Meride e Selinunte, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA VI
 
 DIONISIO con guardie e NICANDRO
 
 DIONISIO
1470Popol di Siracusa,
 dacché vostro favor portommi al trono,
 spesso punii; ma colpa
 fu del secol perverso il civil sangue,
 non del mio cor. L’ho sparso
1475e dolente e costretto. Astrea, che il volle,
 mai non alzò con una man la spada,
 se pria con l’altra non pesò il delitto.
 Selinunte or condanno; e condannato,
 credetel reo.
 NICANDRO
                          Mio sire...
 DIONISIO
1480Intendo. Ei dee morir. Sulla sua pena
 l’arbitrio di un momento anche mi è tolto.
 Guardie, traggasi tosto al suo destino.
 NICANDRO
 (E tosto, o cor, dirai: «Son vendicato».
 Inganno non fu mai più fortunato). (Dionisio va a sedere al suo posto e le sue guardie occupano le logge all’intorno)