Venceslao, Vienna, partitura (Il Venceslao)

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
560Sommi dei, menti eterne,
 da’ voti miei tanto stancati e tanto
 da l’infedel mio sposo
 spergiurati e scherniti,
 se mai su l’are vostre
565vittime elette i’ fei cader, se a voi
 giunser mai con gl’incensi
 gl’innocenti miei prieghi, a me volgete
 raggi propizi e in questa
 fatal temuta arena
570finite la mia vita o la mia pena.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Impazienza ed ira
 ben qui ti trasse frettoloso.
 LUCINDA
                                                   Sono
 anche i più brevi indugi,
 a chi anela vendetta, ore di pena.
 VENCESLAO
575Stranier, cadente è ’l sole; e meglio fora
 sospender l’armi al dì venturo.
 LUCINDA
                                                          Al giorno
 tanto anche avanza, onde finir la pugna.
 Giudice e re tu stesso
 l’ora assegnasti e ’l campo. Ed or paventi?
 VENCESLAO
580Pugnisi pur. Non entran nel mio core
 deboli affetti e n’è viltà sbandita;
 e se ora temo, temo
 l’innocenza del figlio e non la vita.
 
 SCENA III
 
 CASIMIRO e detti
 
 CASIMIRO
 E vita ed innocenza
585affidata al mio braccio è già sicura.
 LUCINDA
 Impotente è l’audacia in alma impura. (Segue subito)
 VENCESLAO
 
    Se errasti, o figlio,
 il tuo periglioglio
 sta nel tuo cor.
 
590   Non del guerriero
 l’acciaro invitto
 ma ’l tuo delitto
 ti dia timor.
 
 SCENA IV
 
 LUCINDA, CASIMIRO, poi VINCISLAO
 
 LUCINDA
 O tu, che ancor non veggio
595qual ti deggia chiamar, nemico o amico,
 possibil fia che espor tu voglia al fiero
 sanguinoso cimento e fama e vita?
 E ingiusto sosterrai la tua mentita?
 Dimmi, di’, Casimiro.
600Tu non vergasti il foglio? Ignoto forse
 t’è di Lucinda il nome?
 Fede non le giurasti?
 Sposa non l’abbracciasti? E dir tu ’l puoi?
 Tu sostener? Scuotiti alfin. Ritorna
605la perduta ragion. Già per mia bocca
 l’amorosa Lucinda or sì ti dice. (Segue subito)
 
    Cara parte parte di quest’alma,
 torna, torna a consolarmi.
 Sposo amato...
 
 CASIMIRO
 
                              All’armi, a l’armi.
 
 LUCINDA
 
610   Traditore, più che amore
 brami piaghe e vuoi svenarmi?
 
 CASIMIRO
 
 A l’armi, a l’armi.
 
 LUCINDA
 Dunque a l’armi, o spergiuro,
 sieguasi il tuo furor.
 CASIMIRO
                                        Sei tu quel forte
615campion che a darmi morte
 sin dal ciel lituan teco traesti,
 sostenitor feroce
 de l’onor di Lucinda?
 LUCINDA
 Io quegli sono; e meco
620ho la ragion de l’armi,
 meco i numi traditi,
 l’onestà vilipesa, i tuoi spergiuri.
 Su, strigni il ferro; e temi
 le piaghe che ricevi
625ma più quelle che fai. Più del tuo sangue,
 temi il mio sangue e sia
 il tuo rischio maggior la morte mia.
 Ma che dissi mia morte?
 La tua, la tua vogl’io. Perfido, a l’armi.
630Ben saprà questo acciaro
 a quel core infedel farsi la strada.
 CASIMIRO
 (Io volgerò contro costei la spada?)
 LUCINDA
 Invan. Da questo campo ad armi asciutte
 non uscirem.
 CASIMIRO
                           (Corre a l’occaso il sole
635e in braccio d’Erenice Ernando è atteso).
 LUCINDA
 Che fai? Che miri? Omai
 o ti difendi o ti trafiggo inerme.
 CASIMIRO
 Pugnasi al nuovo giorno.
 LUCINDA
 No no, pugna or volesti, or pugna, or voglio.
640Tu dei cadervi od io.
 CASIMIRO
 Tolgasi questo inciampo a l’amor mio.
 Sei vinto; ed è ’l tuo torto
 chiaro agli occhi del padre, a quei del mondo.
 LUCINDA
 Hai vinto, o vile. Aggiugni a la tua gloria
645questo nuovo trofeo,
 l’aver vibrato in sen di donna il ferro,
 l’averla vinta. Resta
 la morte sua. Che badi?
 CASIMIRO
 Tu donna?
 LUCINDA
                       E ancor t’infingi? Or via, mi svena.
650Questo de’ tuoi misfatti
 sarà il minor, l’aver Lucinda uccisa,
 doppo averla tradita;
 e fia poca fierezza,
 doppo tolto l’onor, torle la vita.
 CASIMIRO
655Padre, già ’l dissi. Un mentitore è desso.
 Mentì già ’l grado ed or mentisce il sesso.
 Questa non è Lucinda. In tali spoglie
 non si ascondon regine.
 Femine nate al trono
660non cimentan la vita.
 Non sei Lucinda, no. Confuso e vinto,
 pien di scorno e di duolo
 rimanti. (Il padre viene e a lui m’involo).
 
