Chi l'avria detto ? Enone
degno è il suo error. La scure
la mia salvezza. Ah! Guarda,
ti piacque e ti abbruciò.
stassi e da un ramuscello
Tale anch'io del più fido
sono ingegnosa! Eh! Lungi,
O forse al mio fratello...
lo strignerai. Già imposi,
O dio! Lascia, che almeno
Tua sono; e tutti assolve
Cara Enon, finch'io viva,
più vi vorrei tranquille.
spento in que' rai vedrò.
Quanto, ahi ! quanto fien brevi
farai crescer quest'acque,
dal tuo amore il tuo sangue:
dal tuo sangue il tuo amor,
vaghe di stragi e gemiti,
mi fugge il padre. Il fato
Ella è amante; ella è moglie:
lieto il lasciai, già certo
ritorna e fa che tosto...
Gli si sciolgano i lacci,
il carcer gli si schiuda,
E 'l promesso perdono?...
ben tosto avranno il vanto
non lieto. In nuovo sposo
sangue il talamo è sparso.
Sì: quel di Niso, in onta
Tanto il tuo impero: e tanto
non ti chiese il mio sdegno.
che sconvolgon pur troppo
verrà a romper miei sonni.
trovarti. Io ne avea tema.
Di sangue?... Ah! Mi faresti
Fede al mio dir tu neghi,
che il tuo dolor si spieghi
Chiudilo pur: che al fine
basta a scompor di un'alma
fosse... No. Taccia il labbro
or prato, or selva, or lido:
duolsi di lui, che tarda:
tu il germano, io l'amico.
di qual senno e fermezza...
mi parla in tua discolpa.
Quel che per te mi accende,
d'altro per me a dolerti,
Placati e scaccia il duolo,
Ma nel tuo dolce affetto,
Taci: che appien non sai,
qual sia per te il mio cor.
In donna amante e offesa,
vedrem, se amore, o sdegno
vincer può ogni altro affetto:
ma usar può ancora ingegno
Più soavi e più gioconde,
Grato m'è il suon di queste
Gli anni supera il senno.
Astrea regge i suoi passi.
Né v'ha, chi a' suoi non renda
pien di vita il mio figlio.
Giusto re, non ti aggravi
chiama il giudice iniquo.
quell'aspra atroce morte,
vanne; e se il ver narrasti,
tutto il regio mio sangue,
più di quello, che or sono.
Quanto giurava, ahi! quanto
l'inganno e 'l mio dolore
Paride, a me qui venga. (Parte una delle guardie reali)
re, non mancò alle leggi.
che, se osservata, ingiusto:
Vorrei... Ma che?... Non so...
Guardati... Ah! Cor non ho:
sia vero, in mia condanna.
forse di quel che sembro,
Ma quando in cosa iniqua.
Tanto anch'io bramo, o sire.
Mal ti ostini in tuo danno.
non son gli altrui spergiuri.
All'odio mio, che è giusto,
Se mi verrà quel perfido,
qual altri al suo supplizio.
de' suoi giorni l'estremo.
Duolmene. Io l'avea caro:
come al nocchier la stella.
Laustro imperversa e l'onda:
porto non v'è, né sponda:
rischio sovrasta e danno;
Volli un miglior serbarti,
altro vedi, altro scegli (Mostrandole Cleone)
(Or torna Egle a piacermi).
O dèi! Pur da te imposto...
or tel dice il mio affanno.
Mal nel mio cor leggesti;
che s'io ricevo il torto,
Cleon diede il consiglio.
non fa reo chi ubbidisce.
Senza espor la mia testa...
Che vuoi? Di quell' ingrato
Egle, al fin soddisfatte.
vaglia l'esser tuo amante,
tuoi torti il compiangessi?
Che sì, che in te risorse
Siagli la tua. Va. Prega.
dal tempio al ceppo il vostro
basto a perderlo... O dèi! (Vedutosi nel rivoltarsi, vicino Paride, vuol fuggirsene: ma vien fermata da lui)
Pria ch'io vada a morir...
Non privare un tuo sguardo
Quel guardo in nuova pena
Su via. Prendilo e vanne.
mi trovi e poi m'uccida. (Enone piange)
che all'ombra tua le sparga
il tuo sangue e il mio pianto;
tutto i tuoi falli e tutto
pace m'hai tolto e spene.
chiusi i bei lumi al giorno,
Paride è il tuo Alessandro.
Priamo in affar sì grande
Pietosa, o amante credimi:
quegli è tuo sangue e meglio
che usasti, padre barbaro,
nol lasciasti alle fiere?
Ma prescritta mi è l'altra
se non mi rendo ingiusto:
e non posso esser giusto,
de' tuoi crucci il più fiero.
potrebbe il cor. Ma, oh dio!
torna la selva e il prato.
Ma dopo la promessa (A Priamo)
Del tuo venir si sparse (A Priamo)
serbarlo al tuo giudicio.
Deh! Posto avessi in opra (Ad Eurialo)
più non mi uscì del labbro:
Padre e signor, mi è cara
degli oltraggi? De i pianti?
Sposa... amor mio... che gioia!
Ben vi consente il padre.
dubbio ancor del suo fato.