bella pace, ognun ti onori;
ed all'ombra degli allori
cresca ognor tua verde uliva.
Viva il prode, Ernando viva.
Celerò la fiamma ond'ardo;
non dirò qual sia lo sguardo
che m'impiaga in seno il cor.
e 'l conforto al mio dolor.
Per serbar le leggi in me (aria)
da regnante io ben saprò,
né sperar, benché sei figlio,
che mutar possa consiglio
Ti consiglio a far ritorno,
Col piacer che siate miei,
occhi bei, vi dico addio.
che in lasciarvi più non sento
Armi ha il ciel per gastigar (aria)
l'empietà su regie fronti;
suole irato e torri e monti.
Così ancor quell'ape il mele
or da questo or da quel fiore
e se mai quel dolce umore
da un sol fior fuggir volesse
anche in onta al suo sudore
Parto amante e parto amico
che non nuoce amor pudico
Se nol credi o te ne offendi,
la fortezza di quest'alma,
ti ho tradita e ti amerò».
Parto, o re; non osa il labro
Perché troppo il dolce nome
fa più grave il mio delitto
e più grande il tuo dolor.
Son qual fida tortorella (aria di Lucinda)
sua compagna mai non posa,
pietà chiede all'aure, al vento.
e pietade al suo lamento.
Date morte... Ah no! Fermate
che dir possa lagrimando:
Senti, senti questo core,
come immenso è in lui l'amore,
sommo ancora è 'l suo piacer.
Sarà gloria a la costanza
sospirar, languir per me.
non dà luogo a un fier martire
toglie il merito a la fé.
L'arte, sì, del ben regnar
da me 'l mondo apprenderà.
Può languir l'ira nel petto,
può cessar ogn'altro affetto
per trofeo di sua costanza,
tempo e sorte, amor e fé.