 SCENA V
 
 VENCESLAO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 (Fugge la mia presenza
665il colpevole figlio).
 Col celarmi il tuo grado e la tua sorte
 mi offendesti, o regina.
 LUCINDA
 A che scoprirla, o sire,
 quando dovrei sino a me stessa ignota
670nel più profondo orrore
 seppellir la mia pena e ’l mio rossore?
 VENCESLAO
 Il poter di monarca,
 l’autorità di padre
 sul cor del figlio a tuo favore impegno.
675Ne la ragion confida,
 ne l’amor nostro e raserena il ciglio.
 Sarà tuo sposo o non sarà mio figlio.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Lusinghiamoci ancora
 né disperiam, teneri affetti. L’alma
680del tuo piacer riempi,
 speranze adulatrici;
 e vieni il dolor mio
 di letargo a coprir, se non d’oblio.
 
    Egra e languente
685sta a cielo ardente
 la porporina
 de’ fior regina;
 ma al fresco umore
 del primo albore
690ripiglia e spiega
 la sua beltà.
 
   Anche in ristoro
 del tuo martoro,
 cor mio, sen viene
695l’amica spene;
 e al leggiadretto
 suo dolce aspetto
 in te più ardito
 l’amor si fa.
 
 SCENA VII
 
 Stanza.
 
 GISMONDO, poi VENCESLAO
 
 GISMONDO
700La notte avanza; e Casimiro, ah! solo
 col suo furor rimase,
 torbido, minaccioso
 e rivale e geloso.
 VENCESLAO
 Gismondo, ov’è ’l mio figlio?
 GISMONDO
705Io qui l’attendo.
 VENCESLAO
                                O dio! L’alma presaga
 m’è di sventure e per Ernando temo.
 GISMONDO
 (Ancor non vien).
 VENCESLAO
                                   Gismondo,
 chiamisi tosto il duce Ernando.
 GISMONDO
                                                           Al cenno
 affretto il piè veloce.
710(Temo anch’io l’ire d’un amor feroce).
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO, poi CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 E pur cresce nel seno
 e l’affanno e ’l timor. Qual notte è questa
 in cui sognansi orrori ad occhi aperti?
 Cor di re, cor di padre,
715quale acciar ti trafigge? E qual gran male
 tutto gelar fa ne le vene il sangue?
 Il supplicio de’ rei
 prova quest’alma. In che vi offesi, o dei?
 CASIMIRO
 
    Dolci brame di vendetta
720già la vittima cadé.
 
