già prevengo con la spene
il piacer del vagheggiarvi.
ch’io sia ingrato o traditor.
Reo già sono e sventurato;
ma la colpa è del mio fato;
Salvar puoi l’erede al trono
col non tormi il caro bene.
Questa vita è sol tuo dono.
O la svena in questo petto
o la serba in quel d’Ismene.
Fier destin di chi ben ama
dir; «Mia vita, io per te moro».
Pur si taccia il chiuso affetto,
quando il dirlo a chi nol cura
saria colpa e non ristoro.
il tuo stral contro di te.
Al mio re parlai da figlio;
ma diè leggi al tuo consiglio
il tuo amor, non la tua fé.
eran gloria del mio amor.
Ma trovai per mia sciagura
nell’amante una spergiura,
Quando viene il dolce bene,
con le aurette amene e grate
sul mio labbro respirate.
Caso in altri è una sventura.
Sol per me fatta è natura
Col disprezzo della morte
Ancor parla nel mio core,
Ma quel torlo alle ritorte,
perché senta peggior morte,
o fuggendo dal tuo aspetto
Va’, infedel; ma ovunque andrai,
per tua pena a fianco avrai
la tua colpa e il mio furor.
Terra, ciel, chi mi riceve?
sul mio capo disserratevi,
Sono in odio anche a me stesso.
Parto, fuggo... Oh dio! Ma dove?
Dove mai, ch’io non incontri,
per terror delle mie pene,
Dillo tu se ti oltraggiai;
innocenza, il chiedo a te.
Se pur forse io non errai
il dar morte al traditor.
più l’orribil suo delitto
che il mio brando punitor.
Pur la morte, a me gradita,
empio labbro, uscì da te.
Come pena è da te uscita;
Se son grande, illustre sono;
dal poter vien la mia fama.
Leggi impone il re dal trono,
lieti voli e dolci canti,
al più afflitto degli amanti
mitigate il fier martire.
Ma se Ismene, o dio, mi crede
Gloria ottien, se non mercede.
Gloria ottiene e ottien mercede.
L’incostanza è ognor gran colpa.
per due leggi a te vassallo.
il tuo grado e il tuo perdono,
la mia nascita e il mio fallo.
Venir teco? Ahi, qual consiglio?
Se non m’ami, sei mia pena;
e se m’ami, mio periglio.
Tu ravvivi in questo petto
più diletto e non più amor.
nel disprezzo e nel rigor.
Dal rossor della mia colpa
mi discolpa il tuo goder.
Un amor, ch’è sempre in gioia,
Qualche torto il fa piacer.
Vieni, o pace, e l’auree chiome
cinta vien di verde uliva;
bella diva, il tuo gran nome.
Vieni, amore, e il tuo diletto
in ogni alma si diffonda.
L’aura il senta, il suolo e l’onda;
ma più il senta questo petto.