Abbiam vinto, amico regno,
n’è tuo frutto e gloria e pace.
Del fellon superbo e fiero
vedi il teschio, in suol straniero
insepolto il busto giace. (Ernando scende dalla macchina e si avanza verso del re Venceslao che viene ad incontrarlo)
di qual fiamma avvampi il cor.
e ’l conforto al mio dolor.
Ti consiglio a far ritorno,
Col piacer che siate miei,
occhi bei, vi dico addio.
che in lasciarvi più non sento
Bocca bella, del mio duolo
non mi chiedere il perché.
Non amarmi, non pregarmi.
che l’amarne un traditor.
Il suo amor piange sprezzata,
ingannata, anche il suo onor.
bella Pace, ognun ti onori;
ed a l’ombra degli allori
cresca ognor tua verde uliva.
Care spiagge, amato regno,
ferme gioie a voi prometto.
Qui sia riso e qui diletto
né lo turbi invidia o sdegno.
Armi ha ’l ciel per gastigar
l’impietà su regie fronti;
suole irato e torri e monti.
Parto amante e parto amico,
che non nuoce amor pudico
Se nol credi o te ne offendi,
la fortezza di quest’alma,
D’ire armato il braccio forte
Duolmi sol che il fier rivale
sotto a questo acciar reale
D’aspri nodi amor chi cinge
se li scuote più li stringe
né più sciolto il cor sen va.
Cara parte di quest’alma, (Se gli accosta)
torna, torna ad abbraciarmi.
A l’armi, a l’armi. (Casimiro dà di mano alla spada e con impeto da sé risospigne Lucinda)
brami piaghe e vuoi svenarmi?
Nel seren di quel sembiante
già la vittima cadé. (Casimiro, in atto di deporre lo stile sul tavolino, vede il padre nello stesso momento in cui il padre alzando gli occhi vede il figliuolo)
Grida il sangue e la ferita
del tuo figlio e del mio sposo;
tempo è ormai di vendicarmi.
Deh assicura il suo riposo
e soltanto io resti in vita
quanto basti a consolarmi.
Da te parto e parto afflitto,
Ma poi tacqui il dolce nome
che più aggrava il mio delitto
e più accresce il tuo dolor.
Senti, senti questo core,
come immenso è in lui l’amore,
sommo ancora è ’l suo piacer.
Piega umil de’ venti all’onte
gentil pianta la sua fronte
fra l’aurette ad ischerzar.
L’arte, sì, del ben regnar
da me ’l mondo apprenderà.
Può languir l’ira nel petto
ma l’amor languir non può.
Per trofeo di mia costanza,
tempo e sorte, amor e fé.