È viltà, quando un gran bene
non tentar di uscir di pene
Se il disio così sortisce,
sempre è tempo di soffrir.
Fiero amor, che almen nascendo
sei piacer d’ogni alma amante,
sol per me dal primo instante
E d’alor le vie chiudendo
di speranza al mesto affetto,
hai per gloria e per diletto
Con beltà, per farsi amar,
credi a me, non giova usar
fiera voce, aspro sembiante,
sinché un dì la renda amante
che un’agnella ed un pastor.
guardar quella io ben saprei;
Dille sol che quel sospiro
d’odio fu, perché l’amai.
Per noi belle è un gran diletto
dar lusinghe alla speranza
di un amante, che è negletto,
sinché giova al nostro amor.
Quando poi le sue querele
senza pro ne son di affanno,
un addio, benché crudele,
a lui serva in disinganno
Tante il mar non ha tempeste,
nubi il cielo, fere il bosco,
quanti l’uom mostri e tiranni.
Non può età, non senno ed arte
sì tenerli in freno e in calma
che non portino ne l’alma
crudi stracci e duri affanni.
Tu, amor, sei che fai gentili
tua vivace accendi in loro.
Così il sol purga ed affina
rozze glebe in balza alpina,
quale in gemma e quale in oro.
Qual piacer dopo aspre pene
sia abbracciar l’amato bene,
or lo sanno i nostri cori.
agli amanti ed agli amori.
godi più che con l’impero
di regnar col tuo bel core.
Il servaggio degli affetti
non è omaggio a tua grandezza
ma mercede è del tue amore.