Metrica: interrogazione
435 settenari (recitativo) in Ormisda Vienna, van Ghelen, 1721 
questo or si adempia e regni
non v’ha chi meglio intenda
miei chiusi affetti. A tempo
co’ tuoi, co’ nostri voti.
al tuo trono, al tuo piede
Lieta in voi del mio regno
gli omaggi accetto. Il cielo
il cui senno, il cui petto
                              Che fia?
Tal, mio Ormisda, è ’l costume
Giusto, sire, è ’l tuo sdegno;
                                Perdona (A Cosroe)
                              (La sorte
                     Ma Cosroe
da l’onor di un tuo amplesso.
Vuoi palme? Io te le appresto;
soffrir ch’altri m’usurpi
Non ti chiede il mio pianto
questo ancor niega. Ormisda
il re, il marito, il padre.
quanto v’invidio! O padre,
Regna sui Persi; io ’l primo
            Che vuoi dir?
                                       Quel figlio
                  Tu opportuno
Senza te, trema, iniquo, (Verso Cosroe)
Di’. Qual furor l’ha mosso
No no, mi è re, mi è padre.
Né sì estremo è ’l periglio
tutto a te deggio; e l’opra
Cosroe di Ormisda è figlio.
(Qui Cosroe? Ei da me vide (Sfodera uno stilo)
Su, destra, e che si tarda? (Con voce alta ma fingendo di parlar tra sé)
(Che sarà? Cauto, o Cosroe.
                  Non ti confonda
                   Sì. Negarlo
Prendi tu questo ferro (Dando lo stilo a Cosroe)
Or tardo è ’l pentimento.
Sorgi. Del tuo delitto (Erismeno si leva)
e s’anche vuoi ch’io volga
re per l’ultima volta. (Si cava la corona di capo, tenendola poscia in mano)
Ciò che mediti il padre, (Verso Palmira)
                             Si taccia.
fatal diadema. Ormisda, (Rimettendosi la corona in capo)
né a l’offesa né al fallo.
Grazia, o re, grazia, o padre.
Vaglia a chi errò, in difesa
                               O cieli!
                               Il vero.
                                   Già intendo.
                 Di trama ordita
Tal lo credea chi ’l finse.
                                 Un colpo
              Qui vieni e giura
Venga. Vi aggiungo il voto, (Parte una delle sue guardie)
Quale audacia?... (Palmira si avanza)
                                  No, Ormisda.
Sempre il perfido è ingrato.
              Tu torni, Ormisda,
                            Il campo è in armi;
                Ed a la testa
                  Che far deggio?
                              Che ti arresta?
Deh! Per queste ch’io spargo (S’inginocchia)
                 Tacer mi è forza.
Ma stride l’uscio e v’entra
Prence, hai d’uopo di tutta (Stando in lontano)
                             È vero,
                              O inciampo!
                 Signor, gli affetti
              Festi, o regina, (Avanzandosi)
e comincia da me. (Cuopre con la sua persona quella di Cosroe)
                    O degno amante!
Padre, il rubel, l’iniquo (Mettesi a’ piè del padre)

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