Metrica: interrogazione
173 endecasillabi (recitativo) in Aminta Firenze, Moucke, 1736 
O mi piace pur tanto questa Celia;
quest’è una celia che, se dura, invero
mi rallegra gli spiriti e il pensiero.
per Silvio, e che per lui non cura Adrasto;
perché Silvio anche a me piace del certo.
So che, avendo marito, io non dovrei
innamorarmi d’altri; ed all’antica
Signora Celia, insomma io vi consiglio
a non amar quel Silvio ch’è un suggetto
ch’a me non piace; (anzi mi fa dispetto).
Io pur ti dico, o Celia mia garbata,
che tu lo lasci stare; è un fumosello
(che a me purtroppo piace e sembra bello). (Da sé)
a non amar Silvio, mio caro bene,
è proibito in casa mia né il voglio,
(però vorrei che vagheggiasse me). (Da sé)
non stanno ben d’intorno alle fanciulle.
(Ma se Silvio volasse a me d’intorno,
o qual mai proverei grato soggiorno). (Da sé)
Amore al cor gentil ratto s’apprende
e un atto dolce e onesto è gentil cosa.
Io non vo’ cose né gentil né rozze;
oltrediché, che vuo’ tu far di lui;
che, quando diventassi un dì sua moglie,
suono non ha da far ballare i denti;
però Cupido il sen più non ti frugoli
per uno col qual poi ti converrebbe
pan di legno mangiar, ber vin di nugoli.
E spesse volte stenta; egli è un guardiano
mendico e vil, non un gentil pastore.
Ogni disuguaglianza agguaglia amore.
Dico lascialo stare e, se pur vuoi
lascia star Silvio ed ama Adrasto almeno.
Alcea, com’entri a far qui la mezzana,
a proporre gli amanti alle fanciulle?
Ch’importa, Elpino, a te che costei sia
M’importa perché sì e perché no.
donde questo tuo zelo, Elpin, ne viene.
Ed io, madonna Alcea, m’avveggio pure
donde la tua pietà nasce, che vuoi
e non t’importa ch’ami Adrasto poi.
Elpino, Elpin, t’ho inteso; e ti confesso
Ed io vorrei che li serrassi adesso.
qual è il desio d’Elpino. Ei non vorrebbe
che Celia amasse alcun; questo sgraziato
il suo zelo non è ma gelosia
e niega agli altri quel ch’ei sol vorria.
dove a parar d’Alcea vanno i rigiri;
con Silvio solamente; e poi l’esorta
ad amar quanto vuol, che non gl’importa.
che tra voi due vi nascerà del male.
data con un saper tanto profondo,
Celia non amerà persona al mondo;
per la tua complession non son più buoni
in su quest’otta ti ferisce il cuore,
da me ti si fa noto e manifesta,
che del sicur ti spezzerò la testa.
che tua mercé diventerà sì dura
perché Silvio di te sia ’nnamorato,
o ch’egli sarà pazzo, io sventurato.
perché Celia di te sia fatta amante,
ho da sentir la pena acerba e ria,
che sarà grave il giudicar se sia
ella più spiritosa, io più infelice.
ecco Elpin che si piega alle tue piante.
                                             Perch’egli è amante.
                              Signora sì.
                                                    N’ho gusto.
e tanto più, se tu piacer n’avrai.
Oibò, cotesta è spenta; anzi per dirla,
                                E tanto ancor confesso.
dee sempre più sperimentar lo sposo
d’amor soavi i lacci e le ritorte.
mi riesce ogni dì più stretto e sodo;
che, s’io potessi, adesso lo sciorrei.
                                  Quest’è la rabbia.
Me ne fa mal, cara la mia pastora,
proverò a dir, se mi riesce ancora,
non usa esser amante in quest’età;
taluno che dall’amoroso laccio
mostri per la consorte esser legato,
o qualche barbagianni sdolcinato.
Madonna no, non l’amo più.
                                                     Perché?
Celia mia cara, il tempo traditore
ad essa le bellezze, a me l’amore.
