Venceslao, Venezia, Pasquali, 1744

 ATTO SECONDO
 
 Antisala con due porte, l’una delle quali corrisponde agli appartamenti reali.
 
 SCENA PRIMA
 
 VENCESLAO, CASIMIRO con seguito da una parte; poi LUCINDA con seguito dall’altra
 
 VENCESLAO
 S’introduca il messaggio.
 Non partir, Casimiro. Ei te pur chiede.
 CASIMIRO
 Ubbidisco. (E sin quando
320dipender io dovrò dall’altrui legge?)
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
 più dell’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
325quella, ch’estinto il genitor Gustavo
 di Lituania or regge
 le belle piagge e il fertil suol, Lucinda,
 a te, che per giustizia e per virtude
 non v’ha cui noto, o Venceslao, non sia,
330per alto affar me suo ministro invia.
 VENCESLAO
 Di sì illustre regina,
 il cui merto sublime
 è fregio al debol sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
335(Meglio è ch’io parta inosservato).
 LUCINDA
                                                                Arresta,
 principe, i passi. A quanto
 dir mi riman, te vo’ presente.
 CASIMIRO
                                                        (O inciampo!)
 Costui, signor, mente l’uffizio e il grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
340Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà s’io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra essere di credenza. Il re l’apre e leggendola guarda minaccioso il figliuolo)
 CASIMIRO
 (Legge e minaccia).
 VENCESLAO
                                       O note!
 CASIMIRO
 (Neghisi tutto a chi provar nol puote).
 VENCESLAO
 (Che lessi!) Ah, figlio, figlio. Opre son queste
345degne di te? Degne del sangue ond’esci?
 Tu cavalier? Tu prence?
 CASIMIRO
 Che fia?
 VENCESLAO
                   Prendi. Rimira. (Gli dà a Casimiro la lettera)
 Que’ caratteri impressi
 son di tua man? Li riconosci? Leggi.
350Leggi pure a gran voce; e del tuo errore
 dia principio alla pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
 «Per quanto è di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
 la marital sua fede,
355a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
 e segna il cor ciò che dettò la mano».
 VENCESLAO
 Leggesti? A qual difesa
 tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
360Or ora il dissi. Un mentitore è questi.
 Signor, mentito è il grado,
 mentito il ministero. Io né giurai
 a Lucinda la fede
 né vergai questo foglio
365né promisi imenei
 né mai la vidi o pur ne intesi.
 LUCINDA
                                                        O dei!
 CASIMIRO
 E perché alcun della bugiarda accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
370or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in molte parti la carta e poi la calpesta)
 VENCESLAO
 Tant’osi?...
 LUCINDA
                       Casimiro,
 mentitor me dicesti. In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
375tuo egual, che meco trassi
 da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon dell’armi io non ricuso.
 LUCINDA
380Anziché cada il sole,
 tu, re, il concedi.
 VENCESLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            Ti aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Ed io la sfida accetto.
 LUCINDA
 
    Sapesti lusinghiero
385schernire un fido amor;
 ma braccio feritor
 ti punirà.
 
    Vibrar l’acciar guerriero
 non è tradir l’onor
390di semplice beltà.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Sotto il peso degli anni
 già mi s’imbianca il crine e mi si aggrava,
 Casimiro, la fronte.
 Corto termine avanza alla mia vita;
395ma tu il soffri con pena; e non osando
 insultar l’egra salma,
 vuoi che un cruccio mortal mi abbrevi i giorni
 e ti affretti il comando.
 Indegno successor, pensi sul trono
400portare il vizio. Ma gli dii son giusti
 e stan sopra i regnanti.
 CASIMIRO
 (Che sofferenza!)
 VENCESLAO
                                   Alle passate colpe
 tu questa aggiungi, o ciel! d’una delusa
 real donzella...
 CASIMIRO
                             Eh, sire,
405smentirà il mio valor le indegne accuse,
 sosterrà mia innocenza e avrà propizi
 gli dii. Ma se anche fosse
 ver che a Lucinda io fé giurata avessi,
 colpa sol giovanile
410saria, se pur è colpa. Degli amanti
 son vani i giuramenti e spergiurato
 Giove sen ride e Amore. (Si parte)
 VENCESLAO
                                                O scellerato!
 
