Metrica: interrogazione
47 sineresi in Gianguir Venezia, Pasquali, 1744  (recitativo) 
A che? Attender dovea che dalle insidie
La tua nascita obblia. Sprezza il mio acquisto.
pronte sien le tue schiere.
                                                 E quelle in breve
che a Cosrovio ed a lei non sien ruina. (Preceduta dal suono di vari barbari strumenti, si avanza dal fondo della scena verso l’anfiteatro magnifica trionfal macchina, sostenuta da un elefante, tutto guernito di ricchi arnesi e cimieri e guidato da un indiano che sopra vi siede. Nell’alto della macchina siedono Gianguir e Zama con più rajas o sia re lor vassalli. Precedono e seguono il carro le soldatesche del Mogol con le loro armi e bandiere, avendo alla testa Mahobet, lor generale, e non molto lontano Cosrovio e Asaf. Nel mezzo alle soldatesche e dinanzi alla macchina stanno molti schiavi persiani con catene d’oro al collo ed a’ piedi)
l’idee cancelli del timor passato
Si dee pronto riparo a male estremo.
e ogni colpo scendea sovra il mio core.
Tutto esser può; ma all’imeneo ben chiare
D’altro tuo figlio l’imeneo potrebbe...
Nel figlio il reo non sosterrò; ma oppresso,
Se il saper d’esser reo ti dà spavento,
Tu reo me credi, io te ingannato. In tanta
temea de’ Persi e la mutabil guerra.
Un Asaf avversario a me fea torto;
                Nel suo imeneo gli odi abbian fine.
dovea la libertà. Ma più che al danno,
s’insista a un imeneo, ch’odio e detesto,
che far potea? Finger ossequio al padre...
L’amor mio ti assolvea da sì gran pena
Ah, se mi credi reo, troppo mi offendi,
Sapea l’insidie e d’ubbidir m’infinsi.
Del giurato imeneo pago è il suo core.
                                           Di che?
                                                            Non dirlo
sciolto il reo figlio, il fideresti ancora?
non fien disgiunti. Ambi tuoi sieno od ambo
(Donna sleal! Finger con reo consiglio
D’Agra uscir non potea. Giovommi inganno.
lieto imeneo ma su le tue ruine.
Deh, l’ingiurie d’Alinda obblii Semira.
Si dee pugnar. Quando una volta il ferro
S’io tardava, il facea. Su. Cor ripiglia.
Ma come! Io ti piangea. Tu in libertade!
maggior debito avea, perché mio figlio.
e al troppo reo Cosrovio omai preceda
Tua perfidia e alterezza abbian quel fine
non v’era. La trovasti. Oh me reo sempre,
il troppo altero, il troppo reo Cosrovio.
Supplice reo fa gloria ad un tiranno,
giugnesti? Io chiedea morte; e di riposo
d’altro giudice sien. Comune intanto
scampo per te. V’è un imeneo. Vi è Zama.
Alza gli occhi, o rea coppia, e meco in trono
che giusti ne parean. Non l’avria fatto
Grazia trovar dove attendea gastigo!

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