 VENCESLAO
 Sparrite, o de la mente
 torbide larve... Figlio...
 CASIMIRO
                                            Padre... O stelle!
 VENCESLAO
 Che acciaro è quel? Che sangue
 ne stilla ancor? Qual colpo
725mediti? E qual facesti?
 Che orror? Che turbamento
 ti sparge il volto?
 CASIMIRO
                                  (Ahi! Che dirò?)
 VENCESLAO
                                                                   Rispondi.
 CASIMIRO
 Signor...
 VENCESLAO
                   Parla.
 CASIMIRO
                                Poc’anzi...
 andai... Venni... Lo sdegno...
730L’amor... L’una ne l’altra
 mancan le voci. Attonito rispondo;
 nulla, o padre, dir posso e mi confondo.
 VENCESLAO
 Gran timido è gran reo.
 Errasti, il veggo, e gravemente errasti.
735Ragion mi rendi ah! di quel sangue.
 CASIMIRO
                                                                    Questo,
 prepara pur contra il mio sen, prepara
 le più atroci vendette,
 questo... il dirò... del mio rivale è sangue,
 sangue è di Ernando.
 VENCESLAO
                                          O dio!
740Ernando è morto?
 CASIMIRO
                                    Ed io,
 io ne fui l’omicida. Io ragion n’ebbi.
 VENCESLAO
 Di svenarmi in quel core
 ragione avesti? Barbaro, spietato,
 tu pur morrai. Vendicherò...
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO e i suddetti
 
 ERNANDO
                                                      A’ tuoi cenni
745qui pronto...
 VENCESLAO
                          Ernando vive? Ernando amico.
 CASIMIRO
 Vive il rival? Voi m’ingannate, o lumi?
 O tu, man, mi tradisti?
 VENCESLAO
 Ma nol dicesti, o figlio,
 poc’anzi estinto?
 CASIMIRO
                                  (Io son confuso).
 VENCESLAO
                                                                   Ah! Duce,
750io moria per dolor de la tua morte.
 ERNANDO
 Io morto? Ho vita, ho spirto
 ma per versarlo in tuo servigio, o sire.
 Così Ernando, così dee sol morire.
 VENCESLAO
 So la tua fede.
 CASIMIRO
                             (O ferro!
755In qual seno t’immersi?
 Qual misero svenai! Cieli perversi!)
 
 SCENA X
 
 ERENICE e i suddetti
 
 ERENICE
 Signor, che il tuo potere
 fra giustizia e pietà libri egualmente,
 difensor de le leggi,
760scudo de l’innocenza,
 giusto re, giusto padre, ecco a’ tuoi piedi,
 principessa dolente,
 chieggo la mia vendetta,
 chieggo la tua. Lagrime chieggo e sangue.
765Ti vo’ giudice e padre. Ah! Rendi al mondo,
 a pro del giusto ed a terror de l’empio,
 di virtù, di fortezza un raro esempio.
 VENCESLAO
 Sorgi, Erenice, e la vendetta attendi
 che il tuo dolor mi chiede.
 ERENICE
770Qual io sia, ben ti è noto.
 VENCESLAO
                                                A’ tuoi grand’avi
 quel diadema ch’io cingo ornò le tempia.
 ERENICE
 Senza offenderti, o sire,
 amar potea l’un de’ tuoi figli?
 VENCESLAO
                                                        Amore
 non è mai colpa, ove l’oggetto è pari.
 ERENICE
775Del pari ambo i tuoi figli
 per me avvampar. Ma ’l foco
 fu senso in Casimiro,
 fu virtù in Alessandro.
 Piacque il pudico amante, odiai l’impuro.
780Amor, che strinse i cori,
 strinse le destre; e fu segreto il nodo
 per tema del rival, non per tua offesa.
 CASIMIRO
 (Mio rivale il germano?)
 ERENICE
 Io questa notte i primi
785coniugali suoi baci
 coglier dovea. L’ora vicina e d’ombra
 sparso era il ciel, quand’egli
 ne’ tetti miei, su le mie soglie e quasi
 sugli occhi miei trafitto... Ahimè!... Perdona.
 VENCESLAO
790Come? Morto è Alessandro?
 ERNANDO
 (Misero prence!)
 CASIMIRO
                                  (O cieco
 furor, dove m’hai tratto? Io fratricida?)
 ERENICE
 Sì. Morto è l’infelice; e tosto ch’io
 ti miri vendicata,
795ti seguirò agli Elisi, ombra adorata.
 VENCESLAO
 S’agita al tribunal de la vendetta
 la mia, non la tua causa.
 Erenice, ove è ’l reo?
 ERENICE
                                         Quando tu ’l sappia,
 avrai cor di punirlo?
 VENCESLAO
800Sia qual si vuol, pronta è la scure; il capo
 vi perderà. Già data,
 data ho l’irrevocabile sentenza.
 Giustizia è l’ira ed il rigor clemenza.
 ERENICE
 Non tel dica Erenice. Il cor tel dica,
805tel dica il guardo. Hai l’uccisor presente.
 Quell’orror, quel pallore,
 quegli occhi a terra fisi,
 quel stupor, quel silenzio e più di tutto
 quel ferro ancor spumante
810de la strage fraterna a te già grida
 che un figlio del tuo figlio è l’omicida.
 VENCESLAO
 (Già cedo al nuovo affanno).
 CASIMIRO
                                                      (O destra! O ferro!)
 ERNANDO
 (Miserabile padre!)
 ERENICE
 Casimiro l’uccise. Ei fece un colpo
815degno di lui. Se nol punisci, o sire,
 avido ancor di sangue
 verrà quello a votar che hai ne le vene.
 L’uccisor di un fratello
 esserlo può del padre.
820Vendetta, o re, vendetta
 di te, di me. Ragion, natura, amore
 la dimanda al tuo core.
 Se re, se padre a me negar la puoi,
 numi del cielo, a voi l’imploro, a voi.
 VENCESLAO
825Parla. Le tue discolpe
 giudice attendo.
 CASIMIRO
                                 Il ciel volesse, o sire,
 che del misfatto enorme,
 come n’è ’l cor, fosse innocente il braccio.
 Son reo; son fratricida;
830non ho discolpe; il mio supplicio è giusto.
 Io stesso mi condanno, io stesso abborro
 questa vita infelice,
 dal mio re condannata e da Erenice.
 VENCESLAO
 Va’, principessa, ed a me lascia il peso
835de la comun vendetta.
 ERENICE
 Destra real, ti bacio;
 e ’l misero amor mio da te l’aspetta. (Segue aria)
 
