tra la Persia e la Grecia
Aspasia... (Ah! Miei sospiri,
Per la Grecia l’accetto. (Cleomene prende l’asta di mano al soldato greco e la rompe nel mezzo)
(Perduta è Aspasia, o amori,
quando di Aspasia al piede
Piango il destin che a noi
Ecco il giorno ch’io ceda,
(Qui si sorprenda). O sempre
Ma che? Parli il tuo Arsace
Quelle parlino, ah, troppo
Eh, sire, io senza colpa...
O fati avversi! O soglio!
L’empio ’l giurò; da lui,
Cieli! Quai casi ascolto?
del tuo ardir, del mio sdegno.
Ma ch’io stessa, io di Ciro
E quando altro non possa,
saprò tormi a l’oltraggio
Cor di Aspasia che in volto
e ’l tuo silenzio, o core,
Ecco al tuo piè due cori.
Sì sdegnosi, o bei labbri?
Cadde. Io lo vidi; e voi,
Or via, voglio anche in onta
Vostra mi amate? Il sono.
L’acquistarti è un’infamia.
Si ami Aspasia, ch’è forza.
Questo amplesso tel giura.
Oh ferro! Oh rio stromento (Guardando lo stilo)
Piango al tuo pianto, o prence.
Ah! Pompe, indegne pompe,
la Grecia che vi è madre,
e s’obbedisca Atene. (Ad Aspasia)
(Questo è l’uso di corte.
Meco venite, o prenci. (Parte)
Ceda al dover l’amore. (Parte)
che scrisse ad Artaserse,
quello è il periglio nostro.
ma, più d’ogn’altro, amore,
Pur, s’è vero, un monarca
No no, parti e ubbidisci.
con più lungo soggiorno...
Rispetto il cenno. (Ho vinto.
palpita per timore. (Segue il re)
Un tuo figlio t’insidia?)
(Certa è la mia sventura).
(Tutto purtroppo è noto).
L’un d’essi è il reo, l’un d’essi,
ciò che dicesti ai fiori?
(Vediam se finge). Io dunque
se l’ardore è un periglio.
(Ahi! Che sarà? Destino?)
Ad un vile il mio brando?
Consolati. Vedrai (Ad Aspasia)
Questo sì è cor di amante.
Tuo dunque è, Idaspe, il merto.
Il re sa che un suo figlio
Queste fur le sue estreme
voci. Io le udii. Le stese
Perfidi, a che occultarvi?
Io frodi? Ah! Idaspe, Idaspe,
Tu sei, tu sei l’indegno.
Sa il ciel ciò ch’io risposi.
Sian racchiusi, o soldati,
che vi spinse al misfatto,
quando al sen mi stringesti,
Aspasia, io ti consiglio...
Dunque cadranno entrambi?
Scopri qual sia de’ figli
ministro a’ tuoi consigli.
(Ahi! Che dirà? Che spero?)
Torno a dir, non mi è noto,
Cieli! Mio bene! Aspasia!
Serba, Aspasia, il mio bene. (Ad Aspasia)
Né ancora il reo mi sveli?
Sì sì, scoperto è ’l reo,
Volo al real comando. (Parte)
Vendetta il duol le insegna.
Risponda il sangue al padre.
Or che m’imponi, o padre?
Deh resta. (Si affaccia ad Artaserse)
già precede il mio braccio.
Ah! Idaspe, Idaspe... Io parto.
Cieli! Cieli! Che ascolto?
Aspasia ascolti e amante.
Ah! Se ’l felice io sono...
(Tanto ad Idaspe? O pena!)
(E mi piace e mi uccide).
Tu che in amor felice... (Ad Aspasia)
T’intendo. Eccoti, o prence, (A Spiridate)
Perché tanti miei pianti?
Non so ciò che egli pensi.
Ah! No. L’armi di Grecia...
ti chiede il lor periglio
E i tuoi comandi attende.
cerca l’altrui consiglio.
Vien dunque e lascia pure
fra voi s’asconde il reo.
Anch’io, spietato, ho un’alma,
Innocenza?... A un tal nome,
Ma che? Certa è la colpa,
Scrivasi. Il mio sospetto
nol consente e n’ha orrore;
Troppo arrischi te stesso.
Addio; siegui ’l mio esempio.
ne fosse un qualche frutto.
Tel diedi e tu l’hai morto.
Sai che Dario a noi nacque.
Gran cose e strani eventi.
Temo il tuo rischio; in questi
san gli dei, sa quest’alma
qual vi perdo, qual resto;
non volea ’l padre estinto.
Qui per due vite, o sire,
nel mio primiero affetto.