Diasi e per voi, gran donne,
Giudicarne non dee chi nacque servo.
de le vittorie mie dovea esser frutto.
si soddisfi il disio. Statira io voglio,
si dee regnar, scettro, corona, addio;
quando giusta il potea strigner la mia.
E l’ardire e l’amor sien nostra guida.
Più di te son offeso e dee lo sdegno,
a cimento col reo. Chiamisi Idaspe.
questa ferita. Il reo n’è Arsace e questi
quel magnanimo eroe di un tradimento.
e sovente l’eroe cede al rivale.
Dario ne avvisi il reo prigione. Rechi
diasi al merto di Arsace.
senza discolpa un tanto eroe?
sien passi al trono e che un crudel decreto
col gastigo di un reo, di un traditore.
Sien chiari i falli; alor la pena è giusta.
così favella un reo? Vedrem se possa
temer d’inganno io più dovea. Ma senti;
con arti ree cerca di aprirti un calle
che segnò la tua man, diasi ad Oronte.
Ma seco rea muoia Statira ancora.
condannata da te, dee pur morire.
Rapirmi il reo, lasciarmi invendicato
stringa ancora per me di Astrea la spada.
che ti porti sul trono esser dee quello
sien tuoi vassalli e la ragion tuo regno.