Meride e Selinunte, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA PRIMA
 
 DIONISIO e NICANDRO
 
 DIONISIO
 Dunque ad infamia per timor di morte
 Meride si abbandona? Il sai tu certo?
 NICANDRO
1300Signor, con Ericlea
 io poc’anzi il lasciai. Ne’ suoi scordato
 teneri affetti, a lui più non sovviene
 né la sua gloria né l’altrui periglio.
 DIONISIO
 All’amico ceduta,
1305ei non l’ama o men l’ama.
 NICANDRO
 Il cederla era un’arte
 per farla sua. Non sempre è generoso
 chi affetta di parerlo.
 DIONISIO
 In lui dunque amistà fu sempre inganno?
 NICANDRO
1310Prova dell’amicizia è la costanza.
 Quella che può mancar, non fu mai vera.
 DIONISIO
 Misero Selinunte! Io qui l’attendo.
 NICANDRO
 È degno di pietà ma non di vita.
 Manchi a fede, se indugi. Eccone l’ora.
1315Chi in ostaggio restò, sua volle e fece
 l’altrui pena ed error. Giusto è che mora.
 
    Non perdonar. Il misero
 tien qui del reo la vece;
 e quella legge ei fece,
1320con cui si condannò.
 
    O una pietà sperata
 ardir gli diede al rischio;
 o un’amistà insensata
 il suo destin guidò.