Eumene, Venezia, Pasquali, 1744

 SCENA IV
 
 EUMENE ed ANTIGENE
 
 EUMENE
 Parta ciascuno e al campo
 non fia chi scopra il mio pensier. Tu solo,
 Antigene, rimanti.
 ANTIGENE
                                     Io, duce?
 EUMENE
                                                        Ho teco
540di che parlar. (Si turba).
 ANTIGENE
                                               (O me infelice!)
 EUMENE
 Dimmi. Dal fier Leonato
 come fuggisti? Al par di me tu ancora
 fosti nel rischio. Io mi difesi invano;
 te chi salvò? Come ne uscisti? Parla.
 ANTIGENE
545Signore... (Ahi, che dirò?)
 EUMENE
                                                  Segui.
 ANTIGENE
                                                                Al tuo braccio
 devo lo scampo.
 EUMENE
                                Come?
 ANTIGENE
 Pugnava anch’ io; ma conosciuto Eumene,
 tutte l’armi in lui solo
 si rivoltar. Te sol chiedean. Te vinto,
550cessò la pugna; ed io ne uscii.
 EUMENE
                                                        Vilmente
 dunque o fuggisti o me lasciasti? Io, s’era
 secondato da’ tuoi, da te difeso,
 non vi cadea.
 ANTIGENE
                           Che? Forse
 potea?...
 EUMENE
                   Con men orgoglio
555parla. Il farsi innocente
 non è facile a un reo. Ti accusa il volto;
 il labbro ti tradisce; e ti condanna
 la tua stessa difesa.
 ANTIGENE
 Ma, signor...
 EUMENE
                          Taci. Assai
560dicesti e mi sei noto. Or tu pur vedi
 quale io mi sia. Pria di parlarti ancora,
 colpevol ti sapea. Solo ten chiesi,
 perché altri del tuo fallo
 consapevole meco
565con tuo periglio e disonor non fosse.
 ANTIGENE
 Credi...
 EUMENE
                 Sia che si voglia,
 a’ tuoi propri rimorsi io ti abbandono.
 Vita e onor qui ti rendo.
 Colpevole ti abbraccio e ti perdono.
 
570   Va’; le tue colpe obblio;
 ti rendo l’amor mio
 con abbracciarti.
 
    Quasi del mio pensier
 è gloria il tuo delitto,
575or che sento il piacer
 del perdonarti.