Aminta, Firenze, Vangelisti, 1703

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 EURIDICE e DIONISIO
 
 DIONISIO
 Addio regina, addio, da questi lidi
 ove l’ira del mar me dietro all’orma
 della rapita Elisa,
 della cara germana avea già spinto,
5l’odio tuo mi respinge.
 Siracusa mi attende; io parto e ’l core
 meco non vien; teco riman su queste
 spiagge fatali a sospirar d’amore.
 EURIDICE
 La Tessaglia ov’io regno,
10principe generoso, in ogni tempo
 d’ospite sì sublime
 si pregerà; se agli occhi tuoi già piacque
 questa, di un lungo duol misero avanzo,
 sfortunata beltà, se non t’amai
15come il tuo cor forse chiedea, ne incolpa,
 più ch’Euridice, il fato. Amar non lice
 fuor che ’l suo sposo a una real consorte,
 benché tradita sia, benché infelice.
 DIONISIO
 Io partirò, soffri che ’l dica ancora;
20ma né lunga stagion né vario clima
 potrà stancar la mia costanza; ognora
 ti amerò qual ti amai.
 Sì, partirò (ma senza te giammai).
 EURIDICE
 Vanne e un amor ti scorda
25che a te non giova e ch’io non cerco.
 DIONISIO
                                                                   E questo,
 questo è ’l tuo sol comando
 cui d’obbedir mi è tolto.
 Euridice mi vieta
 che t’ami il labro e vuol che t’ami il volto.
 EURIDICE
30Dionisio...
 DIONISIO
                      Già leggo
 ne’ tuoi lumi il tuo sdegno. Io parto; ammorzi
 sol quest’addio l’ire già accese e almeno
 concedi al dolor mio
 un sol sospiro; egli è l’estremo addio.
 
35   Sovvengavi talvolta,
 pupille, che v’adoro.
 
    Chi sa che non abbiate
 pietà, benché spietate,
 pensando al mio martoro.
 
 SCENA II
 
 EURIDICE sola
 
 EURIDICE
40O del mio lungo duol fide custodi,
 solitudini amiche, a me più care
 delle città superbe,
 o quanto gode, o quanto
 di trattenersi in voi
45l’afflitto cor con libertà di pianto.
 Qui qualora piangendo
 meco ragiono al traditor mio sposo,
 parmi che l’empio i miei lamenti ascolti,
 or superbo, or pietoso.
50Aminta, iniquo Aminta,
 tu gli adulteri amplessi in me sognasti,
 con svenar col mio seno anche il mio onore
 e col mio onore il figlio,
 genitore e marito
55egualmente spietato.
 O memoria crudele! O cor rubello
 che l’ami anco sì iniquo, anco sì ingrato!
 
    Lascia d’amarlo... Oh dio!
 Tu rispondi, cor mio,
60che non si può.
 
    Tanto ei non è crudel
 quanto son io fedel,
 sia barbaro, sia perfido,
 ognor l’adorerò.
 
 SCENA III
 
 ELPINO e detta
 
 ELPINO
65Lieti avvisi, o regina.
 EURIDICE
 Che rechi, Elpin?
 ELPINO
                                   Serena il volto. Aminta...
 EURIDICE
 Aimè, che avvenne?
 ELPINO
                                        Ed Euristeo morendo...
 EURIDICE
 Che?
 ELPINO
             Fu Celia presente
 ed Adrasto il narrò.
 EURIDICE
                                      Nulla t’intendo.
70Dimmi, che sai d’Aminta?
 Che di Euristeo? Che mai ti disse Adrasto?
 Parla. Il fato nemico
 quali nuove sciagure a me destina?
 ELPINO
 Lieti avvisi, o regina.
 EURIDICE
75Taci, o folle.
 ELPINO
                         Ecco Celia, essa confermi
 quanto ti dissi.
 
