Metrica: interrogazione
109 settenari (pezzi chiusi) in Venceslao Napoli, Muzio, 1714 
   Se devo in seno ascondere
   E pur per non offenderti
quest’anima sia vittima
   Quest’aura, che respira
   Lascia la calma a l’alma
che tanto è ’l mio gran foco
   Or che lo trovo, oh dio,
   Meco non giova il fingere,
   Usa lusinghe e vezzi,
   Beltà che più non piace
   Se il cielo in più sembianti
io perché ingiusto a tanti
                  E ripentito,
Ti voglio sodisfar. (Pone dentro la spada)
                                  È vero.
                                 È vero.
                            È vero.
                            È vero.
                             A questo
E il braccio ardito e lesto
ritorno a sfoderar. (Cava la spada)
   T’attendo in campo armato,
   Colà decida il fato,
   Sì candida e sì bella
   Né mai fiamma rubella
   Lasciami pur d’amar,
   Non è per te il mio cor,
   Vorrei sperar ma il core,
che oppresso è dal dolore,
   E mentre il labro dice:
il cor si stempra in lacrime
   Ama, sospira e piangi;
   L’amor che chiede affetto
più che l’altrui beltà.
   Parto, non ho costanza
sposa, t’abbraccio, addio.
   Se più rimango, io moro
   Parlo... Ma si confonde
«Oggi il tuo ben morrà».
   Sono... senza il mio bene,
                    Solo al rigore.
   Il cor non vuol clemenza,
                   Sol le mie pene.
               Morto il mio bene
   Basta ch’io sia tuo figlio
   (Solo s’io mi rammento

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