Metrica: interrogazione
125 ottonari in Il Tirsi Venezia, Nicolini, 1696 
                           Se t’amo, o cara?
                          O dio! Di che?
                             Che ti è fedele.
Altre amasti, alma infedele.
   Certa già de la tua fede
   Più beltà l’occhio in te vede,
più mi piace il tuo sembiante,
più mi lega il tuo crin d’oro.
   Occhi belli, astri amorosi,
io vi adoro e nol credete.
   Se languisco, occhi vezzosi,
siete voi che m’uccidete.
   Su a cantar, ninfe e pastori.
Su a danzar. Che più si sta?
   Su a cantar, ninfe e pastori.
Su a danzar. Che più si sta?
diam tributo alla beltà. (Segue la danza)
   Ogni cuor in sì bel giorno
   Il mio caro, il mio diletto
   Cangia voglie ad ogni oggetto
e l’accende ogni sembianza.
   Quanto t’ami, o bella Clori,
   Dimmi, cara, a’ miei dolori
   Al tuo amor quest’alma crede.
E tu sai che t’amo anch’io.
   Al candor de la tua fede
   Spensierata, o prati erbosi,
vaghi colli, a voi mi porto.
   Sol voi siete il mio conforto.
   Più che sdegno de’ tuoi falli
se ben sa che m’hai tradita.
   Ma che pro? Ne l’alma mia
non può tanto il mio sospetto
quanto può l’altrui beltà.
già lasciò d’esser crudel.
   Son contenta e quasi il petto
non capisce il suo contento.
   E l’amor del mio diletto
più m’accresce il godimento.
   Su mie ninfe, su pastori,
qui cantiamo i nostri amori
fra le gioie e fra i diletti.
   Qui cantando gli augelletti
stanno a l’ombra degli allori.
   E qui brillan mille fiori
al danzar de’ ruscelletti.
   Su mie ninfe, su pastori,
qui cantiamo i nostri amori
fra le gioie e fra i diletti.
   Tra que’ rami i zeffiretti
stan scherzando in lieti errori
   Rinfrescando i dolci ardori
che amor desta entro dei petti.
   Su mie ninfe, su pastori,
qui cantiamo i nostri amori
fra le gioie e fra i diletti.
   Liete e snelle, su, intrecciate
   Poi vedrete più fastose
l’onda e ’l prato, il colle e ’l fior.
   Non ottiene amando un cuore
   Ma a chi langue per amore
   Datti pace, o cuore amante.
Troppo è cieco il tuo timor.
   Quando il credi traditor,
il tuo caro è più costante.
   Dolci labbra, voi fingete
   Stolto son perché do fede
a quel sesso che non l’ha.
   Vago ha ’l volto e falso il cuore,
e a sua voglia ama e disama,
   Tu sei, cara, il mio diletto. (A Corinna)
Tu sei, bella, il mio martoro. (A Clori)
   Ho due fiamme entro del petto.
Per te vivo (A Corinna) e per te moro. (A Clori)
   Troppo gode un cuor offeso
di svenar chi l’oltraggiò.
   Un amor, ch’è vilipeso,
   Mi si renda il caro bene
   Per conforto a le mie pene
   Pupillette, voi posate,
vegliar sempre a tormentarmi.
   Qualche tregua aver potrà
chiuse ancor non li niegate.
                      Ed altro volto.
                              Puoi sospirar.
                         E non ti ascolto.
   Col piacer de la speranza
quando sai che t’ho pietà.

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