    Armi ha il ciel per castigar
 l’empietà su regie fronti;
 
415   e più spesso ei fulminar
 suole irato e torri e monti.
 
 SCENA III
 
 ERNANDO e poi ERENICE
 
 ERNANDO
 Non molto andrà che di Erenice in seno
 godrà l’amico. Io il nodo
 strinsi, affrettai, cor ebbi a farlo e il lodo.
420Lagrime, non uscite.
 Esser misero volli e vano è il pianto.
 ERENICE
 Ernando, a cercar vengo
 nel piacer de’ tuoi lumi
 una parte del mio. Sovente io posi
425il mio cor nel tuo seno; e vel lasciai
 perché quel di Alessandro in lui trovai.
 ERNANDO
 Ripigliati, Erenice,
 ripigliati il tuo core.
 Ei mal soggiorna in compagnia del mio;
430e per solo conforto
 mi lasci nel partir l’ultimo addio.
 ERENICE
 Partir?
 ERNANDO
                 Sì, principessa;
 né con altro contento
 che del tuo ben, ti lascio.
 ERENICE
435Che? Un ingiusto divieto
 tanto rispetti? E tanto
 temi nella mia vista
 d’irritar Casimiro?
 ERNANDO
 Altro temo, Erenice, altro sospiro.
 ERENICE
440Che mai?
 ERNANDO
                     Già nel mio core
 son reo. Lascia che almeno
 nel tuo viva innocente.
 ERENICE
 Ten prego ancor.
 ERNANDO
                                  Sia l’ubbidirti, o bella,
 gran parte di discolpa al mio delitto.
445Parli ’l labbro, ei ’l confessi,
 se pure a te sinora
 non disser gli occhi miei che il cor ti adora.
 ERENICE
 Tu scherzi; o sì amoroso
 a favor di Alessandro ancor mi parli.
 ERNANDO
450Chi può mirar quegli occhi e non amarli?
 Ti amai dal primo istante in cui ti vidi,
 tel dissi nell’estremo in cui ti perdo,
 quando al tuo cor nulla più manca e quando
 tutto, tutto dispera il cor di Ernando.
 ERENICE
455Dov’è virtù, dove amistade in terra,
 se Ernando la tradisce?
 Mi attendevi tu sposa
 per più offender l’amico?
 Per più macchiar?... Ma dove,
460dove il furor mi spinge e mi trasporta?
 Non è capace il generoso Ernando
 di tal viltà. Dar fede
 deggio, più che al suo labbro, al suo gran core.
 Fuorché di gloria, egli non sente amore.
 ERNANDO
465Non sento amor? T’amo, Erenice, t’amo
 ma da amico e da forte.
 Senza desio, senza speranza t’amo...
 ERENICE
 E m’ami, alfin vuoi dirmi,
 ma col cor di Alessandro, il mio tesoro.
 ERNANDO
470Sì sì, t’amo col suo; col mio ti adoro.
 ERENICE
 Vorresti ancor farmi adirar ma invano.
 ERNANDO
 Temono i rei la loro colpa. Io solo
 temo la mia innocenza.
 Voglio esser reo né posso.
475Deh, più credi, Erenice,
 se il neghi alle mie voci, al tuo sembiante.
 ERENICE
 Vanne. Ti credo amico e non amante.
 ERNANDO
 
    Parto amante e parto amico,
 che non nuoce amor pudico
480alla fede, all’amistà.
 
    Se nol credi o te ne offendi,
 poco intendi
 la fortezza di quest’alma,
 il poter di tua beltà.
 
