Questi, in cui posso ancora
spendansi meglio. In breve
Qual fosti e qual fra poco
ch’empier dovevi. In essa
Teco al rischio mi tolgo;
fuggo in Bisanzio. Ascondo
quanto un padre or consiglia.
ma può il tempo e può l’uso
giustizia e merto. A tutti
Fa’ che il ben de’ vassalli
e ancor dopo il possesso,
Tu in avvenir mia augusta,
comprenda che, se indegna
(Che sento? Oh dio!) Varane,
tutta la Grecia accoglie.
che sia reo il mio silenzio,
Questa al tuo zel si renda
Io ne godrò. A Varane (Sopraggiunge Probo)
Tanto un suddito ardisce?
d’esser richiesto e in faccia
Più tosto il suo sembiante.
gli affetti di Pulcheria;
che Pulcheria a quel nodo,
non può sceglierla il cielo.
Quel rifiuto, che ingrati
Parla con l’altrui labbro;
Qual fia? L’addita. In petto
Signor, tutto ei possiede,
che del tuo regio aspetto
E nel tuo incontro io formo
che qui mi tragge, o amico.
D’Atene il saggio, è desso.
(Più non v’è scampo). Al grande
Riedi a Teodosio; ei sappia
Chi può torla a’ miei lumi?
Tu stesso e la tua gloria.
più innocente e più puro.
Vengo ad offrirle un trono
della Persia e del padre.
Lascia ch’io dir ti possa
or che tu vuoi, non posso.
che se ancor pensi, audace,
oltre il mar più profondo,
Questa reggia è tua reggia.
di quel gran re che un tempo
sarian paghi i miei voti.
si vedrà in sì bel giorno
per tuo ben, per tua pace,
tutto otterrai. Di’, chiedi.
Duce, chi nacque all’armi
Pria che il giorno tramonti,
convien, per non punirle.
è il tuo amore innocente.
Va’, Probo, e fa’ che augusta
E tu, perdona questi (A Varane)
E tu, cara, i begli occhi (Ad Eudossa)
No... Prima... Ah, giusti dei!...
Che ascolto? A quai trasporti
si dà in preda il tuo labbro?
Qual turbamento è il tuo?
non son più di me stesso.
ch’io ceda al mio dolore.
Giovò la fuga; e in queste
Qui cambiai nome e culto.
restar co’ miei pensieri.
non sai qual sia lo sdegno
Son tradito, o Pulcheria.
pria che negli occhi suoi.
Ma non quel ch’è il più caro.
Più non spiri queste aure.
Più non mi vegga? Ah ferma.
D’ogni idea si fa un rischio,
d’ogni ombra un mostro. Ancora
col tormi a questa reggia,
onde arde il fier Varane,
è volto ad altro obbietto.
che, non men de’ tuoi cenni,
o ch’ei lo chiuda in seno,
È buon per lui che ignoto
vanne all’armi, a’ trionfi.
Tu parti e intanto io resto
M’ubbidì ’l suo silenzio.
No no, convien ch’io il vegga.
Che fia? Questi è Varane.
cerca ancor la mia morte.
Vorrei ciò che il mio amore
Nelle tue nozze, Eudossa,
E che? Pensi ch’io possa?...
parli il tuo cor. Qualunque
quest’aurea gemma; a quello
(In disparte qui attendo).
col tuo non già, che troppo
Per te, che non soffersi?
Cor non fu che a’ miei pianti
col guidarmi in Bisanzio.
Un sol giorno, un sol punto
Principe, anche in Bisanzio
ma qui, in grado d’augusta,
Ma che? Troppo già dissi.
e quando ancor, per legge
E ben, facciasi. All’aspra
Questo al tuo amor, sol questo
Per qual mercé? V’intendo.
non so, non veggo. Ah, Probo!
(Ecco il tempo). Signore,
Ravvisa in questa gemma...
Vien augusto. (Ahi! Che feci?)
se il mio piacer costarti
ne fur le leggi e a quelle
Qual discolpa, o germana,
applaudi alla mia scelta,
presentarla al mio sguardo?
Lieve eccesso all’ingrato
ne ha più senso Pulcheria
del mio amor ti dichiaro,
or ne ha dispetto ed ira?
mio riposo e il mio bene.
fissavi il lieto sguardo,
che ne avrai fatto speglio,
Ferma, Teodosio, ascolta.
Quanto era meglio, o padre,
Che fai? Che cerchi? È questo
Se qui alcun ci sorprende,
in questo punto, o cieli!
Addio. Parti. Ah! Non posso
(Vien gente. Io qui m’ascondo).
Son vinti i miei rimorsi,
vanne. Affretta i momenti,
chiuse stanze, ho palesi.
parmi sposo abbracciarti.
S’apre l’uscio. In disparte
La sciagura previdi; (Ad Eudossa)
(La mia Atenaide è questa
Tutto è in silenzio. Al male
Qui sorprenderla è rischio.
nel più bel fior si perde?
la trae fuor di Bisanzio...
Deh non s’indugi. Eudossa
sull’orme sue m’accingo...
Un solo inganno, un solo,
Eccovi il ver. S’io mento,
Ah, per qual novo inganno
prenda l’armi e sia meco.
son da un principe amico,
non reo, quantunque ad onta
ma gli arrestò di questo (Accennando Probo)
Oh dio! Dunque a morire...
Col fior de’ miei l’assalgo,
sostien la pugna. Arriva,
nell’ardor della mischia,
vinto alfin, ne’ miei ceppi
Al tempio, Eudossa, al tempio;
Per l’acquisto d’Eudossa,