 SCENA IV
 
 CELIA e detti
 
 CELIA
                               Alfine
 muovonsi gli astri avversi
 de’ tuoi mali a pietà. Scoperta Aminta
 ha l’innocenza tua. Piange il suo fallo
80e ’l tradimento altrui.
 EURIDICE
                                          Celia, ed è vero?
 Si è pentito l’iniquo? Ah, tu m’inganni.
 CELIA
 Io ingannarti? Cotanto
 non oserei.
 EURIDICE
                        Parla e ti assidi.
 CELIA
                                                       Ascolta.
 ELPINO
 Io già tutto le dissi un’altra volta.
85(O mi piace pur tanto questa Celia;
 affé che di mia moglie
 mi quadra un tantin più;
 quest’è una celia che, se dura invero,
 mi rallegra gli spiriti e ’l pensiero).
 
 SCENA V
 
 EURIDICE e CELIA
 
 CELIA
90Ben ti è noto che Aminta
 spinto da cieco sdegno
 stabilì la tua morte.
 EURIDICE
                                       Il ciel pietoso
 mi sottrasse al periglio.
 CELIA
 Ma cadde allor trafitto
95l’innocente Alessandro.
 EURIDICE
                                             Il caro figlio.
 CELIA
 Tu sfuggisti. Egli estinte
 le antiche fiamme, ad opre eccelse inteso,
 del macedone impero
 stese i confini.
 EURIDICE
                              Ed in tre lustri il sole
100mezza scorrer li vide
 l’Asia con l’armi e con la fama il mondo.
 CELIA
 Vicino a morte intanto
 langue il fratel di Aminta,
 il perfido Euristeo.
 EURIDICE
                                      Nome fatale
105ad Euridice.
 CELIA
                          Il re, che l’ama, seco
 langue per gran dolor né trova pace.
 L’iniquo allor, che forse
 vie più sentia de’ suoi delitti il peso
 che l’orror della morte, intorno gira
110torbidi i lumi e sospirando i ferma
 nel mesto re: «Risparmia» ei disse «Aminta,
 il tuo dolor. Meglio conosci omai
 Euristeo quando il perdi. In un germano
 ti svelo un traditor, ti addito un empio».
115Tacque e poscia soggiunse: «Alle mie luci
 piacque Euridice e l’adorai. Sprezzato,
 di adultera e lasciva
 a te l’accuso e ’l credi e del tuo sdegno
 qual vittima innocente
120ella cadea ma la difese il cielo,
 il ciel che or me punisce assai più giusto».
 Volea seguire; e Aminta: «Ah traditore!»
 gridar volea; ma l’empio
 chiude le luci, il senso perde e muore.
 EURIDICE
125O giusta morte! O tradimento! O numi!
 CELIA
 Pianse d’allora il tuo pentito Aminta.
 Sé stesso condannò; tornò ad amarti.
 Per monti e valli, abbandonato il regno,
 va di sospiri e pianti...
 EURIDICE
130Pianga pure il crudel. Tutto il suo pianto
 non cancella i suoi falli,
 non ripara i miei danni;
 ma donde avesti il grand’avviso?
 CELIA
                                                              Tempe
 ne risuona di gioia e in lieti viva
135plaudon ninfe e pastori al tuo contento;
 e ’l seppi anch’io dallo straniero Adrasto.
 EURIDICE
 È possibile, o dei?
 CELIA
 Chi sa che Aminta a’ piedi tuoi non venga?
 EURIDICE
 Celia, ah Celia! Io vederlo
140così offesa e tradita? Io soffrirlo?
 Perfido, io pur svenarti,
 trafiggerti vorrei!
 CELIA
                                   Placa, o regina...
 EURIDICE
 Sì, trafigger quel core, ah no! Pria questo...
 mi si trafigga, o dio!
145perché ancor nel mio sdegno
 il mio sposo tu se’, l’idolo mio.
 
    Bramo di vendicarmi
 e non v’assente il cor.
 
    Sdegno mi porge l’armi
150e me le toglie amor.
 
