Metrica: interrogazione
101 tronchi in Venceslao Verona, Merli, 1708  (pezzi chiusi) 
   Se ti offendo, tacerò;
di qual fiamma avvampi il cor.
e ’l conforto al mio dolor.
fida scorta il ciel si fa.
rende a’ vassalli un re.
né più teme quel mar che sfuggì.
e si scorda que’ lacci onde uscì.
né cercar più di così.
vi trovo la beltà ma non la fé.
non mi chiedere il perché.
So che inganni, non ti amerò.
che l’amarne un traditor.
ingannata, anche il suo onor.
   Armi ha ’l ciel per gastigar
   e più spesso ei fulminar
quella amando ed or questa beltà.
da più fiori succhiando sen va.
ne’ mali egli ha piacer.
   Chi sa che il nume arcier
ti ho tradita e ti amerò».
e ’l mio cor non sa perché. (Casimiro, in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre, alzando gli occhi, vede il figliuolo)
e più accresce il tuo dolor.
mi sapesti tu giusto serbar.
giusto ancora saprò conservar.
   Ombre squalide, furie di amor,
già sul ciglio a trionfar.
sommo ancora è ’l suo piacer.
   E se teco io non vivrò,
più ’l mio destin crudel.
   L’arte, sì, del ben regnar
da me il mondo apprenderà.
   Ei vedrà che so serbar
ma l’amor languir non può.
   Non mi dir di amarmi più,
anima senza fé, senza pietà.
Perché con me? Perché tanta impietà?
tempo e sorte, amor e fé.

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