Venceslao, Monaco, Straub, 1725

 SCENA XVI
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 (Lucinda a me? Per qual destino, o dei).
 LUCINDA
995(Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi.
 Leggo su la tua fronte
1000la sorte mia. Tu vieni
 nunzia della mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
 di averti iniquo, o mia fedel, tradita;
1005se pur la ria sentenza
 sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 Desta pietà.
 LUCINDA
                         (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
1010Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                Che cangiamento è questo?
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato.
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono;
1015ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
 non chiedo a te che l’amor tuo. Del primo
 tuo pianto io son contenta.
1020Godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 GISMONDO
 Prenci, non più dimore. Il re vi attende.
 CASIMIRO
 A che?
 LUCINDA
                Dal regio labbro
 l’alto destin ne intenderai.
 CASIMIRO
                                                   Già scordo
1025vicino a te, mio bene, i mali miei.
 LUCINDA
 Io ti ottenni il perdon. Temer non dei.
 GISMONDO
 Or vi precedo.
 LUCINDA
                             Andiamo. O gioia!
 CASIMIRO
                                                                 O sorte!
 A DUE
 Né sciolga un sì bel laccio altri che morte.
 CASIMIRO
 
    Stringi...
 
 LUCINDA
 
                       Abbraccia...
 
 A DUE
 
                                               Questo petto.
 
 CASIMIRO
 
1030Mio conforto.
 
 LUCINDA
 
                            Mio diletto.
 
 A DUE
 
 E saprai che sia goder.
 
    Senti, senti questo core,
 come immenso è in lui l’amore,
 sommo ancora è ’l suo piacer.
 
 Fine dell’atto terzo