 SCENA VI
 
 CELIA e ADRASTO
 
 ADRASTO
 Celia, tu cui son noti
 del regio cor tutti gli arcani, ancora
 s’è placata Euridice? Ancora Aminta
 può sperare il perdon?
 CELIA
                                            Credimi, Adrasto,
155non è sì leve impresa
 placar donna irritata e amante offesa.
 Ancor nel dubbio core
 della mesta regina
 succedono a vicenda odio ed amore.
 ADRASTO
160E l’infelice Adrasto
 può sperar che tu l’ami
 dopo tanto rigor?
 CELIA
                                   Non lusingarti;
 già ’l mio cambiai col cor di Silvio, ond’io
 vivo sol col suo core ed ei col mio.
 ADRASTO
165E per Silvio mi sprezzi? In che gli cedo?
 In che non vinco? Al corso
 meco si provi e al canto. Avrò di lui
 più snello il piede e più gentil la voce.
 Egli vil di natali e di fortune
170guarda greggi non sue...
 CELIA
                                              Sentimi, Adrasto.
 Per lunga serie d’avi
 tu non hai chi t’agguagli.
 A te sudan più aratri,
 a te pascon più armenti; e illustre sei
175per virtù, per natali e per fortuna;
 ma Silvio è più vezzoso agli occhi miei.
 
    Nel mio Silvio il core amante
 spera e trova il suo gran bene.
 
 SCENA VII
 
 SILVIO e detti. ALCEA in disparte
 
 SILVIO
 
    E di Celia il bel sembiante
180fa l’onor delle mie pene.
 
 CELIA
 Silvio.
 SILVIO
               Celia.
 A DUE
                            Mia vita.
 ADRASTO
                                               (O gelosia!)
 CELIA
 Mira, Adrasto, in quegli occhi
 del mio rigor la più gentil discolpa;
 se all’amor tuo render non posso amore,
185tanta beltà n’incolpa.
 ADRASTO
 Sia pur Silvio il tuo vago; ei dì piacerti
 abbia tutta la gloria, alfine Adrasto
 trionferà.
 SILVIO
                     Non temo.
 ADRASTO
                                           Eh folle! Celia
 più che donna non è. Sol perché t’ama
190si cangerà.
 CELIA
                       Non lo sperar. Tu solo
 il mio nume sarai, l’anima mia.
 SILVIO
 Celia.
 CELIA
              Silvio.
 A DUE
                            Mia vita.
 ADRASTO
                                               (O gelosia!)
 SILVIO
 
    Sì sì, più che nel mio,
 ho vita nel tuo sen,
195mio dolce e caro ben.
 
    Unito al tuo bel core,
 con dolce nodo, amore
 ivi il mio cor ritien.
 
 CELIA
 
    Sì sì, sento ch’ha vita
200in me quel tuo bel cor,
 mio dolce e caro ardor.
 
    Alma al tuo core è ’l mio,
 dal tuo la prendo anch’io
 e n’ha la gloria amor.
 
 SCENA VIII
 
 ADRASTO
 
 ADRASTO
205Ancor forza è ch’io taccia e che nasconda
 il mio grado real? Silvio trionfa
 d’Adrasto? E ’l soffrirò? Tanto ti deggio,
 sacra amicizia. Tanto
 m’imponi, Aminta. Io t’ubbidisco a prezzo
210de’ miei sospiri,
 anche della mia pace e del mio pianto.
 
    Fido amico a te sacrai
 le mie gioie, i miei tormenti.
 
    Amo, peno e so tacer,
215sol perché nel mio piacer
 tutti trovo i miei contenti.
 
 SCENA IX
 
 ALCEA sola
 
 ALCEA
 Ho sentito in disparte
 che Celia è innamorata,
 cotta affatto e spolpata
220per Silvio, e che per lui non cura Adrasto;
 costei mi tocca un tasto
 che mi scorda il concerto,
 questo Silvio anch’a me piace del certo;
 so ch’avendo marito io non dovrei
225innamorarmi d’altri ed all’antica
 soleva usar così
 ma non usa oggidì.
 
    S’innamoran tutte quante,
 e donzelle e vedovette;
230ed infin le maritate,
 anche vecchie,
 voglion far da ragazzette.
 Da... Da...
 
