Spera pur, se la speranza
può dar calma al tuo pensier;
con l’idea del suo piacer.
Parla al cuor del suo diletto
Digli omai che lieto ei vada
Non ti crede, amor, quest’alma.
Vede l’arte e sa l’inganno.
Sembri dolce e sei tiranno,
come l’onda alorch’è in calma.
Col mio cuore io mi consiglio,
se in periglio è ’l dolce bene;
e ’l crudel non mi risponde.
perché teme il mio dolor,
più mi turba e mi confonde.
O morire o al caro Eumene
vo’ spezzar l’aspre catene
Or che priva è del suo bene,
se più vive, è rea quest’alma
il tuo labbro; e non ha fede
Tornerò, s’altri non riede,
Saprò ben con occhio forte
incontrar le mie ritorte;
che non sente o non intende
o non crede il suo piacer.
Torni al labbro il lieto riso.
Abbia pace il fier tormento.
E in mirarti, amabil viso,
più non piangano quest’occhi
che di gioia e di contento.
Sento, amor, che nel mio cuor
ti prepari a guerreggiar.
Ma che? Alfin ti vincerò;
sarò astretto a lacrimar.
dagli almeno un solo amplesso,
un sol guardo e poi ten va.
M’era dolce e caro oggetto
viver, sì, ma nel tuo affetto
e regnar ma nel tuo cuor.
addio vita, impero addio.
Mi si tolga ogni diletto.
Sol mi resti il mio dolor.
Voglio amar ma non penar.
Così vo’, così l’intendo.
Non è affetto, è crudeltà
per piacerti e per amarti,
viva in pene e stia piangendo.
D’un rigor, che non sa amar,
Lieta pace a questo regno
al rigor de la mia sorte.
Dammi vita o dammi morte;
Chi ha timor di tolerarle
S’ebbi cuor per incontrarle,
per soffrirle avrò più cuor.
Son, mia vita, in te beato.
Son felice in te, mio cuore.
E ’l tuo amor fa il mio goder.