Metrica: interrogazione
78 ottonari in Andromaca Venezia, Pasquali, 1744 
un bel volto ed un gran core.
e a lui vanno i miei sospiri.
questo affrena e pena amore. (In atto d’entrar nel tempio)
tra le faci e tra gli altari
   Né d’Ermione abbandonata,
che condanni a’ patri lari,
questo è ancor l’ultimo addio.
   Libertà, marito e trono
fur miei beni e mali or sono;
dirò ancor: «Non son più madre».
   Chi ’l diria? L’iliaco erede
altro scampo a sé non vede,
contra un odio iniquo e fello,
che l’orror d’un cieco avello
e la grande ombra del padre.
   O non m’ami o poco m’ami,
perché io poi sia tua mercede.
   Il piacer del caro oggetto
prima legge è dell’affetto,
e ne ha colpa un troppo amor.
   Guarda pur. O quello o questo
   Chi di voi lo vuol per padre?
Vi arretrate? Ah, voi tacendo,
di accortezza e m’ingannò.
   Pianti e preghi porgerà;
   Pensa a Grecia e pensa a te;
vuol vendetta, impegno e fé
che tu faccia il già crescente
   Quando al figlio tuo vedrai
                                           il guardo,
                                       nell’alma?
                     d’Euro gagliardo,
                                          calma.
   Anche il giorno abborrirei,
che sì bei formar le stelle.
   E se ben di sdegno ardenti,
pregio sempre è di mia fede
dir che amai luci sì belle.
  Dio del lume, amico nume
l’onde accheta, i venti affrena;
   A te grati ergerem poi,
altri templi ed altri altari.
  Tale, augusta, è il tuo valore
   Vorria amor lodarti appieno;

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