Venceslao, Genova, Franchelli, 1717 (Il Venceslao)

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile che serve d’atrio alle prigioni.
 
 CASIMIRO solo
 
 CASIMIRO
 Ove siete, che fate,
 spirti di Casimiro?
 Io di re figlio, io di più regni erede,
890io tra’ marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 
 SCENA II
 
 GISMONDO, LUCINDA e CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 Lucinda a me? Per qual destino, oh dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
 Regina, dir non oso
895Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi.
 Leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
 nunzia della mia morte e spettatrice.
900Di buon cuor la ricevo;
 ma la ricevo in pena
 d’averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
 sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
905(Desta pietà).
 LUCINDA
                             (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                (Che cangiamento è questo?)
 LUCINDA
 Da me la morte attendi?
910Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato!
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor ma indegno
 di tua pietade io sono.
 Ed or, bella, a’ tuoi piedi
 chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
915Sì sì, vo’ che tua pena
 sia l’amor tuo, del primo
 tuo pianto io son contenta.
 Tua nemica non più ma sol tua sono,
 merti il mio perdonarti il tuo perdono.
 GISMONDO
920Prenci, v’attende il re, non più dimore.
 LUCINDA
 Plachi l’ire del padre il nostro amore.
 CASIMIRO
 Ah Lucinda, Lucinda.
 LUCINDA
                                          A che sospiri?
 CASIMIRO
 Presago il cor m’è di peggior martiri.
 LUCINDA
 
    Mio caro ben,
925non sospirar
 perché mi fai penar.
 
    Già sento che il tuo timore
 divien dolore
 di questo sen.
930Tu peni ma
 spera sì, caro,
 non sospirar.
 
 CASIMIRO
 
    Già sento che il gran tormento
 divien contento
935di questo sen.
 Io peno ma
 cara sì, sola
 mi puoi bear,
 mio dolce amor.
 
 LUCINDA
 
940   Mio caro ben.
 
 CASIMIRO
 
 Sospira il cor.
 
 LUCINDA
 
 Non sospirar.
 
 A DUE
 
 Perché mi fai penar.
 
 LUCINDA
 
    Tu peni ma
945spera sì, caro
 non sospirar.
 
 CASIMIRO
 
    Io peno ma
 cara sì, sola
 mi puoi bear.
 
 SCENA III
 
 Antisala reale.
 
 VENCESLAO con guardie, poi GISMONDO e poco doppo CASIMIRO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
950Nozze più strane e meno attese e quando,
 Polonia, udisti? Onor le chiede, impegno
 le stringe e questa reggia
 ne serve all’apparato e le festeggia.
 Ma...
 GISMONDO
             S’avvanza a’ cenni tuoi.
955la regal coppia.
 VENCESLAO
                               Venga.
 Tu ciò che imposi ad affretar t’invia.
 GISMONDO
 Insolite vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende.
 VENCESLAO
 Figlio, in onta a tue colpe
960son padre ancora. Allor che morte attendi,
 agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 Tutt’altro oggi attendevi
 fuor che un tal dono, abbilo a grado, il chiede
965tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
 (Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh, come
 è possibile, o padre,
 che sì tosto si cangi
 la sorte mia? Dovea morire.
 VENCESLAO
                                                     Eh, lascia
970la memoria funesta.
 Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più della vita
 m’è ’l dono tuo. Lo accetto,
 non perché tu ma perché amor lo impone
975e a la bella Lucinda
 non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VENCESLAO
                                         Or questa gemma
 confermi a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
980te la confermi il core.
 LUCINDA
 Mio tesoro.
 CASIMIRO
                        Mio ben.
 A DUE
                                           Mio dolce amore.
 
