Metrica: interrogazione
113 ottonari in Pirro Venezia, Pasquali, 1744 
   Care luci del mio bene,
già mi par di rimirarvi;
   già prevengo con la spene
il piacer del vagheggiarvi.
   Ira vuol d’inique stelle
ch’io sia ingrato o traditor.
   Reo già sono e sventurato;
ma la colpa è del mio fato;
e la pena è del mio cor.
   Salvar puoi l’erede al trono
col non tormi il caro bene.
   Questa vita è sol tuo dono.
O la svena in questo petto
o la serba in quel d’Ismene.
   Fier destin di chi ben ama
dir; «Mia vita, io per te moro».
   Pur si taccia il chiuso affetto,
quando il dirlo a chi nol cura
saria colpa e non ristoro.
   Sei convinto e già cadé
il tuo stral contro di te.
   Al mio re parlai da figlio;
ma diè leggi al tuo consiglio
il tuo amor, non la tua fé.
   Un amico ed un’amante
   Ma trovai per mia sciagura
nell’amante una spergiura,
   Quando viene il dolce bene,
con le aurette amene e grate
   Caso in altri è una sventura.
Sol per me fatta è natura
   Col disprezzo della morte
   Fin nell’ultimo momento
   Ancor parla nel mio core,
   Ma quel torlo alle ritorte,
perché senta peggior morte,
   Troverò qualche diletto
   Va’, infedel; ma ovunque andrai,
per tua pena a fianco avrai
la tua colpa e il mio furor.
   Terra, ciel, chi mi riceve?
   Sono in odio anche a me stesso.
Parto, fuggo... Oh dio! Ma dove?
Dove mai, ch’io non incontri,
   Dillo tu se ti oltraggiai;
   Se pur forse io non errai
   Lo farà cader trafitto
più l’orribil suo delitto
che il mio brando punitor.
   Pur la morte, a me gradita,
empio labbro, uscì da te.
   Come pena è da te uscita;
   Se son grande, illustre sono;
dal poter vien la mia fama.
   Leggi impone il re dal trono,
   Rosignuoli, che spiegate
al più afflitto degli amanti
   Ma se Ismene, o dio, mi crede
   In amar non                     frode.
                          usar
           fedele alla beltà.
                             E vera fede...
Gloria ottien, se non mercede.
Gloria ottiene e ottien mercede.
L’incostanza è ognor gran colpa.
E l’inganno è più viltà.
   Sarò fido, invitto re,
per due leggi a te vassallo.
   Daran norma alla mia fé
il tuo grado e il tuo perdono,
la mia nascita e il mio fallo.
   Venir teco? Ahi, qual consiglio?
Se non m’ami, sei mia pena;
e se m’ami, mio periglio.
   Tu ravvivi in questo petto
più diletto e non più amor.
   Io godea, per meritarti,
nel disprezzo e nel rigor.
   Dal rossor della mia colpa
   Un amor, ch’è sempre in gioia,
Qualche torto il fa piacer.
   Vieni, o pace, e l’auree chiome
cinta vien di verde uliva;
bella diva, il tuo gran nome.
   Vieni, amore, e il tuo diletto
L’aura il senta, il suolo e l’onda;
ma più il senta questo petto.

Notice: Undefined index: metrica in /home/apostolo/domains/apostolozeno.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8

Notice: Trying to access array offset on value of type null in /home/apostolo/domains/apostolozeno.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8