Venceslao, Parma, Rosati, 1724 (Il Venceslao)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza del real palazzo con veduta del fiume Vistula e della città di Cracovia.
 
 Si vede real galera, da cui al suono di militari strumenti sbarca ERNANDO con seguito di soldati e di schiavi, fra’ quali vedrassi alzato sopra d’un’asta il tronco teschio d’Adrasto, capo de’ rubelli moldavi, poi VENCESLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 
    Abbiam vinto; amico regno,
 n’è tuo frutto e gloria e pace.
 
    Del fellon superbo e fiero
 vedi il teschio, in suol straniero
5insepolto il busto giace.
 
 O del regno polono,
 del Boristene algente alto monarca,
 già il superbo moldavo
 morde i tuoi ceppi e ’l contumace Adrasto,
10de l’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto,
 là su l’Istro confessa
 ne le aperte sue piaghe il suo delitto.
 VENCESLAO
15Le tue vittorie, Ernando,
 degne de la tua fama e son maggiori
 del poter nostro. Hai vinto;
 vieni, onde al sen ti stringa,
 o forte del mio regno (Lo abbraccia)
20difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agli amplessi paterni, amico duce,
 un mio succeda.
 ERNANDO
                                 O sempre
 generoso Alessandro. (S’abbracciano)
 VENCESLAO
 Casimiro, e tu solo
25al vincitor nieghi gli applausi?
 CASIMIRO
                                                          Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            (Anzi rival mi sei).
 VENCESLAO
 Sinor sterili applausi
 diedi al valor d’Ernando. I suoi trionfi
30chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VENCESLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
 Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VENCESLAO
35Vil non fia ciò che puote
 gli affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor; sol per te chiedo. (Ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                               O amico. (Ad Ernando)
 ERNANDO
 Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor (non senza pena);
40tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo).
 VENCESLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
 Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo alla fede.
 VENCESLAO
45Favella.
 CASIMIRO
                  Ah! Più nol soffro.
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
 Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzerò le fiamme. Ama là dove
50non offendi il tuo prence; e se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in sen ascondere
 la fiamma del mio cor,
 io non potrò resistere
55all’aspro rio dolor.
 
    Eppur per non offenderti
 quest’anima sia vittima
 d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VENCESLAO, ALESSANDRO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Tu de l’amico Ernando
60siegui, Alessandro, le vestigia e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
 quaggiù, fuor che ’l suo re, fuor che gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gli aggiugni,
65in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tant’esporrò ma troppo altero sei.
 
 SCENA III
 
 VENCESLAO e CASIMIRO
 
 VENCESLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
 vuol privar te di un padre e me d’un figlio.
 CASIMIRO
70Del tuo poter, della mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
 ma che un servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’ei mi contenda e usurpi
75il possesso di un bene,
 nol soffrirò. Sento che m’empie un core,
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VENCESLAO
 Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor. Ma sappi intanto
80che un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che, prima che a te, fui padre al regno.
 
    Se vuoi dar legge al mondo,
 serba le leggi in te.
 
    Non sono gl’ostri o ’l trono
85ma ’l retto esempio e ’l giusto
 ciò che temuto e augusto
 rende a’ vassalli un re.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 GISMONDO
 Con avviso impensato
 t’inchino, o prence.
 CASIMIRO
                                      O mio fedel Gismondo.
 GISMONDO
90Del lituano scettro
 l’illustre principessa...
 CASIMIRO
 Che fia?
 GISMONDO
                   Colei che amasti allor che fummo
 stranieri in quella corte...
 CASIMIRO
 Rimembranze noiose!
 GISMONDO
95Lucinda...
 CASIMIRO
                      È morta forse?
 GISMONDO
 Gionta è poc’anzi.
 CASIMIRO
                                    O dei! Lucinda?
 GISMONDO
                                                                    Io stesso
 la vidi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi a canto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
100de l’amor mio, costei sen viene e seco
 avrà la fé giurata,
 i promessi imenei,
 chiamerà nel suo pianto uomini e dei.
 GISMONDO
 E tu?
 CASIMIRO
              Che far poss’io?
105Gli affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice.
 GISMONDO
 Vedi, ella viene.
 CASIMIRO
                                Osserverò s’è dessa.
 GISMONDO
 (Misera principessa!)
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo con seguito e detti
 
 LUCINDA
 
    Come di fronda in fronda
110l’aura spirando va,
 così di pena in pena
 il cor sen vola.
 