    Hanno il muso innamidato,
235pien di mosche e pien di nei,
 e pur hanno un branco allato
 di narcisi e cicisbei;
 né lor basta un solo amante
 che talor n’han più di sette.
 
 SCENA X
 
 Cortile del palazzo d’Euridice.
 
 AMINTA
 
 AMINTA
 
240   Cari sassi,
 dolce albergo del mio bene,
 
    a voi giro afflitto i passi
 per dar fine alla mia vita
 o conforto alle mie pene.
 
 SCENA XI
 
 ADRASTO e detto
 
 ADRASTO
245Mio re, dove ti porta
 la cieca doglia? Ove l’affetto? Fuggi
 la fatal reggia; fuggi
 la sdegnata Euridice, ancor non certa
 del suo duolo o non sazia.
 AMINTA
250Perdi, amico, i consigli. È giunto il giorno
 che della sorte mia decida i casi.
 O col pianto o col sangue
 s’ha da placar l’irata sposa; omai
 forz’è ch’io parli. Ho già taciuto assai.
 ADRASTO
255Scegli almeno altro luogo
 men sospetto e men noto; ad ogni sguardo
 non ti scoprir. Parlano meglio, allora
 che non han chi gli osservi, i nostri affetti.
 AMINTA
 Caro Adrasto, al tuo zelo
260nel maggior de’ miei mali, o quanto io deggio!
 Seguo i consigli tuoi. Vanne e là, dove
 nel sordo lido il vicin mar si frange,
 verrai con ciò che possa ad Euridice
 del mio dolor far fede.
 ADRASTO
265Ben risolvesti. Ivi m’attendi.
 AMINTA
                                                       Amico,
 sappi ch’ogni momento
 moltiplica le morti al mio tormento.
 ADRASTO
 
    Dia pace al tuo martir,
 dia fine al mio dolor
270il ciel pietoso.
 
    Onde godiamo in sen
 di chi ci fa languir,
 io felice amator,
 tu lieto sposo.
 
 SCENA XII
 
 AMINTA
 
 AMINTA
275Quale speme è la tua, misero Aminta,
 condannata la sposa, ucciso il figlio?
 Che risolvi? Ove vai? Muori, infelice,
 e sarà men crudele
 la morte tua, se non la miri in fronte
280alla tradita tua fida Euridice.
 Muori e fuggi quegli occhi... Ah no! Mia sposa,
 sì, cara sposa, io vengo,
 con un dolore al mio delitto eguale,
 a chiederti una morte
285degna dell’ira tua. Tu sola avrai
 l’onor della vendetta
 e in onta del mio duol a te la serbo.
 Chi sa che ’l sangue mio
 non estingua i tuoi sdegni? E a me talvolta
290tu non venga notturna
 a bagnar sospirando
 di qualche lacrimetta e l’ossa e l’urna.
 
    Pria di morir godrò
 almen di rimirar
295que’ cari lumi,
 benché sdegnosi,
 
    lumi che scintillar
 per me più non vedrò
 dolci e pietosi.
 
 SCENA XIII
 
 Spiaggia di mare.
 
