sol pregio è del mio core. (Per via delle scalinate rientra co’ suoi nel palazzo)
Lieto da quella ei coglie
Intendo. Al ciglio, all’alma
scherno egli esige e sprezzo,
Taccio, che a me periglio
volli al furor sottrarti,
ma vinse industrie ed arti
si meschi col mio giubilo;
né lasci oppressa l’anima
al barbaro martir. (Mirteo vede partir Micerino; ed Emirena volgendosi all’altra parte incontrasi con Mirteo)
Che posso dir? Consolati.
Sorte miglior ti attende;
Sa il ciel... Sa amor... So anch’io...
Tu, che mi svegli in petto
Tu quel sentier mi addita,
Taccio. Sospiro. Ascolto.
Vienmi un rossore in volto,
parte del sangue anch’esso
Lo veggo... Il so... Dovrei...
e purché, o dio! non mora,
Il pubblico, il mio sdegno,
sovra il tuo trono ancora,
fra le ruine e il sangue,
verrà il tuo amore esangue
voi stessi e la mia gloria.
in te dell’amor mio, (Ad Emirena)
in te della mia fede, (A Nitocri)
nebbia non v’ha né scossa,
e tiene eccelsa e placida