I rivali generosi, Venezia, Pasquali, 1744

 I RIVALI GENEROSI
 
    [Venezia, Giambatista Pasquali, 1744]
 
 AL LETTORE
 
    Nel presente dramma ho procurato di conservare il costume di Vitige quale appunto ce lo figura l’istoria. Incostante fu egli ne’ suoi affetti; ebbe del vile, dell’audace e talvolta del generoso. Prevalse però a tutte le sue passioni quella dell’ira. La fierezza fu il più dolce oggetto de’ suoi pensieri. Mi parve adunque assai convenevole al di lui animo la barbara risoluzione di veder la figlia Rosmilda più tosto uccisa che serva; e nella generosa contesa tra Elpidia ed Olindo a lui sembrò più soave la morte dell’odiato rivale che il possesso dell’amata principessa. Di ambe queste azioni crudeli, la prima è fondata su l’uso de’ barbari, che stimavano men vergognosa la morte che la schiavitudine e l’altra ha per fondamento la connaturale fierezza del re tiranno e la necessità del pericolo.
    Ne’ due rivali, l’amor d’Olindo ha più del modesto, quello d’Ormonte ha più del feroce; onde l’uno è più confacente al quieto genio d’Elpidia, l’altro più al fiero di Rosmilda che, come nata ed allevata fra i Goti, poteva averne succhiata l’alterigia col sangue.
    Belisario non per altro abbassa l’idea guerriera a decidere i litigi d’amore tra i due principi rivali che affine di soffocare il seme di più perigliose discordie.
    Alarico opera da amante disperato; e più col cieco furore della gelosia che con la chiara guida della ragione, ordisce il tradimento contro di Ormonte.
    L’amor di Rosmilda ha un gran fondamento dalla gratitudine, un maggior fomento dal genio. Ei per esser figlio di pochi momenti, opera con ardore ma non con violenza; né può conoscere gelosia, perché appena intende sé stesso.
    Il rapimento che fa Vitige di Elpidia, quando l’esercito nimico è impiegato parte nel difendersi da Feraspe, parte nell’assalire Ravenna, non parerà sconvenevole, o a chi avrà sperienza degli stratagemi di guerra o del sito dell’assediata città o delle violenze di amore.
    Tanto mi è parso bene avvisarti o per tua chiarezza o per mia discolpa. Se il primo riflesso ti sembra ardito, accusa la mia imprudenza, se l’altro inutile, il mio timore. Sta’ sano.
 
 ARGOMENTO
 
    Gemea l’Italia sotto il tirannico impero del re de’ Goti Vitige. A liberarla da un sì barbaro giogo fu spedito dall’imperador Giustiniano il gran Belisario che in breve tempo, correndo di vittoria in vittoria, la rimise nello stato primiero di libertà e costrinse il tiranno Vitige a ricovrarsi per ultimo rifugio in Ravenna co’ miserabili avanzi del suo esercito, già in più battaglie sconfitto. Fu lungo e periglioso l’assedio; ma cedé alfine l’ostinazione de’ barbari alla virtù di Belisario. Espugnò egli Ravenna, prese Vitige; e con sì illustre trionfo si videro estinte le speranze de’ Goti ed all’Italia rassicurati i timori. Vitige ritrovò il suo vincitore sì generoso che fu costretto a confessarsi felice nelle sue perdite e nella corte dell’imperator Giustiniano onorato col titolo di consigliere e di senatore romano, conobbe aver ritrovato un miglior regno fra’ suoi nimici e più di grandezza fra i ceppi.
    Ora nel tempo che il suddetto Vitige reggea l’Italia con assoluto dominio, invaghissi egli di Elpidia, principessa di Puglia. Condottala seco in Roma le scoperse il suo fuoco e ne tentò lusinghiero e feroce gli affetti. Ma la costante principessa non allettarono i doni, non atterrirono le minacce; e vedendo che alfine l’amor del tiranno degenerava in furore ed il furore potea finire in violenze, secretamente fuggì da Roma e a Belisario ricorse che avea già fatti sentire i primi moti delle sue armi in Italia. Esso l’accolse magnanimo, l’assicurò di difesa e le offerse nel proprio campo un asilo. La bellezza d’Elpidia non andò guari che cagionò nell’esercito greco funesti effetti. I principali capitani se ne invaghirono e da questo amore nacquero discordie, gelosie, sedizioni. Belisario per acquietarne i tumulti, sentenziò, con l’assenso d’Elpidia che quello ne sarebbe lo sposo, il cui valore più di ogni altro si segnalasse nella guerra che avea intrapresa co’ Goti. Su questi fondamenti, tratti dal Sigonio e dal Trissino nel suo poema dell’Italia liberata, s’intreccia il dramma intitolato dall’azion principale I rivali generosi.
 
 ATTORI
 
 BELISARIO capitan generale di Giustiniano imperatore
 ORMONTE, OLINDO principi greci, rivali nell’amor di Elpidia
 ELPIDIA principessa di Puglia, amante di Olindo
 VITIGE re de’ Goti, amante di Elpidia
 ROSMILDA figlia di Vitige e poi amante di Ormonte
 ALARICO capitano de’ Goti, amante di Rosmilda
 
    La scena è intorno Ravenna.