merta d’alloro il crin ornar.
che il forte Ernando di trionfar.
di qual fiamma avvampi il cor.
e ’l conforto al mio dolor.
vi trovo la beltà ma non la fé.
non mi chiedere il perché.
So che inganni, non ti amerò.
che l’amarne un traditor.
ingannata, anche il suo onor.
Armi ha ’l ciel per gastigar
né più sciolto il cor sen va.
già la vittima cadé. (Casimiro, in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
e più accresce il tuo dolor.
potrai lieta nel seno abbracciar.
giusto ancora saprò conservar.
sommo ancora è ’l suo piacer.
fra l’aurette ad ischerzar.
più ’l mio destin crudel.
L’arte, sì, del ben regnar
da me ’l mondo apprenderà.
ma l’amor languir non può.
pene a l’alma, spaventi al pensier.
ma l’orrore si cangi in piacer.
anima senza fé, senza pietà.
Perché con me? Perché tanta impietà.
tempo e sorte, amor e fé.