 CELIA, ELPINO e ALCEA
 
 ELPINO
300Signora Celia, insomma io vi consiglio
 a non amar quel Silvio ch’è un suggetto
 ch’a me non piace. (Anzi mi fa dispetto).
 ALCEA
 Io pur ti dico, o Celia mia garbata,
 che tu lo lasci stare; è un fumosello
305(che a me purtroppo piace e sembra bello).
 CELIA
 Invan voi vi credete
 ch’io resti persuasa
 a non amar Silvio, mio caro bene,
 mia dolce unica spene.
 ELPINO
310Qui non si fa all’amore,
 è proibito in casa mia né il voglio,
 no non lo voglio affé.
 (Però vorrei che vagheggiasse me).
 ALCEA
 Celia, questi rondoni
315non stanno ben d’intorno alle fanciulle.
 (Ma se Silvio volasse a me d’intorno,
 o qual mai proverei grato soggiorno).
 CELIA
 Amore a cor gentil ratto s’apprende,
 è un atto dolce e onesto, è gentil cosa.
 ELPINO
320Io non vo’ cose né gentil né rozze;
 oltre di che, che vo’ tu far di lui?
 Egli è un guardian di pecore
 che, quando diventassi un dì sua moglie,
 suono non ha da far ballare i denti;
325però Cupido al sen più non ti frugoli
 per uno per il qual ti converrebbe
 pan di legno mangiar, ber vin di nugoli.
 CELIA
 Chi si contenta gode.
 ALCEA
 E spesse volte stenta;
330non vedi ch’è un guardiano,
 mendico e vil, non un gentil pastore.
 CELIA
 Ogni disuguaglianza agguaglia amore.
 ELPINO
 Insomma, non l’amate.
 ALCEA
 Dico lascialo stare
335e, se pure tu vuoi
 ch’entri amor nel tuo seno,
 lascia star Silvio ed ama Adrasto almeno.
 ELPINO
 Né questo né quell’altro;
 Alcea, com’entri a far qui la mezzana,
340a proporre gli amanti alle fanciulle?
 ALCEA
 Ch’importa, Elpino, a te che costei sia
 innamorata o no?
 ELPINO
 M’importa perché sì e perché no.
 ALCEA
 Qui c’è mistero affé.
 ELPINO
345L’ebbi a dir quel che c’è,
 c’è ch’io non voglio amori.
 (Ah li vorrei purtroppo;
 questa vecchia m’imbroglia).
 ALCEA
 Che si bolle e gorgoglia?
350Ah ch’io m’avveggo bene
 donde questo tuo zelo, Elpin, ne viene.
 ELPINO
 Ed io, madonna Alcea, m’avveggio pure
 donde la tua pietà nasce, che vuoi
 che la non ami Silvio
355e non t’importa ch’ami Adrasto poi.
 CELIA
 Or via tacete, amici,
 né di me tanta cura
 vi prendete, o infelici,
 che sdegna alma ben nata
360più fido guardatore
 aver del proprio onore.
 ELPINO
 Alcea, Alcea, t’intendo.
 ALCEA
 Elpino, Elpin, t’ho inteso e ti confesso
 che terrò gli occhi aperti.
 ELPINO
365Ed io vorrei che li serrassi adesso.
 
    È dolce l’amar
 chi sente per te
 smanie d’affetto,
 fiamme d’amor.
 
370   E in premio di fé
 amando cambiar
 alma con alma,
 core con cor.
 
 CELIA
 Questo solo piacer quanto diversa
375dall’esser mio mi rende;
 sotto rustiche spoglie,
 chi crederia me regal germe ascosa?
 Me di re figlia in pastorale ammanto?
 Chi ’l crederebbe? E pur amor può tanto.
380Sol per gli occhi di Silvio...
 Ma chi m’osserva?
 
 SCENA XIV
 
 DIONISIO e CELIA
 
 DIONISIO
                                     (Il volto
 quello è d’Elisa).
 CELIA
                                  (Ahimè! Ravviso in lui
 il mio real germano).
 DIONISIO
                                          (È dessa, il guardo,
 il portamento, il moto agli occhi miei
385la confermano Elisa).
 CELIA
 (Misera me, s’ei mi conobbe! È meglio
 ch’io m’allontani).
 DIONISIO
                                    O cara, o da me tanto
 sospirata germana.
 CELIA
 Che? (Che farò?)
 DIONISIO
                                   Perché mi fuggi, Elisa?
390Dionisio son io,
 non mi ravvisi? O pur t’infingi?
 CELIA
                                                             (Come!
 Fingerò non capirlo).
 Che mi chiedi? Chi sei?
 DIONISIO
                                               (Stessa è la voce.
 Non m’ingannai). Quanti perigli e quanti
395mi costò la tua perdita! Più regni
 e più mari tentai per rinvenirti,
 dietro gli empi ladroni;
 sfidai rischi e naufragi.
 M’è tolto in Siracusa
400tornar senza di te; quanto giulivo
 sarà nel rivederti il vecchio padre
 che ancor bagna di pianti il crespo volto!
 CELIA
 Men t’intendo o  ravviso,
 signor, più che ti miro o che t’ascolto.
 DIONISIO
405Che! Tu Elisa non sei? Di Siracusa
 tu principessa?...
 CELIA
                                  Io Celia son, di Tempe
 vile e povera ninfa;
 e la breve capanna è ’l regno mio.
 DIONISIO
 (Occhi, voi mi tradite).
 CELIA
410(Per te finger m’è forza, o cieco dio).
 DIONISIO
 Ma s’Elisa ella fosse,
 a che mentirne il grado?
 Come qui in Tempe e in libertà, se preda
 fu d’ingordi pirati?
415Perché in rustiche lane?
 CELIA
 Addio, signor.
 DIONISIO
                             Con tanta fretta, o ninfa...
 CELIA
 Senza il noto custode errar dispersa
 troppo lasciai la fida greggia e forse
 sgridar me ne potria l’austero padre.
 DIONISIO
420Hai padre ancor?
 CELIA
                                   Cui bianco
 i lunghi e molti verni han reso il crine.
 DIONISIO
 Va’, s’Elisa non sei.
 CELIA
 Celia son, non Elisa.
 DIONISIO
 Ma ch’Elisa tu fossi io giurerei.
 CELIA
 
425   Non son qual pensi;
 e ’l guardo bugiardo
 ti gode schernir.
 
    Se ’l core che brama
 fa lega co’ sensi,
430con facile frode
 si lascia tradir.
 
 SCENA XV
 
 DIONISIO e poi ARASPE
 
 DIONISIO
 Non so ancor se sia questo
 stato sogno od incanto... O fido Araspe,
 qui te appunto attendea. Partir da Tempe
435deggio e tentar grand’opra;
 tanto d’amici e d’armi
 dal naufragio crudel rimase a noi
 quanto basta a compirla.
 Dov’io già risolvei
440meco verrai co’ miei più fidi; e intanto
 pronti stiano gli abeti a scior dal lido.
 Vanne, opra e taci, io nel tuo amor confido.
 
    Nel sen d’una beltà
 mi guida, o dio d’amor;
 
445   e allor trovar potrà
 la bella pace il cor.
 
 SCENA XVI
 
 AMINTA e ADRASTO
 
 AMINTA
 E credi che il mio bene,
 la mia bella Euridice,
 che tanto e tanto offesi,
450possa mirar placata e me felice?
 ADRASTO
 Mio re, confida; intanto
 prepara il cor ch’ella qui viene.
 AMINTA
                                                           O numi!
 Con qual cor? Con quai lumi?
 ADRASTO
 Spera.
 AMINTA
                Che mai?
 ADRASTO
                                    Perdono.
 AMINTA
455Dopo il mio error?
 ADRASTO
                                     Per ottenerlo, tutti
 spendi i preghi, usa l’arti;
 chi ti detesta infido,
 se ti trova fedel, puote anco amarti.
 
    Tanto è sdegnosa femmina amante
460quanto il suo bene crede infedel;
 
    ma s’ei risolve d’esser costante,
 ella ancor lascia d’esser crudel.
 
 SCENA XVII
 
 AMINTA
 
 AMINTA
 Viene Euridice. Dimmi,
 risolvesti, cor mio? Cinto da mali,
465che paventi? Che pensi? Io già ti veggo
 da mille affetti lacerato. Ah, fuggi...
 No no... Rimanti... O dio!
 Che risolvi? Che fai?
 Ti consiglio alla fuga e tu non puoi.
470T’esorto alla costanza e tu non l’hai.
 
