Metrica: interrogazione
506 settenari (recitativo) in Pirro Venezia, Rossetti, 1704 
Febo, pompa de’ cieli,
Venga; udrem ciò che arrechi.
Pirro, altier non ti renda
de l’alta sua possanza
Ei suo nuncio m’invia;
Di quest’ossa insepolte,
pietà ci muove. Ad esse
del tuo, del nostro sangue
diasi fine anche agli odi.
L’uso ten giovi. Or pensa
Là dove empie Cassandro
Non di onor, non di sangue
oltre il Nilo e l’Eufrate
Non lo invidio e non sono
suo acquisto e mia sciagura.
sire, è il destin che quanto
crederà d’esser vinto.
la ragion de le genti,            ,
Ne’ giardini di Ellenia,
stringono il sacro impegno.
Son fra due colpe. A l’uno
seguo? A qual manco? O numi!
l’onor mio, la mia fede.
Ciò che in altri esser colpa
                                  Al poco
da le mie braccia a quelle
                            Mio caro,
              Eccelso regnante,
l’Asia, la terra a l’armi
                 Figlio, Arideo,
ne l’impegno del grado.
Giovami; e s’ella il niega,
                                 Ismene,
Tel rendo e t’offro insieme
Tu ’l nodo e ’l grado accetta;
Due gran cose ad un tratto
m’offri e tra loro opposte:
E le offri a me che al pari
può far vile il consenso,
Cassandro, infinché al fianco
ti dono il mio; t’innalzo
dar volevi a’ tuoi doni,
Va’; discolpa il tuo fallo
l’ombra paterna esangue.
Gli avanzi di quel sangue
Sin d’alor mi scegliesti
quel trono in cui ti assidi.
posso al tuo esempio anch’io...
Non più, risolvi e accetta...
               L’onor del grado.
L’ebbi da’ miei natali.
Tutta ardir, tutta sdegno,
Ho scielto, iniquo, ho scielto .
Prendi, Ismene, e rischiari
S’ei non vi assente, in breve
da man sì illustre, in voi
bacio... Ah! Gl’impeti, Ellenia,
Ma donde il foglio avesti?
è l’Asia ove se’ nato.
                        Rammenta
                           Del volgo
                             Che temi,
la mia fede, il mio onore.
Più che una dubbia guerra,
figli di un cor che t’ama,
Se quelle e questa assolvi
cui l’amistà dia legge.
testimon de’ tuoi mali).
tua illustre figlia, a lui
Giovan, Glaucia, a Cassandro
Sì sì, negli occhi andiamo
di Ellenia... Eccola appunto.
Principe, è così immensa
Tutto il mio ben non sento,
l’onor di mie conquiste.
Quel coraggio, che in campo
Pugna, vinci e fra l’armi
Pirro, il maggior de’ mali
                        Miei fidi,
che fe’ più d’una volta
Se’ pure ingiusta. Io t’amo
Se’ dunque sola, Ismene,
Che! Fra’ ceppi anche Glaucia?
Non ha Glaucia altri ceppi
Di Pirro? Ah! Ti par tempo
                       E ch’era il prezzo
mi parlò del suo affanno;
              Imperi Cassandro
da un tuo misfatto. Hai rotti
                            Ti han tolta
che il tuo campo si sciolga,
Ti concedo il mio affetto.
Siegui il giusto e l’accetto.
Non più, non più. Custodi,
                                Sire...
                        Che?
                                    Di Glaucia...
                              Pronta.
d’ira l’amor condisce;
Tu ’l mio vago, tu ’l caro,
                             Glaucia,
                                     Taci;
                                     Assolvi
Prence, adunque egli è vero,
Facciasi. Il torre a’ ceppi
L’opra a dispor ti affretta;
M’è pur dolce il salvarti,
                                      Ismene,
Quanto deggio a un inganno!
l’autor celarne. Il solo
Sì, pera; e con lui spento
(Qual destin mi sovrasta?)
Glaucia, principe, amico...
                                     Prendi (Consegna a Pirro una spada, tolta di mano ad una delle sue guardie)
Questo acciar che mi lasci,
se ’l vuoi, sarà ’l ministro
                       Empio, in quel punto
dimmi il fallo e ’l rinfaccia
fallo che a l’Asia, al mondo
                  Avete altri mostri
             Vergine illustre,
                                  A Pirro?
Che? Forse il nieghi? O in lui
                            Intesi.
de l’amor nostro. Ei chiede
D’altri che del mio Pirro?
Glaucia, tu fuor de’ ceppi
Venga Ismene. In chi regna
non v’è fallo più grave
ciò che mi diede inganno;
ne’ tuoi lumi, o Cassandro.
(Miei lumi, egli è pur desso.
che temo? E quel mi scorre
M’inganno? In questi orrori
Tu spento il primo ardore,
strigni l’armi guerriero,
(Sta confuso e nol crede).
(Son io più Pirro? O tutti
Trovo in Glaucia un nemico
Prendi, impugna quel ferro,
                                      Forse
tu le mie nozze... (Sopravviene un servo che presenta a Pirro una carta)
                                  E quale
«Nel bosco a Cintia sacro
qual più brami in soggiorno
la tua reggia o ’l mio campo.
No, Pirro. Ovunque andrai,
Troppo importa a quest’alma
de la Tracia è ’l governo.
Ritiratevi, o fidi. (Si ritirano le guardie di Demetrio)
Mori, perfido, mori. (Snudato il ferro si avventa seguito da’ suoi contro Demetrio)
che in tuo nome a Cassandro
(Eterni dei, che ascolto?)
                                Vil alma,
Torna, autor de’ miei mali,
con virtù, non con frode.
Ecco il ferro, ecco il campo.
v’intendo e vi discolpo.
Che udii! Che vidi! Ah! Pirro,
raminga, in odio al padre,
Colà ti ascondi; e intanto
A l’armi, in questo campo
sien d’amor, non di sdegno.
questa, ch’io ti presento,
Felici amanti, io v’offro
Pirro è innocente. O voi,
La sua fede è ’l gran bene
Più non basta a Cassandro
l’amor di Pirro. In questo
Vo’ che ora sii mia sposa
verrò col braccio istesso
che, o per vostro conforto
                          Che veggio?
tu dei, signore, un figlio.
il mio sdegno e ’l mio amore.
e se ancor t’amo, Ismene,
Gran re, da un tuo comando
la man di Ellenia ottenni;
Eccola; e ’l tuo perdono
l’armi ed aperto a Pirro
ne le mura ha l’ingresso.
d’ira e d’amor sospinto,
                    O fede!
                                    O gloria!
Pirro, abbastanza illustre
Re, ti sia quest’amplesso

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