salvar dall’odio acheo l’amato figlio.
 
quanto v’invidio! A Priamo
 
vittima rea. Vi aggiungerò, lo spero,
 
Ira sia, che ti accenda, o siasi orgoglio,
 
di Menelao la figlia; e ch’io l’oltraggio
 
arderò al mio imeneo. Soffrilo in pace.
 
non dia nipoti al gran Peleo né i greci
 
Parmi... Sì, fido Eumeo... sì, che sei desso. (Va ad abbracciarlo)
 
che la rea donna è in vita e ch’ella è madre.
 
spesso detrae bugiarda a’ grandi eroi,
 
di Menelao la figlia e la nipote
 
Vero siasi o mendace il suon che offende
 
Ulisse, io mi credea che omai più noto
 
Furo ingrati ad Achille e il sieno a Pirro.
 
Se questo qualsisia volto infelice
 
ch’abbia a porre in obblio dover di moglie.
 
E che a lui sol potea dal colpo estremo
 
che lontano il credea; vicino il fuggo;
 
Ov’è Priamo? Ove Ettorre? Ove tanti altri
 
Tu ne ignori il destino e rea mi accusi?
 
madri, e madri anche dee, vinte ho le frodi.
 
Non ti sapea due volte madre. Poca
 
Tu gli fosti altro padre. Eumeo, mel rendi.
 
le fortune il disio. Ma il grande arcano
 
smania, affetto, timor qui trae la madre.
 
Credilo. Eumeo non sa ingannarti. È questi
 
men facea pompa. Oh sospirato figlio!
 
ho formato un eroe. Tempo è che alfine
 
A pietà m’indurria l’iliaca donna;
 
per quanto puoi... Dirti volea... Fa’ core.
 
dover lasciarla aspro pareami e atroce;
 
tutt’altro esigeria che ferri e piaghe.
 
nulla al reo parto dell’iniqua madre
 
dell’odio. Ettore, Achille e Priamo e Troia
 
Ei non pensi a vendette, a Priamo, a Troia.
 
volea opporsi fortuna. Il fiero Oreste,
 
da Ermione spinto, esser dovea nel tempio
 
ordir non si potean trame in mio danno.
 
sia l’imeneo già ricusato. Ermione,
 
Io non credea che in terra, Ettore estinto,
 
Nelle romulee carte e nelle argive
 
arrossir fa l’idea che in sé, per quanto