Venceslao, Roma, Bernabò, 1716 (Il Vincislao)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Piazza preparata per il trionfo di Ernando.
 
 ERNANDO con seguito di soldati e di schiavi, poi VINCISLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 ERNANDO
 Del sarmatico regno,
 del Boristene algente alto monarca,
 Vincislao sempre invitto,
 già il superbo moldavo
5morde i tuoi ceppi e ’l contumace Adrasto,
 dell’alme più rubelle
 grand’esempio e gran pena,
 da più colpi trafitto
 là su l’Istro confessa
10nell’aperte sue piaghe il suo delitto.
 VINCISLAO
 Le tue vittorie, Ernando,
 son degne del tuo nome e son maggiori
 del poter nostro; hai vinto
 ma di tanta tua gloria è nostro il frutto;
15vieni, onde al sen ti stringa, (L’abbraccia)
 o forte del mio regno
 difesa e primo amor.
 CASIMIRO
                                         (Fremo di sdegno).
 ALESSANDRO
 Agl’amplessi del padre, un mio succeda,
 amico duce. (S’abbracciano)
 ERNANDO
                          Oh sempre
20generoso Alessandro.
 VINCISLAO
 Casimiro, e tu solo
 al vincitor nieghi gl’amplessi?
 CASIMIRO
                                                         Ernando
 ne’ tuoi reali amplessi ebbe anche i miei.
 ERNANDO
 Servo ti sono.
 CASIMIRO
                            Anzi rival mi sei.
 VINCISLAO
25Sinor sterili applausi
 diedi al valor d’Ernando. I tuoi trionfi
 chiedono un maggior prezzo. Ei me lo additi.
 ERNANDO
 Gran re, tutto ti deggio.
 VINCISLAO
                                              Il tuo rispetto
 non dee lasciarmi ingrato.
30Chiedi.
 ERNANDO
                 Temo nel prezzo
 parer vil, non audace.
 VINCISLAO
 Vil non fia ciò che puote
 gl’affetti meritar del tuo gran core.
 ERNANDO
 Ti arride amor; sol per te chiedo. (Piano ad Alessandro)
 ALESSANDRO
                                                               Oh amico. (Piano ad Ernando)
 ERNANDO
35Dirò, poiché lo imponi,
 ma non senza rossor, non senza pena;
 tutto il premio ch’io cerco
 in sé racchiude un volto.
 CASIMIRO
 (Iniquo!)
 VINCISLAO
                     Ernando amante?
 ERNANDO
40Perdona. Amor sol diede
 più zelo al cor, più stimolo alla fede.
 VINCISLAO
 Favella.
 CASIMIRO
                  (Ah più nol soffro).
 ERNANDO
 L’amor, sire...
 CASIMIRO
                             Ammutisci,
 troppo altero vassallo.
45Frena il volo al tuo amore o nel tuo sangue
 ne ammorzarò le fiamme. Ama là dove
 non offendi il tuo prence; o se sì audaci
 nutri gli affetti, ama soffrendo e taci.
 ERNANDO
 
    Se devo in seno ascondere
50la fiamma del mio cor,
 io non potrò resistere
 all’aspro rio dolor.
 
    E pur per non offenderti
 quest’anima sia vittima
55d’un infelice amor.
 
 SCENA II
 
 VINCISLAO, CASIMIRO ed ALESSANDRO
 
 VINCISLAO
 Tu dell’amico Ernando
 siegui, Alessandro, le vestigia e digli
 che a tal grado alzerò la sua fortuna
 che non fia chi ’l sorpassi
60quaggiù, fuor che il suo re, fuor che gli dei.
 CASIMIRO
 E ch’ei tema, gl’aggiungi,
 in qualunque destin gli sdegni miei.
 ALESSANDRO
 Tanto esporrò ma troppo ingiusto sei.
 
    Parto, dirò che speri,
65dirò che tema ancor,
 
    se pure i suoi pensieri
 san ceder al timor.
 
 SCENA III
 
 VINCISLAO e CASIMIRO
 
 VINCISLAO
 Casimiro, cotesta
 tua superba fierezza
70vuol privar te d’un padre e me d’un figlio.
 CASIMIRO
 Del tuo poter, della mia vita, o sire,
 usa a tuo grado, il soffrirò con questa
 che tu chiami fierezza ed è virtude;
 ma che un basso vapore,
75che un mio servo, un Ernando
 mi sia rival, ch’ei mi contenda e usurpi
 il possesso d’un bene,
 nol soffrirò. Sento che m’empie un core
 forte a ceder la vita e non l’amore.
 VINCISLAO
80Vedrem ciò che far possa
 mio malgrado il tuo amor ma sappi intanto
 che un reo vassallo arma d’un re lo sdegno
 e che prima che a te fui padre al regno.
 
    Pria che padre assiso in soglio
85a punir de’ rei l’orgoglio
 questo braccio fulminò.
 
    Or vedrai che genitore
 al tuo sdegno, al tuo furore
 giuste leggi dar saprò.
 
