Presentazione
Il celebre Apostolo Zeno, in Arcadia Emaro Simbolio, si dedica al dramma per musica dal 1696 a Venezia, talora in collaborazione con Pietro Pariati,1 e assume la carica di «poeta e istorico cesareo» a Vienna nel 1718, mantenendola fino al 1729, quando gli succede Metastasio che lo sostituisce dal 1730. Durante questa lunga militanza teatrale, che si protrae fino al 1734, Zeno scrive una cinquantina di pièces che godono di una fortuna sterminata e duratura, vengono musicate dozzine di volte e incontrano ben presto le note di Alessandro Scarlatti alias Terpandro Politeio, di Caldara, di Albinoni, di Händel, di Hasse o di Vivaldi. E dopo la morte del poeta sopravvivono fino agli anni '90 del XVIII secolo, più o meno adattate nelle partiture di Galuppi, Paisiello o Cherubini, senza contare la Nitocri del 1722, ripresa anche nel 1824, dopo la rivoluzione francese, l'età napoleonica e i primi moti liberali, con la nuova intonazione di Saverio Mercadante.
Non esiste ancora una stampa moderna dei testi per musica di Zeno, pubblicati quasi integralmente a Venezia nel 1744 da Gozzi e da Pasquali che dichiarano di aver raccolto i libretti malgrado le perplessità dell'autore stesso.2 Ma grazie alla fattiva collaborazione tra l'università di Padova e quella di Vienna, è in corso l'edizione critica3.
Nel caso di Apostolo si verifica un evento più unico che raro per la produzione librettistica del Settecento: di recente sono state rivalutate e prese in considerazione le stesure manoscritte del poeta, conservate in I-Vnm e talora piene di ripensamenti o di varianti d'autore.4 Si tratta di abbozzi non finiti, in parte realizzati e in parte rimasti allo stadio di scenario (Caio Mario in Minturno, Antiochide), oppure di copie manoscritte di libretti, corretti in vista di una ripresa come Venceslao, o ancora di testi a stampa con le note di regia, in cui Zeno aggiunge di suo pugno i movimenti dei personaggi e delle comparse (per esempio Lucio Papirio dittatore). Perciò questo progetto intende mettere a confronto, mediante un apposito programma (Synopsis), le diverse redazioni d'autore: le principes, i manoscritti marciani, gli eventuali rifacimenti curati dallo stesso Zeno e l’edizione letteraria.
Inltre sono stati o saranno inseriti nel sito alcuni titoli stravaganti pubblicati da Pasquali, fra cui La Svanvita del solo Pariati e Don Chisciotte in corte della duchessa di Giovan Claudio Pasquini che esce nella raccolta per errore, al posto del Don Chisciotte in Sierra Morena, di cui si può dare soltanto la princeps. A maggior ragione si prevede d'includere alcuni libretti mancanti nell’edizione lagunare ma certamente prodotti dal nostro: Il Tirsi veneziano del 1696; Odoardo del 1698, con la dedica di un certo «A.Z.»; Zenobia in Palmira del 1708, rappresentata alla corte di Barcellona quando il futuro Carlo VI occupava il trono di Spagna. Trovano posto anche tutte le riprese di Venceslao dal debutto del 1703 alla redazione del 1725 restaurata per l'imperatore, disponibili grazie alla dissertazione dottorale di Silvia Urbani.5
Sono esclusi invece altri remakes piuttosto malcerti, perché non c'è motivo di pensare che l’autore abbia messo le mani nella Griselda viennese del 1725 o nelle due tempestive riprese volute da Ferdinando de Medici nella residenza di Pratolino: Faramondo nel settembre del 1699 e Lucio Vero nel carnevale del 1700. Non si accolgono nemmeno tre libretti, a volte attribuiti a Zeno senza fondamento ma composti dal solo Pariati: Anfitrione e Il falso Tiberino, dati a Venezia nel 1707 e nel 1708, e Archelao re di Cappadocia che il Frontespizio viennese del 1722 ascrive esplicitamente al collega di Apostolo. Il successo dei testi zeniani, e ovviamente delle intonazioni più o meno prestigiose, produce il solito riciclaggio dei drammi con titolo diverso e favorisce lo scambio di Berta al campo coi Funerali per far vendetta, come dice il sarcastico nobilomo Benedetto Marcello.6 E così il fiorentino Trionfo della costanza del 1709 non è altro che Lucio Vero; le genovesi Gare d’amore e d’ambizione del 1724 mettono in scena i battibecchi fra suocera e nuora in Alessandro Severo; forse per le consuete beghe fra i cantanti che si disputano il ruolo principale, L’amor generoso e Statira diventano rispettivamente Il Valdemaro a Roma nel 1726 e l’Oronte a Lucca nel 1732; curiose le avventure della Tirannide vendicata che a Pesaro nel 1726 ripropone la vicenda di Merope, mentre nel 1728 a Bologna nasconde il vecchio Flavio Anicio Olibrio, sempre nello stato pontificio e sempre col medesimo titolo per una fabula greca e per un intreccio storico tardoromano.
Anna Laura Bellina
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1 A’ leggitori, in Poesie, IX, p. 3 n.n.
2 Gasparo Gozzi, A' lettori, in Poesie, IV, pp. III-XIV; Giovanni Batista Pasquali, A chi legge, in Poesie, I, p. 3 n.n.
3 Apostolo Zeno, Poesie drammatiche, I, Venezia e oltre, a cura di Adriana De Feo e Alfred Noe, Wien-Köln-Weimar, Böhlau, 2021.
4 Giovanni Polin, Nell'officina del librettista: autografi zeniani alla biblioteca Marciana di Venezia, in Atti del convegno internazionale di studi «Apologhi morali: i drammi per musica di Apostolo Zeno», a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, conservatorio Francesco Cilea, 2018, pp. 267-328.
5 Silvia Urbani, Il «Venceslao» di Zeno e Caldara (1725): invenzione del dramma, tradizione del testo, libretto e partitura, università di Bologna, a.a. 2016-2017.
6 Benedetto Marcello, Il teatro alla moda, a cura di Michele Geremia, Treviso, Diastema, 2015, p. 14.