    Ricordati che padre
 tu sei ma tutto amor
840del figlio esangue.
 
    Contenta alor morrò
 che ’l ferro scorgerò,
 del barbaro uccisor
 tinto nel sangue.
 
 SCENA XI
 
 VENCESLAO, CASIMIRO, ERNANDO, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
845Reo convinto, la spada
 deponi, o Casimiro.
 CASIMIRO
 La spada?
 VENCESLAO
                      Sì. Ubbidisci.
 CASIMIRO
 Eccola, o re. (Già ’l core
 dispongo a sofferir mali più atroci).
 ERNANDO
850(Qual raggio a noi volgeste, astri feroci?)
 VENCESLAO
 Gismondo.
 GISMONDO
                        Mio signor.
 VENCESLAO
                                               Sia custodito
 nella vicina torre
 prigione il prence.
 GISMONDO
                                     Eseguirò fedele.
 VENCESLAO
 Tu colà attendi il tuo destino.
 CASIMIRO
                                                       Offeso
855orché deggio lasciarti,
 già sento in me la sua fierezza.
 VENCESLAO
                                                          Parti. (Segue aria)
 CASIMIRO
 
    Da te parto e parto afflitto,
 o mio giudice, o mio re,
 dir volea mio genitor.
 
860   Ma poi tacqui il dolce nome
 che più aggrava il mio delitto
 e più accresce il tuo dolor.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, ERNANDO, poi LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Non son più padre, Ernando. Un colpo solo
 mi privò di due figli.
 ERNANDO
865Casimiro ancor vive.
 VENCESLAO
 Chi è vicino a morir già quasi è morto.
 ERNANDO
 Un padre re può ben salvar un figlio.
 VENCESLAO
 Se ’l danna il re, non può salvarlo il padre.
 ERNANDO
 Dunque il prence condanni?
 VENCESLAO
870Il sangue del fratel chiede il suo sangue.
 ERNANDO
 È tuo figlio.
 VENCESLAO
                         Ma reo.
 ERNANDO
                                          Natura offendi,
 se vibri il colpo.
 VENCESLAO
                                E se nol vibro, il cielo.
 Morirà Casimiro.
 LUCINDA
                                   (O dio! Purtroppo
 il suo periglio è certo).
 VENCESLAO
875(Lungi, o teneri affetti).
 Tu va’ mio nuncio a lui, digli che forte
 nel dì venturo ei si disponga a morte.
 
