Venceslao, Verona, Merli, 1708

 SCENA V
 
 GISMONDO frettoloso e li sudetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
 rompi ogn’indugio ed arma
1235di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avvenne?
 GISMONDO
                                                                                 Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
 tu non cerchi al periglio,
1240la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
 fugati i tuoi custodi, al suol gittati
1245i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda;
 ognun grida, ognun freme; e se veloce
 tu non vi accorri, invano
 freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
1250Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda, (Da sé passeggiando)
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisferò, sodisferò a me stesso.
 Sieguami ognuno. Il mondo
1255apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    L’arte, sì, del ben regnar
 da me il mondo apprenderà.
 
1260   Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà!