai? Che pensi, Alceste?
qui ’l mio prence m’impose
commetto il gran disegno.
Vuoi tu che i dubbi eventi
de la tua vita io scuopra?
O ti affretta o ti lascio.
che sei principe eccelso.
Altra ingannarne or tenti.
con cui gli spirti averni
Ho vinto, Alceste, o caro
Altro il mio cuor non brama.
ma ben forza è ch’io pianga
Signora, or che sei sposa
l’adulator cristallo. (Le dà lo specchio)
Consiglier del mio volto,
questo crin, questo petto?
Mia figlia, a qual cordoglio
D’Achille in servil manto
T’intesi. (E già m’accingo
«Tra vili spoglie involto
Spesso in errori inciampi.
Non più, che svengo anch’io.
(Costui, per dire il vero,
Giusto è ’l mio re né vuole
Ne la mia reggia intanto (Scende dal trono)
che a ritrarre il tuo bello
lo sguardo nel desio, (In disparte)
se ancor finte mi ardete.
Non errai. S’ivi impresso
Pria che il giorno tramonti,
(Non v’è più dubbio. Oh dei!)
bel trofeo che ottennesti
che mi lasciasti, iniquo,
questo suol che tu calchi?
Ferma, Alceste, che fai? (Li trattiene il colpo)
Frena l’impeto e ’l duolo.
che sugli occhi or mi manca
sì audaci? Onde tant’ire?
con fido orecchio attendo.
Già di tutto m’intendo. (Si asside)
Questo gli spirti incanta.
Il mio parla agli affetti.
Sono in un grande imbroglio.
Ed a me non si bada? (Ad Armidoro)
così infermo, cui strugga
Tale il fingi a te stessa
Questo è ’l luoco ove attendo,
quella, di cui son preda,
nascer da que’ begli occhi
Prenda ognuno il suo posto
che il rintraccia e nol vede,
Ecco il tempo opportuno! (A’ suoi soldati)
Perdasi ogni riguardo. (Afferri improvisamente Agarista)
Ma pure... Ferma. (Come sopra)
Deh arresta. (Lo fermi come sopra)
Debole inciampo. (La rispinge senza guardarla)
Clistene, al ciel che spargi
Ecco un novello imbroglio.
fia che al lido il rispinga,
lordo ancor del mio sangue,
Deh Agarista, deh Alceste,
Dove imparasti, uom vile,
Sinch’io non vinca o perda,
non so depor la spada. (Torna ad assalirlo)
Pur sei vinto. (Cade Sifalce piagato)
il giorno mi tramonta. (Cade)
Ma che veggio! Qual sangue
Questi ultimi miei prieghi
non lasciar che sian vani.
Aimè! Che oggetto è questo?
Non è quello il sembiante... (Corre e si getta sopra il corpo di Sifalce)
volea stringerti un giorno
ch’hai questo sen trafitto,
di stagnar tosto il sangue,
d’Elide e questo è Arbante
Son vivo? Il credo; il sento
Sommo Giove, al cui tempio
Chi vien seco? O gran Giove!
al labro che lo impronta?
Per mia bocca già Orgonte,
perdona, io te ne priego,
né giusto è che lo sdegno
Da le tue grazie vinto...
perché tuoi, mi son cari.