 SCENA XIII
 
 LUCINDA, VENCESLAO, ERNANDO
 
 LUCINDA
 Nel dì venturo a morte?
 Perdona, o re, di Casimiro il capo
880con l’amor mio da le tue leggi esento.
 È re di Lituania.
 Tal lo dichiaro; e come re, né dee
 né può d’altro regnante esser soggetto
 al giudicio e a le leggi.
885Rispetta il grado e ’l tuo rigor correggi.
 VENCESLAO
 In commetter la colpa
 re Casimiro ancor non era. Egli era
 mio suddito e mio figlio.
 Tal lo condanno. Il grado, a cui lo innalzi,
890lo trova reo; nel suo delitto il trova
 suddito de le leggi.
 Rispetta il giusto e l’amor tuo correggi.
 LUCINDA
 Misero Casimiro!
 Venceslao vive e tu perdesti il padre.
895Più misera Lucinda!
 Muore il tuo sposo e ’l tuo rossor più vive.
 Cotesta, o re, cotesta è la tua fede?
 Così mi sposi al figlio?
 Così l’onor mi rendi?
900O dal figlio e dal padre,
 o due volte ingannata alma meschina!
 VENCESLAO
 (De la real promessa
 or mi sovvien. Che ella si adempia è forza.
 Ma la giustizia offesa? Il giuramento?
905Mora il reo figlio, mora).
 ERNANDO
                                                (O dei! Che pensa!)
 VENCESLAO
 (Ma s’ei muore, Lucinda
 vivrà disonorata
 per mia cagion?)
 LUCINDA
                                  Spenta è per me pietade?
 VENCESLAO
 Regina, il pianto affrena.
910A l’onor tuo soddisfarassi. Ernando.
 ERNANDO
 Sire.
 VENCESLAO
             Dal duro ufficio
 già ti dispenso.
 ERNANDO
                               Io l’ubbidia con pena.
 LUCINDA
 (Mio cor, respira).
 VENCESLAO
                                     Or vanne
 al colpevole figlio; e fa’ che sciolto
915là sia condotto ove la gioia ha in uso
 di festeggiar le regie nozze.
 LUCINDA
                                                    Ah! Sire,
 a l’amor mio permetti
 che nuncia io sia del lieto avviso al prence.
 VENCESLAO
 Ti si compiaccia. Andiamo.
920Darò i cenni opportuni, onde a te s’apra
 ne la torre l’ingresso.
 LUCINDA
 Ma se ’l prence al mio amore
 persiste ingrato...
 VENCESLAO
                                   Eh! Non temer. Regina,
 sarai sua sposa e serberò la fede.
 LUCINDA
925Lieta gode quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 
    Sì sì, godi che il dolce tuo spososo
 potrai lieta nel seno abbracciar.
 
    Quella fede, che diedi pietoso,
 giusto ancora potrò conservar.
 
 LUCINDA
 
930   Sì sì, godo se trovo quel bene
 che soave la vita mi fa.
 
    In me torna la gioia e la spene,
 se in te amore ritorna e pietà.
 
 SCENA XIV
 
 ERNANDO
 
 ERNANDO
 Di così strani casi
935il fin qual fia? Sarà pietoso o giusto
 il real genitore?
 Temo ancor la pietà di quel gran core.
 Ma tu che pensi, Ernando? Vendicarti?
 Vendicare l’amico ed Erenice?
940No no, più generoso
 ti voglio, Ernando. A preservar si attenda
 l’erede a la corona, il figlio al padre.
 A l’ombra di Alessandro
 diam lagrime e non sangue. Andiam gli sdegni
945a placar di Erenice.
 In sì nobili sensi
 l’alma s’impieghi e a l’amor suo non pensi.
 
    Speranze più liete,
 lontane da me.
 
950   In alma costante
 offender potete
 la gloria di amante,
 di amico la fé.
 
 Fine dell’atto terzo