Metrica: interrogazione
262 settenari (recitativo) in Euristeo Vienna, van Ghelen, 1724 
da un dubbio Marte; e in questo
Che? Soffrirei ch’uom nato
Non più, che in pro del giusto
Glaucia, a chi spada impugna,
L’onta soffrirne e ’l danno
Prence, invan più mi arresta
Quant’ho, tutto è tuo dono.
mi fosse un sì gran bene?...
Giusto è, sì, principessa,
Qualunque e’ sia, gli basta
è ’l mio nome, a Tersandro
pastor, sì, cui più greggi
Fia tempo. Or de’ miei casi
non men che in altre spoglie,
Più di Ormonte il sol valse
non servì che a sé stesso.
mi palpiti, fa’ ardire). (Si avanza)
che in me sia, vengo astretto
             Vieni, o rea figlia;
                             A lei parlo.
N’hai già largo compenso,
più debbo? O padre! O figlia!
Vorrei... Ma... Senti, Ismene.
                                Che puote
                   Taci. Vien Glaucia.
              Qui inutilmente
(Conviene il tempo e ’l luogo).
                       Entro a sue fasce,
fia ’l piacer! Quale il mio!
                         D’Ismene,
                                    Fia tempo

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