Venga; udrem ciò che arrechi.
Pirro, altier non ti renda
del tuo, del nostro sangue
diasi fine anche agli odi.
L’uso ten giovi. Or pensa
Non di onor, non di sangue
oltre il Nilo e l’Eufrate
Non lo invidio e non sono
suo acquisto e mia sciagura.
sire, è il destin che quanto
stringono il sacro impegno.
Son fra due colpe. A l’uno
seguo? A qual manco? O numi!
Ciò che in altri esser colpa
da le mie braccia a quelle
l’Asia, la terra a l’armi
Giovami; e s’ella il niega,
Tel rendo e t’offro insieme
Tu ’l nodo e ’l grado accetta;
Due gran cose ad un tratto
m’offri e tra loro opposte:
E le offri a me che al pari
può far vile il consenso,
Cassandro, infinché al fianco
ti dono il mio; t’innalzo
Va’; discolpa il tuo fallo
Gli avanzi di quel sangue
quel trono in cui ti assidi.
posso al tuo esempio anch’io...
Non più, risolvi e accetta...
Tutta ardir, tutta sdegno,
Ho scielto, iniquo, ho scielto .
Prendi, Ismene, e rischiari
S’ei non vi assente, in breve
da man sì illustre, in voi
bacio... Ah! Gl’impeti, Ellenia,
Ma donde il foglio avesti?
che a me pur la giurasti.
se in tua difesa io sono,
la mia fede, il mio onore.
Più che una dubbia guerra,
figli di un cor che t’ama,
Se quelle e questa assolvi
tua illustre figlia, a lui
e che il regio mio sangue
Padre, di Ellenia il nodo
non escon dal tuo sangue.
Giovan, Glaucia, a Cassandro
Sì sì, negli occhi andiamo
di Ellenia... Eccola appunto.
Nel tuo piacer ben leggo,
il tuo cor mi esprimesti.
Tutto il mio ben non sento,
con la gloria di un regno
Quel coraggio, che in campo
Vanne; ten priego ancora.
Pugna, vinci e fra l’armi
Pirro, il maggior de’ mali
Ciro, per quanto hai cara
Se’ pure ingiusta. Io t’amo
Che! Fra’ ceppi anche Glaucia?
Non ha Glaucia altri ceppi
Di Pirro? Ah! Ti par tempo
mi parlò del suo affanno;
da un tuo misfatto. Hai rotti
che il tuo campo si sciolga,
Ti concedo il mio affetto.
Siegui il giusto e l’accetto.
Non più, non più. Custodi,
che deggio far? Cassandro
da re impera e da padre).
mio dono e tua conquista.
Nozze che il cor non ama,
Tu ’l mio vago, tu ’l caro,
Prence, adunque egli è vero,
Facciasi. Il torre a’ ceppi
che al mio favor dee solo
L’opra a dispor ti affretta;
M’è pur dolce il salvarti,
Quanto deggio a un inganno!
Sì, pera; e con lui spento
(Qual destin mi sovrasta?)
Glaucia, principe, amico...
Prendi (Consegna a Pirro una spada, tolta di mano ad una delle sue guardie)
Questo acciar che mi lasci,
se ’l vuoi, sarà ’l ministro
Glaucia, Arideo, Cassandro
dimmi il fallo e ’l rinfaccia
fallo che a l’Asia, al mondo
Che? Forse il nieghi? O in lui
Convien dargli altra prova
de l’amor nostro. Ei chiede
D’altri che del mio Pirro?
Glaucia, tu fuor de’ ceppi
trar Pirro osasti? Pirro,
Piacemi; il dubbio evento
Venga Ismene. In chi regna
ciò che mi diede inganno;
ne’ tuoi lumi, o Cassandro.
(Miei lumi, egli è pur desso.
che temo? E quel mi scorre
M’inganno? In questi orrori
Tu spento il primo ardore,
strigni l’armi guerriero,
mieti invitto gli allori;
(Sta confuso e nol crede).
(Son io più Pirro? O tutti
Trovo in Glaucia un nemico
Prendi, impugna quel ferro,
tu le mie nozze... (Sopravviene un servo che presenta a Pirro una carta)
«Nel bosco a Cintia sacro
qual più brami in soggiorno
la tua reggia o ’l mio campo.
No, Pirro. Ovunque andrai,
Troppo importa a quest’alma
de la Tracia è ’l governo.
Ritiratevi, o fidi. (Si ritirano le guardie di Demetrio)
Mori, perfido, mori. (Snudato il ferro si avventa seguito da’ suoi contro Demetrio)
che in tuo nome a Cassandro
(Eterni dei, che ascolto?)
Torna, autor de’ miei mali,
con virtù, non con frode.
Ecco il ferro, ecco il campo.
Che udii! Che vidi! Ah! Pirro,
raminga, in odio al padre,
Colà ti ascondi; e intanto
A l’armi, in questo campo
dobbiam pugnar; ma queste
sien d’amor, non di sdegno.
questa, ch’io ti presento,
Felici amanti, io v’offro
Pirro è innocente. O voi,
con disprezzo lo sguardo,
La sua fede è ’l gran bene
Più non basta a Cassandro
l’amor di Pirro. In questo
se gli tolga il tuo core.
Vo’ che ora sii mia sposa
verrò col braccio istesso
che, o per vostro conforto
tu dei, signore, un figlio.
il mio sdegno e ’l mio amore.
e se ancor t’amo, Ismene,
Gran re, da un tuo comando
la man di Ellenia ottenni;
ne le mura ha l’ingresso.
Pirro, abbastanza illustre
Re, ti sia quest’amplesso