 CASIMIRO
 Padre, con sì bel dono a me due volte
 tu fosti padre.
 LUCINDA
                             E vita
 ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
985a l’onor tuo s’è sodisfatto?
 LUCINDA
                                                  Appieno.
 VENCESLAO
 Sei paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
990qua far mi resta, or che la fé serbai.
 Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VENCESLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA IV
 
 LUCINDA, CASIMIRO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
995giudice, iniquo re, così mi serbi
 la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi sei più crudel, meno m’offendi.
 CASIMIRO
1000Ah tempra, o cara, i pianti;
 per me tutto il martire
 è il lasciarti, ben mio, non il morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
1005che sofferire il possa?
 Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, forza e ragione.
 Ecciterò ne’ popoli lo sdegno,
 empirò d’ire il regno,
1010di tumulti la reggia,
 tratterò ferro e foco.
 
    E se teco io non vivrò,
 teco, sposo, io morirò.
 
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
1015ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre. Io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi t’uccide.
 Nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
1020Anzi questo è ’l sol nome
 che più m’è caro, io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante;
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur, ti è cara, il veggio,
1025la morte tua. Vanne, l’incontra; a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò dal ferro uccisa
 o dal dolor.
 CASIMIRO
                        Tu piangi?
 Tergi le luci, addio.
1030Più soffrir non poss’io
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
1035Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
 Ma non saria morir
 sugli occhi di chi adoro
 il morir mio.
 
 SCENA V
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
1040Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
 ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
1045Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui ’l pianto? A l’armi, a l’armi.
 Già che tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
1050di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
 di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fori de’ cepi... Ahi, dove son? Che parlo?
 
    Sento al cuor un duol vorace
1055che serpendo ancora piace,
 che struggendo alletta ancor.
 
    Ma vorrei, pietosi dei,
 per finire il mio martire
 più crudele il mio dolor.
 
 SCENA VI
 
 ERENICE ed ERNANDO
 
 ERENICE
1060Tutta cinta è dal popolo feroce
 la sarmatica reggia. Ognun la vita
 chiede di Casimiro.
 Teco fra lor passai; né fu ch’il guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
1065mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì tosto
 si avvilisce il tuo sdegno?
 ERENICE
 No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
 Pera anche il re; ma ’l colpo
 esca dalla tua mano.
 ERENICE
1070Io svenar Venceslao?
 ERNANDO
 Sì, quelle son le regie stanze.
 ERENICE
                                                       Ernando,
 cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
 che dee passar nel sen del figlio, ha prima
 in quel del padre a ripassar. Che importa
1075che tu ’l comandi o ’l vibri?
 ERENICE
 Come? Val tanto adunque
 d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
 tutt’incendio e tutt’armi
 veder la reggia. Ahi dove andranno e dove
1080l’ire a cader? Su te cadran, su te,
 misera patria e miserabil re.
 ERENICE
 Ma che dee farsi?
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
 sudo, m’agghiaccio, io primo offeso, io primo
 rinunzio alla vendetta e gitto il ferro.
1085Generosa Erenice,
 nel tuo dolor la tua ragione ascolta.
 Perdona a Casimiro, anzi perdona
 a la patria, al monarca, a la tua gloria.
 Con sì bella vendetta
1090meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono? Ernando...
 ERNANDO
 S’apre l’uscio real. Vanne ed implora
 al regio piè...
 ERENICE
                           Vo’ pensar meglio ancora.
 
    Ombra del caro sposo,
1095attendi il tuo riposo
 e pace aspetta.
 
    Or dolce ed or severo
 al cor più d’un pensiero
 amor mi detta.
 
 SCENA VII
 
 ERNANDO solo
 
 ERNANDO
1100Seguiam suoi passi. Un sol rifiuto, Ernando,
 non stanchi il tuo soffrire,
 alla raggione, alla virtù costante,
 benché nemico ai voti.
 D’Erenice sarei più degno amante.
 
1105   Al tuo sposo io sarò fido,
 bella, a te sarò amoroso.
 
    Pria l’uccida il suo dolore
 che il mio core
 lasci d’esser generoso.
 
 SCENA VIII
 
 VENCESLAO con guardie
 
 VENCESLAO
1110A me guidisi il figlio.
 Giorno, oh quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Oggi nacqui a la luce;
 oggi moro ne’ figli. Itene e i lieti
1115apparati d’amor cangiate, amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Venceslao, più genitor non sono.
 
