Metrica: interrogazione
117 ottonari in Venceslao Palermo, Cichè, 1708 
   Abbiam vinto, amico il regno,
n’è tuo frutto e gloria e pace.
   Del fellon superbo e fiero
vedi il teschio, in suol straniero
insepolto il busto giace.
   Ama sì ma sempre chiara
sia la fiamma del tuo cor.
   Pria che padre assiso in soglio
a punir de’ rei l’orgoglio,
   Or vedrai qual genitore
al tuo sdegno, al tuo furore
   Ti consiglio a far ritorno,
   Aman solo per capriccio
   Fingon spasimi e martiri,
ma in avere il loro intento,
si discioglion d’ogni impiccio
né mai più passan da lì.
   Come va dal bosco al prato
vola l’alma al suo tesor.
   E pur dirgli m’è negato:
«Frena, o caro, il tuo bel duolo,
sei la pace del mio cor».
   Col pensier che mia tu sei,
già contento il cor mi par;
   e sì dolce è un tal momento
che di morte anche il tormento
   Bocca bella, del mio duolo
non mi chiedere il perché.
   Il saper ti basti solo
   Comun bene, amica diva,
bella Pace, ognun ti onori;
ed a l’ombra degli allori
cresca ognor tua verde uliva.
   Più non vien tromba nociva
e al valor del forte Ernando
l’alta gloria sol s’ascriva.
   Parto amante e parto amico,
   Se nol credi o te n’offendi,
la fortezza di quest’alma,
   D’ire armato il braccio forte
   Duolmi suol che il fier rivale
sotto a questo acciar reale
   Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
torna, torna ad abbracciarmi.
                             A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé rispigne Lucinda)
   Traditore, più che amore
brami piaghe e vuoi svenarmi?
   Nel seren di quel sembiante
   E saprà d’un incostante
   Spera ancor l’antico nido
   Forse amor sia meno infido
   Dolci brame di vendetta,
   Voi dovreste esser più liete
e il mio cor non sa perché. (Casimiro in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
   Da te parto e parto afflitto,
   Ma poi tacqui il dolce nome
che più aggrava il mio delitto
e più accresce il tuo dolor.
contro gl’urti della sorte
   Che di duol funesto lampo
   Il mestier di carcerier
   e fra gridi e fra rumori,
qui si ascoltan tutte l’ore
                  Bella...
                                 Questo petto
leghi amor in mezzo a l’armi;
                                 mio
   come grande è il       tormento,
                                 tuo
sommo ancor sarà il contento
ch’oggi amor saprà donarmi.
   E se teco io non vivrò,
   Taci, amor, cedi, natura,
   Oggi vuol la mia sciagura
che a punir mi affretti un figlio
   L’arte, sì, di ben regnar
da me ’l mondo apprenderà.
   Te si unisca a far beato

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