Venceslao, Praga, Wickhatt, 1725

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Prigione orridissima.
 
 CASIMIRO, poi LUCINDA e VENCESLAO con guardie
 
 CASIMIRO
735Ove siete? Che fate,
 spirti di Casimiro? Io di re figlio?
 Io di più regni erede?
 Io tra lacci ristretto? Io ceppi al piede?
 
    Dure ritorte
740con braccio forte
 vi scuoterò,
 vi spezzerò.
 Vorrà il padre ch’io mora? Ahi, che farò?
 
 Crudele amor! Tu solo
745sei mia gran colpa. Oh di Erenice, oh troppo
 bellezze a me fatali, io vi detesto,
 per voi son fratricida,
 son misero, son reo; spergiuro ancora
 sono a colei che sì fedel m’adora.
 
750   Ombre squallide, furie di amor,
 su venite, tormentate,
 lacerate questo cor.
 
    Date morte... Ah no! Fermate
 e lasciate
755tanto solo a me di vita
 che dir possa sospirando:
  «Cara sposa fedele, io t’ho tradita».
 
 LUCINDA
 E tradita a te vengo.
 CASIMIRO
                                        Oh gran regina!
 Mio tesor dir non oso,
760mia Lucinda, mio ben, mia sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi.
 Leggo sulla tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia della mia morte e spettatrice.
765Di buon cor la ricevo;
 e la ricevo in pena
 di averti iniquo, o mia fedel, tradita;
 anzi la ria sentenza
 sul labro tuo morte non è ma vita.
 LUCINDA
770(Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgasi le ritorte. Il re lo impone.
 CASIMIRO
 Qual cangiamento?
 LUCINDA
                                      Attendi
 morte da me?
 CASIMIRO
                             Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                            Ingrato.
 CASIMIRO
775Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono;
 ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Casimiro, altra pena
780non chiedo a te che l’amor tuo. Contenta
 godo di perdonarti
 e la vendetta mia sia l’abbracciarti.
 Già de’ nostri sponsali
 ardon le sagre tede.
 CASIMIRO
                                       O gioia! O sorte!
785Me felice! Ti abbraccio.
 A DUE
 Né sciolga altri che morte un sì bel laccio .
 CASIMIRO
 
    Stringi.
 
 LUCINDA
 
                     Abbraccia.
 
 A DUE
 
                                           Questo petto.
 
 CASIMIRO
 
 Mio conforto.
 
 LUCINDA
 
                            Mio diletto.
 
 A DUE
 
 E saprai che sia goder.
 
 VENCESLAO
790Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Allor che morte attendi,
 agli imenei t’invitto e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 CASIMIRO
                                           Ed è pur vero
 che sì tosto si cangi il mio destino?
795Dovea morire.
 VENCESLAO
                              Eh! Lascia
 la memoria funesta.
 Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO, LUCINDA A DUE
 Oh delizie, o contenti.
 O ben sofferti alfin pene e tormenti!
 VENCESLAO
800Figlio, con questa gemma
 conferma a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
 te la confermi il core.
 LUCINDA
 Mio tesoro.
 CASIMIRO
                        Mio ben.
 A DUE
                                           Mio dolce amore.
 VENCESLAO
805Sposi, sì casti amplessi
 lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
 padre mi fosti.
 LUCINDA
                              E vita
 ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
 all’onor tuo si è sodisfatto?
 LUCINDA
                                                   Appieno.
 VENCESLAO
810Sei paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Paga è Lucinda
 or che la fé serbai?
 LUCINDA
815Sì, eccelso re.
 VENCESLAO
                            Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                                                         Padre.
 VENCESLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai. (Entra)
 
 SCENA II
 
 LUCINDA e CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai! Spietato
 giudice, iniquo re! Ma tu che fai,
820che non ti scuoti? Udisti
 d’un tiranno il comando e soffri? E taci?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far, che dir poss’io? Misera sposa!
 Ti compiango. Sei giunta
825a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
 Morir? Guerrieri ho meco, ho meco ardire
 per eccitar ne’ popoli lo sdegno,
 per suscitar ira e furor nel regno.
 