 SCENA IX
 
 CASIMIRO con guardie, VENCESLAO
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
 incerto fra la vita e fra la morte,
1120eccomi.
 VENCESLAO
                  Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
 Nelle tue mani è ’l mio destin.
 VENCESLAO
                                                         Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VENCESLAO
 Cieco rotasti il ferro
1125tra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VENCESLAO
 Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VENCESLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
 E del colpo l’error fu più delitto.
 VENCESLAO
1130Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              Le ho ma le taccio, o sire.
 Se discolpe cercassi, io sarei ingiusto.
 Sarò più reo, perché tu sii più giusto.
 VENCESLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
 Re, padre...
 VENCESLAO
                        E prendi in questo
1135l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo?
 VENCESLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VENCESLAO
 Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove, signore?
 VENCESLAO
                                                               A morte.
 CASIMIRO
 A morte?
 VENCESLAO
                     Sì, ma vanne
 non reo ma generoso. Un cuor vi porta
1140degno di re che non imiti il mio
 e a me sol lascia i pianti, a me i dolori
 e insegnami costanza allor che mori.
 CASIMIRO
 
    Cinto il cor di bell’ardire
 la mia sorte e il mio morire
1145vado intrepido a incontrar.
 
    Son tuo figlio e in questo core
 il valore ha da regnar.
 
 SCENA X
 
 VENCESLAO, poi ERENICE
 
 VENCESLAO
 Importuno dover, quanto mi costi!
 ERENICE
 Vengo...
 VENCESLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
1150del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te de la vendetta
 debitor più non sono.
 Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
 E te ne assolve ancora
1155la pietà d’Erenice.
 Per me non vegga il regno
 la natura in tumulto,
 la patria in armi, la pietà in esiglio.
 A l’ombra d’Alessandro
1160basti il mio pianto e ti ridono il figlio.
 VENCESLAO
 No, con la tua pietade io non mi assolvo.
 Se restano impunite,
 passan le colpe in legge
 e non le teme il volgo,
1165se l’esempio del re non le corregge!
 
 SCENA XI
 
 ERNANDO e li sudetti
 
 ERNANDO
 Anch’io, o sire...
 VENCESLAO
                                Opportuno
 tu giungi, amico. In sì grand’uopo io cerco
 o ragione o conforto.
 ERNANDO
 Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VENCESLAO
1170L’avrai quando anche fosse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
 Ti chiedo...
 VENCESLAO
                        E che?
 ERNANDO
                                       Del prencipe il perdono.
 VENCESLAO
 Come?
 ERNANDO
                 N’han la tua fede i voti miei.
 In ciò non re ma debitor mi sei.
 VENCESLAO
1175Tutto a te deggio e regno e vita. Solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
 custodia delle leggi io non ti deggio.
 ERNANDO
 (Prencipe, al tuo destin scampo non veggio).
 
 SCENA XII
 
 GISMONDO frettoloso e li sudetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
1180rompi ogni indugio ed arma
 d’acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 ERNANDO
                                                     Che avenne?
 GISMONDO
                                                                               Il prence...
 VENCESLAO
 Morì. Per esser giusto
 già finii d’esser padre.
 GISMONDO
                                            Ah se riparo
1185tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
 la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
1190fugati i suoi custodi, al suol gitati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
 Ognun grida, ognun freme e se veloce
 tu non v’accorri, invano
1195freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda,
 dover, legge, pietade e sangue, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso.
1200Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
 ciò che può la giustizia in cor di re.
 
   Nel misero mio core
1205ancor ti sento, amore,
 ah più non tormentar
 un cor di re.
 
    Vuol oggi la mia sorte
 che un figlio io danni a morte
1210e che il più rio dolor
 io senta in me.
 
 SCENA XIII
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
 Che sarà mai? Qual sorte
 da temer resta o da sperar? Sospeso
 a memorabil opra il re s’invia
1215e sospesa del pari è l’alma mia.
 
