Tanto, o re, no, non fidarti
di tua forza e di tua sorte.
Può la sorte abbandonarti;
per chi è grande e per chi è forte. (Sentesi il suono de’ timpani e delle trombe. Pirro ascende sul trono, stando in piedi dall’uno dei lati, Cinea e Turio dall’altro)
Fra le grazie di quel viso
ma v’è un’ombra ancor d’affanno.
Quel dolor, Sestia, perché?
Prigioniera, è ver, tu sei
ma d’un re, non d’un tiranno. (Parte con Cinea e con Turio)
Altro senso ed altro amor
mi sta fitto in mezzo al cor;
al re amante ed al suo trono
né pur dono un sol pensier.
L’abbia suo chi ’l puote amar.
Figlia a Roma, ho egual valor,
s’ei lusinga, a nol curar,
s’ei minaccia, a nol temer.
Sento il male. Il ben mi fingo.
Egro son, cui d’esser sano
sembra alor che più delira.
So che è inganno e credo al senso.
L’impossibile amo e penso.
sta col ben che più sospira.
Pirro sei ma un altro Pirro,
re qual tu, fu invitto e forte
ma spergiuro; e in lui di morte
Frigia schiava a lui trar piacque,
qual tu amante, al patrio lido;
ma in suo mal divenne infido
guarda, geme e alcun non ode
che risponda al suo dolore.
Sale or rupe, or corre in selva.
Ma qual pro? Su quel meschino
forse atroce ingorda belva
sospirar per la sua morte
che tremar per la sua gloria.
Senno regga il suo valore
né gli faccia o sdegno o amore
Zelo vuol ch’io serbi a Roma
Zelo il dissi e ’l cor tremante
vuol ch’io taccia e ’l dice amore.
Ma sia questo amore o zelo,
purché viva il mio diletto,
in lui serve un casto affetto
a la patria ed al mio core.
Tre gran beni avrò da morte
in mia pace e in tuo dolore.
I miei dì chiuder da forte
e lasciar in Sestia un core,
che per te sia tutto sdegno
e per me sia tutto amore. (Parte con guardie)
Tra l’onore e tra l’amore
in cui l’alma scioglierò.
Diami Roma un sol sospiro,
Sudi l’arte; e qual formarti
statua può? Qual arco alzarti,
u’ l’ingegno e l’opra arrivi
i tuoi vanti a pareggiar?
resti quivi il nome augusto,
si dirà ch’ei sol sé stesso