 SCENA IV
 
 ERENICE e CASIMIRO
 
 CASIMIRO
485Felice incontro. Arresta,
 bella Erenice, il piede.
 Quel che ti vedi avante
 non è più Casimiro,
 quell’importuno e quell’ingiusto amante.
490Egli è il prence, l’erede
 del polonico scettro,
 tuo amator ma pudico e che destina
 te al suo trono e al suo amor moglie e regina.
 ERENICE
 Come! Tu, Casimiro, il prence erede
495del polonico scettro,
 chiedi in moglie Erenice, il vile oggetto
 dell’impuro tuo affetto?
 CASIMIRO
 Sì, principessa. A quella fiamma, ond’arsi,
 purgai quanto d’impuro avea nell’alma.
 ERENICE
500Vane lusinghe. Io scorgo
 ancora in te quell’amator ingiusto,
 dell’onor mio nimico,
 non per virtù ma per furor pudico.
 CASIMIRO
 S’errai, fu giovanezza e non disprezzo.
 ERENICE
505E s’io t’odio, è ragione e non vendetta.
 CASIMIRO
 Cancella un pentimento ogni delitto.
 ERENICE
 Macchia di onor non mai si terge; e spesso
 insidia è il pentimento.
 CASIMIRO
 L’onte ripara un trono offeso.
 ERENICE
                                                        Il trono
510teco mi saria scorno e non grandezza.
 CASIMIRO
 Sarai mia sposa.
 ERENICE
                                 Io, Casimiro!
 CASIMIRO
                                                            E meco
 tu regnerai felice.
 ERENICE
 Non troverai Lucinda in Erenice.
 
    Non credo a quel core
515che sempre ingannò.
 
    Ad altro sembiante
 rivolgi il tuo amore.
 Di un facile amante
 fidarmi non so.
 
 SCENA V
 
 CASIMIRO e poi GISMONDO
 
 CASIMIRO
520Mie deluse speranze, invendicato
 non andrà un tal rifiuto...
 GISMONDO
                                                 In traccia, o prence,
 di te venia.
 CASIMIRO
                        Che rechi?
 GISMONDO
 Quel che t’arde nel sen per Erenice
 negletto foco ammorza.
 CASIMIRO
525L’offerta di un diadema,
 che le fece il mio amor, sprezzò l’ingrata.
 GISMONDO
 E sprezzarla perché? Per abbassarsi
 già sposa ad altri amplessi.
 CASIMIRO
 Come! Sposa Erenice? O dei! Ma dove?
530Quando? Con chi?
 GISMONDO
                                     Nella ventura notte
 è stabilito il nodo.
 CASIMIRO
 Così vicina ancora
 la mia sciagura? E certo il sai?
 GISMONDO
                                                          Poc’anzi
 da Ismene, a me germana e di Erenice
535fedele amica, il tutto intesi.
 CASIMIRO
                                                    Ah, troppo,
 Gismondo, intesi.
 GISMONDO
                                    È tempo...
 CASIMIRO
 È tempo, sì, di vendicarsi. Iniqua!
 Ma nel rival superbo
 ti punirò.
 GISMONDO
                     No, principe...
 CASIMIRO
                                                 Gismondo,
540parto col mio furor. Tu taci il tutto.
 GISMONDO
 (Sangue preveggo e lutto).
 CASIMIRO
 
    D’ire armato il braccio forte
 piaghe e morte
 implacabile vibrerà.
 
545   Duolmi sol che il fier rivale
 sotto a questo acciar reale
 di cader la gloria avrà.
 
 SCENA VI
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Io mi credea che di Erenice al nodo
 egro cadesse e spento
550l’amor di Casimiro; e nel suo core
 credei servir, Lucinda, al tuo dolore.
 Ma in lui la grave offesa
 risveglia l’ire e non ammorza il foco.
 Disprezzo il fa costante.
555Più feroce divien, non meno amante.
 
    Dovea di amor geloso
 le furie io più temer.
 
    Nel sangue egli ha riposo,
 ne’ mali egli ha piacer.
 
 Il fine dell’atto secondo