tremilacinquecento bastonate,
il numero è tremilacinquecento,
Primieramente, Sancio, abbi timore
del ciel, dipoi conosci ben te stesso.
Non ti recare ad onta e disonore,
se nascer grande non ti fu concesso.
Virtù fa nobiltade e lo splendore
degl’avi senza questa è un van riflesso;
così risplender fe’ il roman bifolco
il consolare aratro in mezzo al solco.
In fra i lamenti del mendico e i doni
del ricco, cerca di scuoprire il vero;
i rei castiga e ricompensa i buoni;
ascolta tutti e taci il tuo pensiero.
Bilancia delle parti le ragioni,
né giudice indulgente né severo.
A sollevar gl’oppressi alza la mano
né ti far legge il tuo capriccio invano.
Se bella donna ad informar ti viene
con flebil voce e lagrimoso ciglio,
governatore amico, ti conviene
subito di pensare al tuo periglio.
Le donne belle son tante sirene
che allettano per trar dal bon consiglio;
onde con qualsisia vaga donzella
gl’occhi ai piedi e gl’orecchi alla favella.
Ce ne vorranno almen trenta o quaranta.
Oh, poveretta me! Costui mi spianta.
faccia a suo modo e canti pur chi canta.
Eccoti qui la borsa tutta quanta.
per me ti prega da pietà commossa.
così fa spesso infido lo sparviero.
sulle sparse colombe ha il suo pensiero.
sempre un uguale amore e un’ugual fede.