Geni augusti, eccelsi eroi,
qui gareggia ogni elemento,
più superbo e più contento
ne l’offrirvi i doni suoi.
Occhi belli, occhi vezzosi,
benché fieri e disdegnosi,
Che se foste a me pietosi,
di morir nel vagheggiarvi.
Ma se trova il suo diletto,
entro al nido e nel boschetto
dolce canta e si consola.
Vieni, o bella, col tuo volto
le mie glorie ad illustrar.
Là ogni sguardo in te rivolto
lo splendor de’ miei trionfi
Vengo, o caro, e nel tuo ciglio
mirerò chi m’arde il cor.
Vaga son del mio periglio;
ma gran lume è di tua gloria
la chiarezza del mio ardor.
la tua offesa ed il suo fallo;
se autor son de le tue pene;
perché t’amo, ancor t’offendo.
T’amo, sì; pur quel son io
che, per farti acquisto mio,
regno e sposo a te contendo.
Dirai più ch’io sia spergiura?
Nol dirò, fedel consorte.
Gastigarti con più amarti
voglio, o cuor di poca fede.
Fu mia pena assai più dura
il terror de la tua morte.
Di quell’onde, che solcai,
il mio sposo è più infedel.
per mirar cogli occhi miei
me infelice e lui crudel.
darai legge a tutto il mondo,
possessor d’un bel sembiante.
benché fieri o lagrimosi,
Ho risolto che non voglio...
pria che dir: «Non voglio amarti».
Tu ’l puoi dir con tanto orgoglio
a un amante che ti adora,
Ho un sol core, una sol’alma
e ’l mio amore un sol sarà.
d’un tiranno ancor mi tenta,
nel lasciarti un fier diletto.
Così almen del tuo tormento
non m’uccide il fiero aspetto.
È ingiustizia ed è fierezza
cuore infido, ingrato cuor.
Forse ancor de le tue frodi,
del mio torto avrai dolor.
Se non vince amor pietoso
un bel guardo disdegnoso,
converrà ch’io sia spietato.
al rigor del mio tormento,
al piacer d’un core ingrato.
Io sposar l’empio tiranno?
Io mirar lo sposo estinto?
ma di sdegno e non d’amor.
Se più tardi a vendicarmi,
fai trionfo ad un ingrato
e ’l fomenti in crudeltà.
Duri marmi, aspre catene,
non v’illustra un lieto sguardo,
siete orrori e siete pene.
L’infedel che m’ha schernita
Ch’egli mora? Ah, Claudio, sento
che quest’alma ancor l’adora.
che mi lasci afflitta e sola?
Se hai pietà de’ mali miei,
mi rispondi e mi consola.
Su quel caro volto esangue
vo’ finir l’egro respiro.
Sì, begli occhi, disarmate,
con chi v’ama, i vostri sguardi
Così grande è ’l mio contento
ch’ei mi basta a tor di vita.
Ma lo tempra il pentimento
che ho d’averti sì tradita.
M’è sì caro il tuo dolore
ch’ei mi sforza a più adorarti.
Sol per lui gode il mio core
il piacer del perdonarti.
Su le sponde al pigro Lete,
A quell’alme illustri e liete
Non poteva uscir di vita,
idol mio, senza abbracciarti.
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