Ma la fede dovuta alla consorte
Non la tradisco, perché l’amor vecchio
che questa, ch’è d’amor nuova ragione,
cantasse in una nuova compagnia.
in tai nuovi negozi a non fallire.
io spero d’avanzare in quantità
Basta che, Celia mia, tu voglia...
                                                           Che?
                                           Non parlerò.
                            Che non ti dispiacesse
altro pensiero, o dio, mi crucia il core.
Oibò, tu non intendi. Io bramerei
a questa mia gentil ninfa novella
aprire e spalancar gli affetti miei.
io senza te parlare a lei non posso.
Con te sempre ella fa le sue faccende.
            Oimè, tu dico sei quella che può
                                            È tutta tua.
                                    Di chi?
                                                    Di... Di...
Ve ne professo grande obbligazione,
ma non però con questa condizione.
                                        Dir ch’io non merto
che t’abbia a venerar qual genitore
son impropri con me che sì obligata
mi confond’ella e mi fa troppa grazia;
dove se’, caro Silvio; Elpino, addio.
questo Slvio l’è entrato tanto in grazia
ma io, che poi la so più che nessuno,
parlerò a Silvio e, con quattro parole
e gli sveli chi egli è, vedremo allora
fa la balorda perch’ha paglia in becco,
sarà più mansueta; e intenderà
quel che la furba ora non vuole intendere;
ma queste donne a me non l’han da vendere.
Silvio, per tua cagion son disperata.
Silvietto vezzosetto, io mi vergogno.
qual per mia colpa a voi sinistro avviene.
Di quest’è un tempo ch’io mi son accorto.
Perché non me l’hai detto, mentre sai
O me felice appieno; (il poverino
era amante di me ma lo celava;
faceva come me, si vergognava).
Mai dalla mente mia potrà l’oblio
cancellare d’Alcea l’amor costante.
anch’io, cuor mio, t’ho sì fitto nel seno
che cavarti di lì colle tanaglie
v’amai, v’amerò sempre...
                                                 O me beata!
che me qual figlio custodiste ognora;
m’apra a stato real varco sublime,
tutte conserverò, per poter poi,
Che ti venga la rabbia; quand’i’ penso
è sempre dimorato in casa mia,
a roder ad Elpin e l’ossa e il cuore;
e dicendo sen va con fava e boria,
«Non dubitate, avrem di voi memoria».
Andai per discoprirgli il mio gran fuoco,
si messe in posto, quasi fosse un re,
tutta ben mi guardò da capo a piè;
e ne’ vostri bisogni a cuor v’avremo».
e ch’ebbe un tempo fa gli amanti a squadre,
Un affronto sì grande ove s’udì?
mostaccio d’assiuolo, a entrarmi in tasca.
Sai tu quel ch’io ti dico? Esca di casa
adesso, in questo punto, in quest’istante,
malcreato, villano e mariuolo.
licenziar quel galante e bel fanciullo,
corrile dietro e fattene satollo,
Sicché siam licenziati tutti quanti?
e quel ch’io voglio fare or ti dirò;
e se vorrà parlare oltre il dovere
e far l’impertinente e la dottora,
sarà la prima lei ch’uscirà fuora.
Io prima ad uscir fuora? Elpin, se’ cotto.
che la vuole sposar e far signora;
è andato, o Elpino, il vostro nuovo amore;
ritornerà l’antico intatto e puro
e ci parrà buonissimo il pan duro.
Chi detto avrebbe mai che il vostro damo
se Silvio ad ogni mo’ la vuol pigliare,
diventerà fra poco principessa.
                           L’amor e dov’andrà?
Come s’accese ancor si spegnerà.
Il mio stat’è uno scherzo giovanile.
Il mio fu di ragazza un brio gentile.
Ed io non intaccai la pudicizia.
tu mi sarai fedel fino alla morte?
per quel bel viso fatto a piegoline,
per il tuo bel mostaccio di sagrì,
consacrerò tutti agli affetti tuoi
né ci saran più gelosie fra noi.

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