 SCENA XVIII
 
 EURIDICE e AMINTA
 
 EURIDICE
 Cessate alfin, cessate...
 A DUE
                                            (Aimè, che veggio!)
 AMINTA
 (Quella è la mia Euridice).
 EURIDICE
 (Quegli mi sembra Aminta)
 AMINTA
 (Che farò?)
 EURIDICE
                         (Non m’inganno).
 AMINTA
                                                            (Ardisci, o core).
 EURIDICE
475Che fa l’empio? Che pensa?
 AMINTA
 Pensa morirti a’ piedi.
 EURIDICE
                                            Ah traditore!
 Se’ tu Aminta o m’inganno?
 Devo credere agli occhi?
 Devo dar fede al cor? Parla, rispondi.
 AMINTA
480No, mia giusta regina.
 No che Aminta non sono. Ei fu altre volte
 il tuo fido, il tuo sposo. Ei fece un tempo
 le tue delizie e tu le sue facesti.
 Io misero qual sono?
485Sono un crudele, un sanguinario, un empio,
 orror de’ tuoi pensieri,
 scopo dell’ire tue. Son quegli, o dio...
 EURIDICE
 Non più, iniquo, non più, troppo rammento
 gli oltraggi tuoi. Ben ti ravvisa il core;
490e sento che mi parla
 e conosco che parlo a un traditore.
 Ma tu ancora comprendi
 qual io mi sia? Vedi a chi parli? Io sono,
 se nol sai forse, io sono
495quella stessa Euridice...
 AMINTA
                                              Ahi!
 EURIDICE
                                                         Tu sospiri?
 Di che? Rammenti forse
 quanto ti amai? Quanto serbai pudica
 del giogo marital le caste leggi?
 O più tosto rammenti
500che in guiderdon della mia fede, ingrato,
 che in premio del mio amor le leggi hai poste
 di giudice e consorte
 tutte in oblio per condannarmi a morte?
 AMINTA
 Mia regina, ingannato
505dal perfido Euristeo,
 che far dovea? Che far potea? Chi mai
 temuta avria perfidia
 in un germano accusator? Chi mai...
 EURIDICE
 Dovea crederlo ogni altro
510ma non Aminta. Ei qual ragione avea
 di sospettare in me colpa sì enorme?
 Che non pensar qual vissi? E la mia vita
 ti servia di discolpa. Anche i delitti
 hanno il lor grado; e in un sol giorno istesso
515non si passa giammai
 da una grande innocenza a un grand’eccesso.
 AMINTA
 Errai, nol niego, errai
 ma l’error fu innocente; ei conceputo
 fu dal timor, non dal voler...
 EURIDICE
                                                     E dove
520apprendesti, spietato,
 a condannar senza difesa? Forse
 le discolpe attendesti?
 Maturasti l’accuse? Era inonesta?
 Quando? Con chi? Qual fu la prova? Un solo,
525un lieve indizio e ti perdono. Iniqua
 fu l’ingiusta sentenza
 soscritta dal tuo cor; l’esserti moglie
 era tutto il mio fallo. Ah, se volevi
 d’un eterno imeneo scior le ritorte,
530dovea bastarti almeno,
 senza svenarmi il figlio,
 senza tormi l’onor darmi la morte.
 AMINTA
 Regina, io sono il reo, tu se’ l’offesa.
 Del mio fallo non vengo
535a chiederti il perdon ma la vendetta.
 Hai la vittima e ’l ferro. (Le presenta il dardo)
 Non per altro viss’io
 che per cader dalla tua man ferito,
 che per morirti a’ piedi, (S’inginocchia)
540colpevole e pentito.
 Su, che fai? Che più badi? Il colpo attendo.
 EURIDICE
 Vuoi morte? E a me la chiedi? (Tace alquanto)
 Pensi che in crudeltà possa imitarti?
 Odio, Aminta, il tuo fallo,
545non la tua vita. Vivi,
 vivi pure infedel ma ’l tuo delitto (Aminta si leva)
 si asconda agli occhi miei. Vanne sì lunge
 che di te non mi resti altro che il nome
 ed il solo dolor di averti amato;
550se ancor m’ami, prescrivi
 leggi al tuo duol; sia questa
 la mia vendetta e la tua pena. Vivi.
 
    Vivi ma non ardir
 di rivedermi più, sposa tradita.
 
