Metrica: interrogazione
565 settenari (recitativo) in Faramondo Venezia, Nicolini, 1699 
nel proprio sangue avvolta,
sino al duro, a l’estremo
mi si tolga dagli occhi. (Si chiudono le cortine del letto)
Vive ancora in quest’alma
guerra a’ tuoi regni? E quando,
Servi a l’empio Gernando.
Va’, misero, e l’attendi
dall’odio mio. Quel volto
Va’ né turbar più almeno
Chi sa ch’io non le renda
ma ch’io lasci il possesso
Tolga il ciel che a le sacre
Si affretti; e un colpo solo
la densa notte e ’l franco
Ben sai qual ne sia ’l reo.
                  E alora a sdegno
Su d’intorno, o guerrieri,
                              Ti arresta.
                      In lui difendo
Aimè! Già d’ogn’intorno
vuoi far ritorno a un padre,
                         Natura
                               Il rischio...
Signor, dacché t’abbraccio,
Giovi udir ciò ch’ei chiede.
                          L’avrai.
tutto impiega il tuo sdegno.
Va’, perfido, e v’immergi
                    M’avrai ne l’opra
(Tant’odio anche nel padre!)
sotto a l’armi de’ Franchi
Non ti doler. D’ogn’altro
                      Eh non opporti.
Clotilde, ah, se tu m’ami,
(In qual rischio il compiango!)
principessa, a’ tuoi piedi.
l’han co’ dardi che scocchi,
              Ferma, spietato.
                                         Arrivi,
Signor, pria che gli esponga,
Ti vo’ più giusto. Estingui
Questo i’ giurai; né puote
con l’onor del tuo affetto.
che se ’l nieghi, è mia pena,
                             L’ingresso
                         Né cosa
                                    Or sono
                E uscì l’empio colpo
                       I tuoi cenni,
e ’l mio onor te ne scioglie.
che de’ tuoi, de’ miei casi
                     A un vile affetto,
il tuo orgoglio, il tuo amore.
                          Gustavo
ciò che ’l mondo disgiugne.
                              De l’alma
             Addio. Ti sovvenga
«Faramondo, a più vite (Legge)
Pria che ’l giorno tramonti,
                        Ritorna
                                   Ognora
                            Gernando
                                  Rammenta
ha pietà de’ miei casi? (Fuggono le guardie di Teobaldo. Teobaldo cade ad un colpo di Faramondo)
franga l’indegno laccio (Discioglie Gustavo e presa di terra la di lui spada gliela presenta)
                                Gustavo,
                         Orché se’ salvo,
          Sì, che non è giusto
             Che qui Teobaldo
                               Ei vive.
                  Ma chi m’accerta
Tutta cada in Teobaldo (Qui principia a comparir la machina)
              Sposa.
                             Germana.
                        Qui ti basti

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