Vanne a la reggia e affretta
Cesare, al prence Ernesto
Ah! D’Engelberta io temo.
Dal crudel... cenno... assolvi... (Confuso)
No no, ubbidisci; e s’ami
Sorgi ed in grato amplesso,
riedi e fa’ ch’Engelberta
tosto a me venga. In quella
Fugge, Ernesto, d’esporsi
deggio la vita e in breve
e che Ernesto in me trovi
d’alto sonno il rinvenne.
ch’a la reggia la toglie,
sono anch’io d’Engelberta.
Non vi ascolto, o rimorsi;
e ’l tuo cor gli sia esempio
Deh, mio diletto, ascolta.
pur vedrò stretto il nodo
Il tuo chiesi, o Metilde;
No, Arrigo, un gran disprezzo
qual ape o qual farfalla,
perché riede a una moglie,
Tal senso ho de’ tuoi mali
che ne assaggi il tuo sposo,
Augusta eccelsa, umile...
Da me che chiede Ernesto?
quello e questa giurasti.
(Certa è la sua perfidia).
(Palpita l’alma mia). (Parte)
(Cauto ascondo lo sdegno).
di Engelberta che pianse,
(Scaltro pensier). Quai furo
Taci ancora? Ah! Tu riedi
Qual vi lusinga, o sensi,
Bonoso. (È fermato da Metilde)
Offrile un regno e l’ama.
Né più curi il mio affetto?
stempra in tosco la morte?...
Ernesto, a cor sincero (Ottone si ritira in disparte)
Facciasi. Vedi, o donna, (Mostrandole il vaso del velen di Ottone)
(Ed era quel di Ernesto).
Ma frattanto a te piaccia
custodi ecco i tuoi servi.
Non ti ascolto. A’ miei cenni (Prima ad Engelberta e poi ad Ernesto)
Servi al mio cenno e insieme (A Bonoso)
Ch’io vada? (Ah! Se sapesse
Di un gran piacer, miei sdegni,
ma voi presenti; e quando
Del mio ingiusto consorte
con voi ragiono. Almeno (Siede a piè d’un albero)
qui spererò que’ tronchi,
Con pena un buon vassallo
Ch’ove più chiuso è ’l bosco...
la gloria al dover nostro
questo foglio difenda (Gli dà una lettera)
Prendilo e, se in te vive
Là vieni e ’l sen mi svena
(Resisto a pena). In questo
ch’io per me imploro, e dono
qui ’l seguo, ove poc’anzi
nel tuo cor vo’ scolparmi.
Vanne e fa’ che ’l tuo affetto
cor, tu mi balzi in petto.
già si ubbidì. (Rimette la spada)
Ma del supplizio a fronte,
«Augusta. Il chiuso foco (Legge)
che cor più fido in questo
segnasti. Odio in te nacque
Guardie, olà, vostra cura
giacciono ancora? Ah tosto
Macchierei col tuo sangue
Ti discolpa il tuo pianto.
il suo torto e ’l mio danno;
Che sento? In mia condanna
Tal dunque a me tu riedi?
parli negli occhi, in questi
Ben tosto, o mia Engelberta,
Il cor torna con fasto...
già rinforza il mio core.
parti e mel nieghi? Vanne.
rimedio a’ suoi sospetti;
Perdon, bella Engelberta,
fuggiam, fuggiam da questo
quanto son io! Deh! Amico,
tale augusto il dichiara.