Può voler chi in trono siede
un favor dall’altrui fede
Prima aspetta il mio comando
e poi servi al tuo dover.
Imeneo più chiare e belle
ed amor con doppio laccio
Lieto dì con più bel raggio
mai non sorse al greco impero;
e ogni cor serve ad omaggio
Reggia amica, a te vicino
più mi balza il core in petto.
Ma non so, nel mio destino,
se per tema o per diletto.
Lieta amava il tuo bel core;
ma un pensiero troppo altero
v’entrò in onta dell’amore
e il suo bene a lui rapì.
Quanto posso a me fo schermo
e da piaghe e da ritorte.
Ma ho timor che contro amor
sia riparo troppo infermo
l’esser saggio e l’esser forte.
Son colpevole a’ tuoi lumi
ma innocente è il mesto cor.
Giusti numi, il vostro sguardo
Bel piacer d’un fido core
poter dire al caro oggetto:
«Per te peno e per te moro».
Ma diletto assai maggiore
è l’udir ch’egli risponda:
«Anch’io t’amo, anch’io t’adoro».
Pena avrò del tuo dolore,
E s’è fida al tuo bel core,
sono un dono che la sorte
Se lo perdo è mia sciagura;
ma s’il lascio è mia viltà.
Alme perfide, insegnatemi,
Io ti abbraccio, o dolce amico.
Io ti bacio, o caro dono.
Più non vo’ mirar quel volto,
più ascoltar non vo’ quel labbro
Labbro e volto in cui sta accolto
il più iniquo e scellerato,
il più ingrato ed empio cor.
Vanne tosto, fuggi, vola,
Teco venga ira, tormento,
smania, rabbia e pentimento.
Quanto a me fosti infedele,
sia crudele altri con te.
Tu partisti; e spargo a’ venti
preghi, lagrime e lamenti.
«Vanne tosto, fuggi, vola,
disprezzata, disperata...
Nel tuo petto il custodisci...
Serberollo entro al mio petto...
Sì, son tua, padre amoroso;
sì, son tua, mio dolce sposo;
sì, ti stringo; sì, t’abbraccio.
Quando strinse amor o sorte,
più del mio, figlia e consorte,
caro nodo, amabil laccio?
Bel goder, quando si gode
con la pace e con l’amor!
L’odio ingiusto e l’empia frode
son trofeo dell’innocenza,
È il tuo nome, o grande Elisa,
ivi, come in trono assisa,
sempre unita è la clemenza