Ma trovando un cor fedele
se non ardo alla tua face,
Hai bel volto, hai fido amore;
ma in amar non segue il core
Puoi svegliarmi a novo affetto,
se il furor, che m’arde in petto,
sai cangiare in tuo piacer.
Mentre servo alla mia fama,
servo ancora al cor che adora,
servo a te, mia dolce Argene.
Senza colpa è la mia brama;
Quanto alletta e quanto piace
al pensier di un’alma audace
La pietà muor con la fede
Pria ch’io mora al partir.
Tu non sai qual sia l’ingegno
di colei che vuole un cor.
Odio mostra e finge sdegno;
non pretender che si spieghi
Nol pretender, perché anch’essa,
nel desio talor perplessa,
ciò che vuole ancor non sa.
Si consacri alla tua vita
il tuo affetto e il mio goder.
Se il tuo rischio è mia mercede,
mi tormenta il mio piacer.
Io morir? Sì sì, mio core.
Nel mancar della speranza
il tuo ardir si fa più forte.
È mio zelo il tuo periglio;
si risveglia il mio valor.
Sol per te quest’alma teme;
per te spera la mia speme;
il tuo duolo è mio dolor. (Si ritira)
Io non cerco a me difesa,
perché in te non vo’ pietà.
se l’ottengo, è mio castigo,
se lo chiedo, è mia viltà. (Si parte fra le guardie)
No, per figlio più non vo’
o non cura il ben che attende
col timore il bel che brama.
la bellezza al premio astringe,
o che finge o che non ama.
La mia fé più non contrasta
E per te più non sovrasta
Ho nel cor la sua catena;
e all’immenso mio contento
che o nol sento o non l’intendo.
Pria che amante, io nacqui grande;
pria che amor, la gloria ingombra.
Nova fiamma in me si spande;
al suo lume io stimo un’ombra.
Il più fier del mio dolore
è il timor di farlo ingrato.
Arma il braccio di vendetta
Il piacer della mia morte
raddolcir, se non cangiar.
Dammi, amor, dammi consiglio;
senza sposa o senza figlio
dei risolverti a languir.
Cresce il mal, se temi ’l duolo;