    S’un raggio in ciel balena
 di torbida pietà
115fugge e s’invola.
 
 CASIMIRO
 (Purtroppo, amico, è dessa). (In disparte)
 LUCINDA
                                                       In qual oggetto
 vi affissate, o miei lumi?
 GISMONDO
 (Già ci osservò).
 CASIMIRO
                                 (Finger mi giovi).
 LUCINDA
                                                                    (O numi).
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
120tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo a l’Orse algenti
 forte caggion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
125qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
 giammai non vidi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
130(Ah! Quasi dissi il fier destin d’amarti).
 CASIMIRO
 Qual t’appelli?
 LUCINDA
                              Lucindo.
 CASIMIRO
 L’ufficio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
 a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
135del lituano regno.
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 GISMONDO
                                 (O come è scaltra!)
 LUCINDA
                                                                      Io seco
 era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
 Giorno (ah giorno fatal!) che in voi si accese
140scambievol fiamma. Io seco
 alor che le giurasti eterno amore
 e sol fui testimon del suo rossore.
 (Fisso mi osserva). Ommai
 ti dovria sovvenir che in bianco foglio
145la marital tua fede,
 me presente, segnasti; e me presente,
 si strinse il sacro nodo.
 Ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
150pur due volte d’alora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera). E non ancora
 ti sovviene qual io sia,
 io che fui testimon de le sue pene,
155de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A cui favelli?
 LUCINDA
 Così m’impose il dirti
 la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottenner puoi da quel core,
160fa’ ch’io ’l sappia, onde fine
 abbia con la mia vita il mio dolore».
 GISMONDO
 (A lagrimar m’astrigne).
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 LUCINDA
                             (O son tradita o figne).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
165e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
    Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’;
 né cercar più di così.
 
170   Longo soggiorno
 ti sarà solo
 di pianto e duolo
 caggione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA e GISMONDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditor? Gismondo,
175Tu pur non mi ravvisi o te ne infigni?
 GISMONDO
 (Che le dirò). Signora,
 ben ti ravviso e ti ho pietade ancora.
 LUCINDA
 Dimmi, che sperar deggio?
 M’ha tradita ’l mio sposo o vuol tradirmi?
180Arde per altra o figne?
 Del mio fato il tenor svelami tu!
 GISMONDO
 Parti, o Lucinda, e non cercar di più.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
 Ch’io non cerchi di più? Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno;
185varcai provincie e mari,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
 Vo’ saperlo e pur temo
 che ’l saperlo mi sia cagion di pianto.
 
    Priva del suo compagno
190colomba afflitta e sola
 piagne, sospira e geme,
 geme ma si consola
 almeno con la speme
 ch’a lei ritornerà.
 
195   Misera, anch’io mi lagno
 priva del mio consorte
 né più sperar poss’io
 se non ch’un dì la sorte
 riunirmi a l’idol mio
200voglia per sua pietà.
 
 SCENA VIII
 
 Atrio corrispondente agli appartamenti di Erenice.
 