830   E se teco io non vivrò,
 teco, o sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 che esser può mio delito e tuo periglio.
 Il re è mio padre; io son vassalo e figlio.
 LUCINDA
835Vassalo e figlio? Dunque
 al comando crudel va’, piega il collo
 alla scure fatal; ma sappi ch’io
 caderò estinta pur del braccio mio.
 Tu impalidisci? Il mio morir tu temi
840né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di cor; e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
 che ti chiedo morendo. Addio, mia sposa,
 tolerar più non posso
845la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
 se più ti miro, o mia diletta, a morte.
 
    Sposa diletta, io parto,
 non so se più se rivedremo. Addio.
 
    Non so se quest’amplesso
850sia l’ultimo per me,
 almen ti prego addesso
 in pegno di mia fé
 conservami quel cor che pure è mio.
 
 SCENA III
 
 LUCINDA sola
 
 LUCINDA
 Sposo, tu parti? Oh miserabil sposo!
855Più non ti rivedrò. Barbaro padre!
 Ingiustissimi numi!
 Su, lagrime, corrette a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui il pianto? All’armi, all’armi.
 Tutto ardisci, o Lucinda. Ecco già parmi
860di svenare il tiranno,
 di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori di ceppi... Ah! Dove son? Che parlo?
 
    Qual navicella
 nella procella
865dispero il porto,
 pavento il mar.
 
    E se il favore
 d’amica stella
 la pace in core
870non mi rappella,
 vince il timore
 di naufragar.
 
 SCENA IV
 
 Ritiro ameno.
 
 ERNANDO ed ERENICE
 
 ERNANDO
 Tutta cinta è dal popolo feroce
 la sarmatica reggia. Ognun la vita
875chiede di Casimiro.
 Generosa Erenice,
 perdona al prence, anzi perdona, o bella,
 alla patria, al monarca, alla tua gloria;
 con sì nobil vendetta
880meglio tu placherai l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono, Ernando?
 ERNANDO
 Sì, vanne al re pietosa e al figlio implora
 al reggio piè...
 ERENICE
                             Vuo’ pensar meglio ancora. (Parte)
 ERNANDO
 
    Stelle, voi che de’ regnanti
885date moto alle vicende,
 su noi placide girate.
 
    Di rea Cloto il fiero sdegno,
 che minaccia il rege e ’l regno,
 stelle amiche omai temprate.
 
 SCENA V
 
 VENCESLAO con guardie va a sedere e poi vien CASIMIRO
 
 VENCESLAO
890A me guidisi il figlio.
 Giorno, oh quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Oggi nacqui alla luce;
 oggi moro ne’ figli. Itene e i lieti
895apparati d’amor cangiate, o amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Venceslao, più genitor non sono.
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
 incerto fra la vita e fra la morte,
900eccomi.
 VENCESLAO
                  Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
 Nelle tue mani è il mio destin.
 VENCESLAO
                                                          Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VENCESLAO
 Cieco rotasti il ferro.
 CASIMIRO
                                        E fui spietato.
 VENCESLAO
905Alessandro uccidisti.
 CASIMIRO
                                         Il mio germano.
 VENCESLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
 E del colpo l’error fu più delitto.
 VENCESLAO
 Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire.
 Se discolpe cercassi, io sarei ingiusto.
910Sarò più reo, perché tu sia più giusto.
 VENCESLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
 Re, padre.
 VENCESLAO
                      E prendi in questo
 l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo?
 VENCESLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VENCESLAO
915Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove, signore?
 VENCESLAO
                                                               A morte.
 CASIMIRO
 A morte?
 VENCESLAO
                     Sì, ma vanne
 non reo ma generoso. Un cor vi porta
 degno di re che non immiti il mio.
 A me sol lascia i pianti, a me i dolori;
920figlio mi abbraccia; addio. Vattene e muori.
 CASIMIRO
 
    Vado costante a morte,
 conservami tu solo
 la sposa mia fedel.
 
    Pensando al suo gran duolo,
925sento il mio cor men forte,
 più il mio destin crudel.
 
