Metrica: interrogazione
327 settenari (recitativo) in Gianguir Venezia, Pasquali, 1744 
Tosto, o servi, il più ricco
Gianguir s’oppose; il corso
chiudi, o sultan, l’udito.
Qual linguaggio è cotesto?
né il re in te né l’amante.
E in lui Cosrovio il padre.
Va’. Servi il tuo tiranno.
E questo ancor? Vi estinguo,
Che vuol l’ingiusto padre?
parto né d’esser chieggo
gli empi mi han tolto. Tutto
Con queste io fiamma accendo
                    Con quel sospiro,
che vuoi dirmi? Ah, regina,
trattinsi. Al fianco appesa
(E il soffro!) Su, alla pugna,
il suo voto e il suo orgoglio
Sì. Va’. Del mio Cosrovio
                    Che al suo destino...
                     Non si renda.
                  Non si opponga.
                               È sua morte.
                                 È mia offesa.
buon consiglio è star lungi. (Si ritira)
vuol ragion ch’io il difenda
abbandono me stesso?) (In atto pensoso)
Cedo. Vuoi più? D’ingiusti
                    A lui di tanto
cui sedotto ei m’astrinse,
               Lasciami. Parti.
                      Taci. Se ancora
                  Tosto o mi segui
l’orror de’ tuoi spergiuri.
Eccoti il regio impronto. (Gli dà il sigillo reale)
                Sì. S’io non era
giungono amiche. (Veggonsi in lontano le guardie reali in atto di avanzarsi. Allora volendo anche Gianguir por mano alla sciabla, Mahobet gli afferra il braccio colla sinistra; e alzando con la destra un ganzarro, sta in atto minaccioso d’immergerlo nel petto di Gianguir)
                                    Alcuno
                   Ah, traditore!
Ah, Zama. (Riguardandola in partendo)
                      Sposo... Oh dio! (Volendolo seguitare, si ferma alla prima occhiata di Mahobet)
Più che a salvezza, a rischio
Partì a tempo. Il re viene. (Si ritira in disparte)
                  Pria che altro ascolti,
                                 E quali?
Oltre all’Indo e al tuo Gange
Cosrovio; ed Agra è in rischio.
Rischio ch’è sol tua colpa. (A Mahobet)
Ma poiché esser ti piacque,
                       Che ascolto!
               Al sultan già è noto
Qui ’l re. (Andando a Cosrovio)
                    Dillo il tiranno.
che tra i nomi, che han grido
Mio, sì. Quanto il tenesti,
di sprezzo, or d’odio sei.
                                  Ti opprima,
                  In questo nome
                     (Or l’arti intendo).
                        Mio prence.
                           Vendette,
                                  Prigione.
                           Rapito
                            Si loda
fa ciò che il duol non valse...
                                  Ah, questo
sino ad altro comando. (Si avanza verso il re)
Da’ il perdon, se l’avesti.
Guardie, a me il regal seggio; (Si partono due guardie)
il funesto apparato. (Vien recato a Gianguir il seggio imperiale)
Oh a’ miei lumi... oh al mio core...
funesto oggetto!... Ah, quali
Giusto è. Sol manca a questa
Sì. Il più nobil suo fregio.
Partite; e dell’atroce (Le guardie tutte si ritirano in lontano)
tua rabbia. Al trono ascendi
che usurpo; e del mio sangue
Ah, troppo offeso e troppo (S’inginocchia)
il tuo ferro. In me il vibra
Cosrovio, a qual viltade (Alla voce di Alinda, Gianguir rivolta la faccia e Cosrovio si leva)
m’era il lasciarti in vita.
questo ha di ben, ch’è breve.
                              Sultana,
                      E anch’io potrei

Notice: Undefined index: metrica in /home/apostolo/domains/apostolozeno.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8

Notice: Trying to access array offset on value of type null in /home/apostolo/domains/apostolozeno.it/public_html/library/opera/controllers/Metrica/queryAction.php on line 8