Venceslao, Monaco, Straub, 1725

 ATTO QUARTO
 
 Viale di verdura contiguo agl’appartamenti di Erenice, con urna sepolcrale nel mezzo che si va fabricando da scultori, i quali intrecciano il ballo.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
1035Urna, che del mio sposo
 chiuder dovrai le ceneri adorate,
 in quei pallidi marmi
 non ben mi piaci. Ancora
 ti manca il più bel fregio. Il cor ti manca
1040di Casimiro. Io vel porrò. Lo attendi
 da un amor disperato.
 Tinto poi di quell’ostro
 il tuo pallido orror sarà più grato.
 
 SCENA II
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERNANDO
 Principessa, a te viene
1045un amico, un amante
 ad unir le sue pene al tuo dolore.
 ERENICE
 Di vendetta si parli e non d’amore.
 ERNANDO
 Vendetta, sì, vendetta
 anch’io voglio, anch’io giuro. (Si accosta all’urna e snuda la spada)
1050O tu che sanguinosa
 qui d’intorno ti aggiri, ombra insepolta,
 tu ricevi i miei voti e tu gl’ascolta.
 
    Lo sdegno e ’l brando
 l’amico Ernando
1055consacra a te.
 
 ERENICE
 Quanto mi piace l’odio tuo!
 ERNANDO
                                                    Lo irrita
 amor nel tuo dolore.
 ERENICE
 E pur ritorni a ragionar di amore.
 ERNANDO
 Amor che non offende
1060né la tua fé né l’amistà di Ernando
 non può irritarti. I mali tuoi nol fanno
 più ardito e baldanzoso. Egli è ben forte
 ma disperato.
 ERENICE
                             E s’egli è tal, l’accetto.
 Disperato è anche il mio.
 ERNANDO
                                                Tale il prometto.
 ERENICE
1065Ti ricevo or compagno
 nel mio furore.
 ERNANDO
                               Andiamo. Io più di un seno
 ti additerò dove infierire.
 ERENICE
                                                 Andiamo.
 Ma tua sola mercede
 fia ch’Erenice a l’amor tuo dà fede.
 ERNANDO
 
1070   Impara da quest’alma
 a sospirar ridendo,
 a lusingar gemendo
 la gioia del dolor.
 
    Spesso l’acceso affanno
1075se non appar sul viso,
 si placa anco nel cor.
 
 SCENA III
 
 Sala.
 
 VENCESLAO con guardie, poi GISMONDO
 
 VENCESLAO
 Nozze più strane e meno attese e quando,
 Polonia, udisti? Onor le chiede. Impegno
 le stringe e questa reggia
1080ne serve a l’apparato e le festeggia.
 Ma...
 GISMONDO
             Si avanza a’ tuoi cenni
 la regal coppia.
 VENCESLAO
                               Venga.
 Tu ciò che imposi ad affrettar t’invia.
 Al principio de l’opra
1085ben corrisponda il fin.
 GISMONDO
                                           Strane vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO, LUCINDA e VENCESLAO
 
 CASIMIRO
 De’ più illustri sponsali
 questa è la reggia.
 LUCINDA
                                    E qui ti attende il padre.
 VENCESLAO
 Figlio, in onta a tue colpe
1090son padre ancora. Alor che morte attendi,
 agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 Tutt’altro oggi attendevi,
 fuor che un tal dono. Abbilo a grado. Il chiede
1095tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
 (Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh, come
 è possibile, o padre,
 che sì tosto si cangi
 la sorte mia? Dovea morire...
 VENCESLAO
                                                       Eh, lascia
1100la memoria funesta.
 Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più de la vita
 m’è ’l dono tuo. Lo accetto
 non perché tu ma perché amor lo impone;
1105e a la bella Lucinda
 non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VENCESLAO
                                         Or questa gemma (Dà un anello a Casimiro che poi con esso sposa Lucinda)
 confermi a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
1110te la confermi il core.
 LUCINDA
 Mio tesoro.
 CASIMIRO
                        Mio ben.
 A DUE
                                           Mio dolce amore.
 VENCESLAO
 Sposi, sì casti amplessi
 lasciar si denno in libertà.
 CASIMIRO
                                                  Due volte
 mi fosti padre.
 LUCINDA
                              E vita
1115ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
 a l’onor tuo si è soddisfatto?
 LUCINDA
                                                     Appieno.
 VENCESLAO
 Se’ paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
1120La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
 qui far mi resta, or che la fé serbai.
 Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VENCESLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA V
 
 LUCINDA, CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
1125Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
1130Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 E tu, che fai? Che non ti scuoti? Il cenno
 udisti di un tiranno e non di un padre.
 Carnefice vuol torti
 la vita che ti diede e romper tutti
1135gli ordini di giustizia e di natura.
 Né ti risenti? E soffri
 attonito la tua, la mia sciagura?
 CASIMIRO
 Lucinda, anima mia,
 che far? Che dir poss’io? Veggio i miei mali
1140e so di meritarli.
 Penso al tuo duolo e ti compiango. O sposa,
 misera sposa! giunta
 a vederti tradire,
 a vedermi morire.
 LUCINDA
1145Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri; ho meco ardire; ho meco
 amor, sangue, ragione.
1150Ecciterò ne’ popoli lo sdegno;
 empierò d’ire il regno,
 di tumulto la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
1155teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
 ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, se’ sposo ancora.
1160Serbi il nome di figlio a chi ti uccide,
 nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
 Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro; io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante;
1165e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur, ti è cara, il veggio,
 la morte tua. Vanne, l’incontra; a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò. Mi avrai ben tosto
1170dal ferro uccisa o dal dolor. Tu piangi?
 Tu impallidisci? Il mio morir tu temi?
 Né temi il tuo? Che pietà è questa? Priva
 mi vuoi d’alma e di core e vuoi ch’io viva?
 CASIMIRO
 Sì, vivi. Il dono è questo
1175che ti chiedo in morendo. Addio, mia sposa,
 degna di miglior sorte
 e di sposo miglior.
 LUCINDA
                                     Tu parti?
 CASIMIRO
                                                         Addio.
 Tollerar più non posso
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte,
1180se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
 Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
1185Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
1190ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
 Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui il pianto? A l’armi, a l’armi.
1195Giacché tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
 di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
1200di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi dove son? Che parlo?
 
    Vaneggia la spene,
 delira l’affetto
 e intanto il mio bene
1205a morte sen va.
 
    Lo salvo pietosa,
 lo abbraccio amorosa
 e ancora ristretto
 fra ceppi egli sta.
 
 Fine dell’atto quarto