 SCENA VI
 
 VENCESLAO, poi ERENICE
 
 VENCESLAO
 Importuno dover, quanto mi costi!
 Esser non posso al figlio
 e buon padre e buon giudice.
 ERENICE
                                                        Signore,
930vengo...
 VENCESLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
 del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te della vendetta
 debitor più non sono;
 il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
935E te ne assolve ancora
 la mia pietà.
 VENCESLAO
                          Se restano impunite,
 passan le colpe in legge
 e non le teme il volgo,
 se l’esempio del re non le corregge.
 
 SCENA VII
 
 ERNANDO fretoloso e detti
 
 ERNANDO
940Presto, signor, cingi lorica ed elmo.
 VENCESLAO
 Che fia, Ernando?
 ERENICE
                                    Che avenne?
 ERNANDO
                                                              Il prence, oh dei!...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii d’esser padre.
 GISMONDO
                                            Ah! Se riparo
 tu non cerchi al periglio,
945la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
 fuggati i suoi custodi, al suol gittati
950i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 VENCESLAO
 Sì sì, Lucinda, popoli, Erenice,
 dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso.
955Seguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
    L’arte, sì, del ben regnar
960da me il mondo apprenderà.
 
    E vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà!
 
 SCENA VIII
 
 ERENICE
 
 ERENICE
 Che sarà, o del mio sposo
 adorata memoria?
965Non per viltà ma perdonai per gloria.
 
    Può languir l’ira nel petto,
 può cessar ogn’altro affetto
 ma l’amor non languirà.
 
    Del perduto mio diletto
970nella dolce rimembranza
 per trofeo di sua costanza
 l’alma lieta goderà.
 
 SCENA IX
 
 Luogo magnifico con trono reale.
 
 Poi VENCESLAO e tutti, CASIMIRO, LUCINDA, popoli e soldati
 
 CASIMIRO
 Sì, del padre alle piante
 vado a morir; giusto non è ch’io viva.
 LUCINDA
975No, viva Casimiro.
 CORO
                                     Viva, viva.
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda,
 qual zelo v’arma? Qual furor vi muove?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Nol deggio.
980Traetemi al supplizio; e quando ancora
 v’è chi s’opponga, questo,
 sì, questo acciar traffiggerammi; in pena
 del mio, del vostro eccesso
 io ’l carnefice sol sarò a me stesso.
 VENCESLAO
985Ed è vero? E lo veggo?
 CASIMIRO
 Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi e piego il capo.
 In me le leggi adempi;
 in me punisci il fallo;
990frattricida infelice io morir posso,
 non mai figlio rubbel, non reo vassallo.
 VENCESLAO
 Popoli, un frattricida
 punir si dee nel figlio. Il condanni;
 re non padre la legge
995mi ritrovò. Voi nol volete? Ed ora
 padre, non re mi troverà natura.
 Figlio, t’accosta.
 CASIMIRO
                                Al soglio
 piego umil le ginochia.
 VENCESLAO
                                            Un atto grande
 qual re avesti, o Polonia, ora t’insegni.
1000Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni. (Leva il berettone a Casimiro e li pone la corona)
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VENCESLAO
                                Conviene
 far cader la tua testa o coronarla.
 La corona a te cedo. Or sei sovrano
 e assolverti potrai con la tua mano.
 LUCINDA
1005Gioie, non mi opprimete.
 CASIMIRO
                                                 Io la corona
 da te ricevo in dono;
 le leggi tue publicherò dal trono.
 Sia di Ernando Erenice e te, mia sposa,
 lieto al mio sen t’annodo.
 LUCINDA, ERNANDO A DUE
1010Parmi affani sognar, mentre che godo.
 Nel tuo giubilo, o patria, esulto e godo.
 VENCESLAO
 Figlio, sul trono ascendi
 e le festive pompe,
 destinate per me, sieno tue glorie.
1015Oggi per te rinasco; oggi più degno
 principio e nuova vita e nuovo regno.
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
 nostro duce e nostro re;
 
    te si unisca a far beato
1020tempo e sorte, amor e fé.
 
 Fine