    Cede il cor
 or a speme ora al timor.
 Come in mar da gonfie vele
 urta un vento un altro vento.
 
1220   Acquetate
 son  mie furie sventurate
 ma in contrasto sì crudele
 acquetarsi il cor non sento.
 
 SCENA XIV
 
 Regia con trono.
 
 CASIMIRO, LUCINDA, popoli, soldati
 
 LUCINDA
 
    Viva e regni Casimiro.
 
 POPOLI
 
1225Viva, viva.
 
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda,
 qual zelo v’arma? Qual furor vi move?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Dovrò la vita al vostro
1230tumultuoso amore?
 Dopo un german con minor colpa ucciso,
 ucciderò con più mia colpa un padre?
 Non è questa la vita
 ch’io chieder posso; ah prima
1235rendetemi i miei ceppi,
 traettemi al supplicio; e quando ancora
 v’è chi s’opponga, questo,
 sì, questo acciar traffiggerammi; in pena
 del mio, del vostro eccesso
1240io ’l carnefice sol sarò a me stesso.
 E tu datti alfin pace,
 mio solo amor, mio sol dolore, in questa
 sorte mia dispietata,
 raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
1245No no, non dir d’amarmi,
 dispietato consorte,
 se di me in paragone
 sembra più bella agli occhi tuoi la morte.
 
 SCENA ULTIMA
 
 VENCESLAO, ERENICE, ERNANDO, GISMONDO e detti
 
 VENCESLAO
 Ed è vero e lo veggio?
 CASIMIRO
1250Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi;
 depongo ancor la spada e piego il capo.
 Solo a questo perdona
 popol fedel. Zelo indiscreto il mosse.
1255Di me disponi. In me le leggi adempi.
 In me punisci il fallo;
 fratricida infelice io morir posso,
 non mai figlio rubel, non reo vassallo.
 LUCINDA
 
    Viva, viva Casimiro.
 
 TUTTI
 
1260Viva, viva.
 
 VENCESLAO
 Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque
 pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
 ministro delle leggi e non sovrano.
1265Ora non fia ch’io chiuda
 con ingiusta pietade e regno e vita.
 Si deve un fratricida
 punir nel figlio, il condannai. La legge
 re mi trovò, non padre.
1270Voi nol volete ed ora
 padre, non re mi troverà il destino.
 Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio
 piego umil le ginocchia.
 LUCINDA
 (Cor, non anche t’intendo).
 VENCESLAO
1275Qual re avesti, Polonia, il raro, il grande
 atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
 Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni.
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VENCESLAO
                                Conviene
 far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
1280Mora il figlio e tu regna.
 VENCESLAO
                                               Il re tu sei.
 Col voler d’Erenice,
 con la virtù d’Ernando,
 il popolo ti acclama. Io reo ti danno
 e assolver non ti posso;
1285or che tu sei sovrano,
 assolverti potrai con la tua mano.
 LUCINDA
 (Gioie, non mi opprimete).
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
 in deposito, o padre, e non in dono.
1290Tu sarai re. Io servo
 le leggi tue publicherò dal trono.
 ERNANDO
 Io pure in te, novo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
 non eredito re gli odi privati,
1295t’accolgo amico e tu, Erenice, in lui
 da me prendi uno sposo,
 se nel fratello un te ne tolsi.
 ERNANDO
                                                    O sorte.
 ERENICE
 Signor, erra insepolta
 ancor l’ombra amorosa. Almen mi lascia
1300pianger l’estinto, anzi che il vivo abbracci.
 ERNANDO
 Mi basta sol che rea
 ne l’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
 Diletta sposa, cari
1305solo per te mi son la vita e ’l regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
 che parmi di sognar, mentre t’annodo.
 GISMONDO
 Col tuo giubilo, o patria, esulto e godo.
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
1310nostro duce e nostro re.
 
    Te s’unisca a far beato
 tempo e sorte, amor e fé.
 
 Il fine dell’opera