Quando il cor di Artemisia
Anch’io bramo un acquisto,
Deh, signor, se pur m’ami,
per te, per la tua gloria.
entra in Sebastia e inspira
Ora è il tempo, miei fidi,
Odi. Fra il piano e il monte
la mia vita al tuo amore.
Vanne, Antigene, affretta
Tutto sperar. (T’inganni).
gran trame ordii). Leonato,
Eumene è il grande acquisto,
La sua morte i miei rischi
questo è il dono più caro
e potrai col suo sangue...
Quanto il cor degli amanti
Voglia il ciel che tradito
Ah, Peuceste, il mio core
Troppo grande è l’acquisto,
Sì sì, spera, o grand’alma.
Vanne; il ciel ti punisca,
Ecco, Antigene, il frutto
l’opre, il tempo, gli eventi
Dal tuo gran zelo, o prence,
So che far deggio. Nesso,
Non ti diano i miei ceppi
Renda pace a’ miei regni;
Altri ostaggi non chiedo.
Sì, regal donna. In breve
Ah, qual orror mi assale!
Qual rimorso! Il mio fallo
pon sospenderne il colpo;
suo messaggier. Già leggo
Che? Vuoi tormi la gloria
quando l’un, quando l’altra
Ma, signor, noi morremmo,
O voglia il ciel che alfine
Parta ciascuno e al campo
parla. Il farsi innocente
perché altri del tuo fallo
Vita e onor qui ti rendo.
tu opponi a’ miei rimorsi
Se il puoi soffrir, tu merti
Già la sua doglia estrema
noi tutti in sì gran mali
Che mi narri, o Peuceste!
un periglio ch’è incerto.
Va’, abbandonami, ingrato,
a fronte de’ tuoi pianti,
meglio è ch’io parta... O cieli!
E perché lo abbandoni? (Eumene non guarda Aminta)
Chi ’l provocò? Chi ’l mosse?
Tratta, Eumene, il mio zelo
No, Antigene. Quel ferro,
mira il mio fato. Eumene,
a un cieco affanno e pensa
Tu la ubbidisci, o figlio.
Tacerò, poiché il chiedi.
tu il mio ardor non intendi,
Io ti rendo il mio ferro;
Eumene, ha il tuo ritorno
Prigionier non mi avresti,
Se un vincitor sì augusto
come il regno è in contesa,
lingua incauta? Sì audace
non son più di me stessa,
ma quel cor, che mi chiedi,
Qual fede? Il volgo amante
le mie fiamme? O le sprezzi?
Dammi quella ch’io cerco.
Ah crudel! Che mi chiedi?
tu ritirati, Eumene. (Si parte Nesso)
seguo il miglior partito;
Amico, il ciel ti arrida.
quegli affeti a un nimico
In tal guisa, o Peuceste,
Non mi arrossisco in dirlo.
langue fra’ ceppi; il campo
Ma quando l’altrui sangue
Laodicea, chiamo il cielo
Tanta bontà, il confesso,
Non far ch’io mi disperi.
Altrove (Li prende e li gitta a terra)
Misera! O quanto è fiacco
(Già l’apre. Al primo aspetto
di un nimico ti è a core?
scoprì il ciel le mie trame.
ti è opportuno il mio braccio,
corri al tuo rischio? E fidi
Prence, molti e molt’anni
So far fronte a’ disastri
già le pende sul capo (Nesso si ritira)
Si eseguisca. (Alle guardie)
non vi è. Risolvi ancora?
può bastar questo scettro
che ingiustamente usurpi,
Lascia, lascia di amarlo.
andiamo a scior da’ ceppi...
co’ miei guerrieri appena
conscio già de’ miei fini,
Ancor potrian quegli occhi
ch’io ti salvai da morte,
ciò che può ti offerisca.
e il sangue di Alessandro.
Ti sia di esempio, o figlio.