555   Soffri del tuo fallir
 la pena più crudel nella tua vita.
 
 SCENA XIX
 
 AMINTA e poi ELPINO
 
 AMINTA
 Vivi? Qual dura legge,
 Euridice, m’imponi?
 Ch’io t’ubbidisca e viva?
560Come possibil fia
 senza l’anima mia?
 ELPINO
 Mio re.
 AMINTA
                 Chi sei?
 ELPINO
                                   Non mi ravvisi? Elpino,
 il tuo fedel.
 AMINTA
                        Tu Elpino?
 ELPINO
 Signor...
 AMINTA
                   Tu quel cui già la morte imposi
565del mio innocente figlio?
 ELPINO
                                                Io quegli sono...
 AMINTA
 E mi ubbidisti? Il sangue
 mi s’aggiaccia nel sen. Fuggi, t’invola;
 celati agli occhi miei. servo mal nato,
 carnefice spietato.
 ELPINO
570Doveva al cenno tuo...
 AMINTA
                                          S’egli era ingiusto,
 perché ubbidirmi? A che esequirlo?
 ELPINO
                                                                    È dunque
 colpa l’esser fedele?
 AMINTA
                                       In rimirarti
 de’ miei delitti in me s’accresce il duolo.
 Uccisor del mio figlio, empio ministro,
575fuggi e col mio dolor lasciami solo.
 
    Senza orror,
 non ho cor di rimirar
 chi il mio figlio mi svenò.
 
    In piagar quell’innocente,
580alma barbara, inclemente,
 come il cor non ti mancò.
 
 ELPINO
 Or va’, misero Elpino.
 Va’, servi in corte, alfine
 diverrà la tua fede il tuo delitto;
585ma non m’importa. Aminta
 è pentito dell’opra e non Elpino.
 
    Rido della sua collera
 ma so che in fumo andrà.
 
    Minacci pur vendette,
590gran smanie, gran saette,
 ma poi si placherà.
 
 SCENA XX
 
 ALCEA sola
 
 ALCEA
 Ho ben io ritrovato
 qual è il desio d’Elpino; ei non vorrebbe
 che Celia amasse alcun, questo sgraziato.
595Di Celia è innamorato.
 Il suo zelo non è ma gelosia
 e proibisce altrui quel ch’ei vorria.
 
    Per lo più son certi sposi
 tutti zel che fan così,
600gridan sempre contr’amore,
 ch’è vergogna e disonore,
 
    e poi questi scrupolosi
 fanno peggio notte e dì.
 
 Ma ecco appunto Elpino.
 
 SCENA XXI
 
 ELPINO e detta
 
 ELPINO
605Io mi son ben accorto
 dove a parar d’Alcea vanno i rigori.
 Vuol che Celia s’adiri
 con Silvio solamente e poi l’esorta
 ad amar quanto vuol, che non importa.
610O bondì bella donna,
 Celia vostra rivale
 ama Silvio, onde credo
 che tra voi due ci nascerà del male.
 ALCEA
 Con la vostra istruzione,
615fatta con un saper tanto profondo,
 Celia non amerà persona al mondo,
 tutta vostra sarà.
 ELPINO
 E Silvio resterà
 tutto vostro ancor ei
620pe’ vostri documenti
 messo in disgrazia a lei.
 Sai tu che questi amori,
 adorata consorte,
 per la tua complession non son più buoni
625e sopra il tuo bel volto
 influiscon musoni.
 ALCEA
 Se più lo stral d’amore
 in su quest’ora ti ferisce il core,
 da me ti si fa noto e manifesta
630ch’io del sicur ti spezzerò la testa.
 ELPINO
 
    Pazza strega...
 
 ALCEA
 
                                Vecchio matto...
 
 A DUE
 
 Che si pensa e che si fa?
 
 ELPINO
 
    Ti vo’ dare...
 
 ALCEA
 
                             Ti vo’ dire...
 ELPINO
 
 Bastonate...
 
 ALCEA
 
                         Maritaccio...
 
 ELPINO
635Più di mille
                         in verità.
 ALCEA
 Cento volte
 
 Fine dell’atto primo