 ERENICE, ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERNANDO
 Bella Erenice.
 ERENICE
                             Invitto Ernando.
 ERNANDO
                                                              (O vista!)
 ERENICE
 A l’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
205Se voi lieti non rendo,
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
210nascose il foco e col mio labbro espose
 le sue fiamme amorose.
 L’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno.
215La Moldavia rubella
 mi assentò da la reggia. Io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande!
 ERNANDO
220Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro alora
 fremé, si oppose, minacciò. Compiacqui
 al suo furor, tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
225è comune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma qual è ’l tuo consiglio?
 ERNANDO
 Ne la vicina notte
 datevi fé di sposi.
 ALESSANDRO
                                   E poi?
 ERNANDO
                                                  Riparo
 n’avrà il fatto. Al mio consiglio, al nodo
230non disuguale, il padre
 darà l’assenso e del rival germano
 sarà impotente ogni furore e vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
 se tu vi assenti.
 ERENICE
                               Oh dio!
 ALESSANDRO
235Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 Questo mio così tosto esser felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo il grado mio.
 ALESSANDRO
                                          Prendi, mia vita,
 sposa mi sei. Ne l’atto sacro invoco
240l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco t’abbraccio.
 ERNANDO
                                                            Parti,
 pria che ’l german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
                                                                   Addio.
 Verrò cinto da l’ombre
 a darti il primo marital amplesso.
 ERNANDO
245(Io fui del mio morir fabbro a me stesso).
 ALESSANDRO
 
    Col pensier che mia tu sei,
 già contento il cor mi par.
 
    È sì dolce un tal momento
 che di morte anche il tormento
250è capace a consolar.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO, ERENICE, poi CASIMIRO e GISMONDO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso.
 Ma tu così pensoso? E che t’affligge?
 CASIMIRO
 Felici amanti, il mio
255importuno venir tosto non privi
 del piacer d’una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
 sugli occhi d’Erenice un mio comando.
 ERNANDO
260Qual fia?
 GISMONDO
                    (Fra sé che pensa?)
 CASIMIRO
 Da lei ch’adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perch’Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che pur tu ami, o prence,
265non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace.
 Ne l’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti. A troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di dar mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
270ti trasporta il tuo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio. Signor, per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Dentro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, ERENICE e GISMONDO
 
 GISMONDO
275Erenice offendesti. (A Casimiro)
 ERENICE
 Prence?
 CASIMIRO
                  Mia cara.
 ERENICE
                                      Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor di Ernando
 grave offesa è al tuo grado.
280L’amor di Casimiro
 più grave offesa è a l’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu se’ re.
 GISMONDO
 (Si vendica d’Ernando).
 CASIMIRO
 Tua beltade ha l’impero
285sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami?
 CASIMIRO
                                        Amore.
 ERENICE
290Quest’è ’l tuo sol desio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    S’ai mendaci ardori tuoi
 vai cercando fede e amore,
 fuor che quello del mio core
295puoi sperar ogn’altro amor.
 
    Sai che in me sperar tu puoi
 veder sempre l’alma mia
 disprezzar chi la desia
 tutt’accesa di furor.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO e GISMONDO
 
 CASIMIRO
300Amar puossi, Gismondo,
 beltà più ingiusta e più superba?
 GISMONDO
                                                               Prence,
 de l’ingrata Erenice
 si serve amor per gastigarti. Ei gode
 che tua pena ora sia l’altrui rigore.
 CASIMIRO
305Di qual fallo son reo?
 GISMONDO
                                         Lo sa ’l tuo core.
 CASIMIRO
 Che mai?
 GISMONDO
                     Spergiuri affetti,
 giuramenti negletti
 e promesse d’amor vane e fallaci,
 Lucinda amata e poi tradita...
 CASIMIRO
                                                        E si tacci.
 
310   Beltà, che più non piace,
 lasciar d’amar si può.
 
    Se ’l ciel in più sembianti
 i doni suoi versò,
 io perché ingiusto a tanti
315un sol ne adorerò?
 
 SCENA XII
 
 GISMONDO
 
 GISMONDO
 Infelice Lucinda, io ti compiango.
 Il tuo amor, la tua fede
 meritar ben dovea miglior mercede.
 
    Minor pena di un’alma fedele
320è l’amar un cor crudele
 che l’amarne un traditor.
 
    Il suo amor piagne sprezzata,
 ingannata, anche il suo onor.
 
 Fine dell’atto primo