 SCENA IV
 
 CASIMIRO e GILDO
 
 GILDO
90Presto, presto signor...
 CASIMIRO
                                           Che v’è? Che apporti?
 GILDO
 Gran cosa, cosa grande, anzi grandissima.
 La signora...
 CASIMIRO
                          Erenice?
 GILDO
                                             Oibò quell’altra...
 CASIMIRO
 Chi mai?
 GILDO
                     La principessa...
 CASIMIRO
 Di Lituania?
 GILDO
                           Appunto.
 CASIMIRO
95Lucinda? È morta forse?
 GILDO
                                                Oibò, è più viva
 che non sono li vivi
 allor che stanno in vita.
 E qui giunta è poc’anzi.
 CASIMIRO
 Oh dei? Lucinda?
 GILDO
                                    Io stesso
100la viddi in viril manto,
 mentito il sesso e co’ suoi fidi accanto.
 CASIMIRO
 Turbatrice odiosa
 dell’amor mio sen viene.
 GILDO
 Che faremo, o signor?
 CASIMIRO
                                           Che far poss’io?
105Gl’affetti a lei dovuti
 mi ha rapiti Erenice.
 GILDO
 E ancor Gerilda avrà li miei rifiuti,
 che con Elisa vivo più felice;
 e se crede colei
110che io la voglia adorar, affé la sbaglia;
 Gildo non vuol amare un’anticaglia.
 Eccole là, padrone.
 CASIMIRO
 Osserverò s’è dessa.
 GILDO
 Sì che purtroppo sono, oh confusione.
 
 SCENA V
 
 LUCINDA da uomo e GERILDA anche da uomo con seguito e detti in disparte
 
 LUCINDA
 
115   Quest’aura che respira
 chi tanto il core adora
 m’alletta, mi ristora
 e fa contento il cor...
 
 GERILDA
 Mia signora?
 LUCINDA
                           Che chiedi?
 GERILDA
120Osserva là.
 CASIMIRO
                       (Purtroppo, Gildo, è dessa).
 GILDO
 (Questa è la principessa
 e quell’altra è la serva in verità).
 LUCINDA
 (In qual bramato oggetto
 vi affissate, o miei lumi?)
 GERILDA
125(Il mio Gildo v’è ancora).
 CASIMIRO
 (Finger mi giovi).
 GERILDA
                                    (A te sen viene).
 LUCINDA
                                                                    (Oh numi!)
 CASIMIRO
 Stranier, che tale a queste spoglie, a questi
 tuoi compagni o custodi a me rassembri,
 e qual da miglior cielo all’Orse algenti
130forte cagion ti trasse?
 LUCINDA
 (Non mi ravvisa). A mia gran sorte ascrivo
 che dal ciel lituano
 qui giunto appena, ove drizzai la meta,
 te incontri, eccelso prence.
 CASIMIRO
                                                   A te, che altrove
135giamai non viddi, ove fui noto e quando?
 LUCINDA
 In Lituania, ov’ebbi
 l’alto onor d’inchinarti.
 (Ah! Quasi dissi il fier destin d’amarti).
 GERILDA
 Gildo? (Da parte tra loro)
 GILDO
                 Chi sei, che chiedi.
 GERILDA
140Sono anch’io forastiero
 ma t’ho altrove parlato.
 E gran cose t’ho a dir.
 GILDO
                                          Resto obligato.
 CASIMIRO
 Qual ti appelli?
 LUCINDA
                               Lucindo.
 CASIMIRO
 L’uffizio tuo?
 LUCINDA
                            Di segretario in grado
145a Lucinda servia.
 CASIMIRO
 Lucinda?
 LUCINDA
                     Sì, l’erede
 del lituano regno.
 GILDO
 Non la conosco in verità. (Come sopra)
 GERILDA
                                                (Che indegno).
 CASIMIRO
 Tu con Lucinda?
 LUCINDA
                                 Io seco
150era il giorno primier che i lumi tuoi
 s’incontraro co’ suoi,
 giorno (ahi giorno fatal) che in voi s’accese
 scambievol fiamma; io seco
 allor che le giurasti eterno amore
155e allor che tu partisti,
 io sol fui testimon del suo dolore.
 (Fisso m’osserva). Omai
 ti dovria sovvenir ch’entro a sei lune
 tornare a lei giurasti;
160pur due volte d’allora
 compì l’anno il suo corso e non tornasti.
 (Misera!) E non ancora
 ti sovvien qual io sia,
 io che fui testimon delle sue pene,
165de’ giuramenti tuoi?
 CASIMIRO
                                         Non mi sovviene.
 GERILDA
 Ed ancor fai del sordo? (Come sopra)
 Pur ti voleva ben?
 GILDO
                                    Non mi ricordo.
 LUCINDA
 Non ti sovviene? Ingrato...
 CASIMIRO
                                                   A chi favelli?
 LUCINDA
 A te, a te. Così m’impose il dirti
170la tua fedel Lucinda: «E se» mi aggiunse
 «e se nulla ottener puoi da quel core,
 fa’ ch’io ’l sappia, onde possa
 estinguer nel mio sangue il mio dolore».
 CASIMIRO
 Fole mi narri.
 GERILDA
                             E del suo rio tormento (Come sopra)
175più memoria non hai?
 GILDO
                                            Non mi rammento.
 LUCINDA
 (O dal crudele io son tradita o finge).
 CASIMIRO
 Ma dovunque tu venga
 e qualunque sii tu,
 parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 
180   Ti consiglio a far ritorno,
 parti, va’
 né cercar più di così;
 
    lungo soggiorno
 ti sarà solo
185di pianto e duolo
 cagione un dì.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA, GERILDA e GILDO
 
 LUCINDA
 Così mi lascia il traditore ingrato?
 Almen tu, servo amato,
 dimmi, che sperar deggio?
190Mi ha tradita il mio sposo? O vuol tradirmi?
 Arde per altra o finge?
 Del mio fato il tenor svelami tu.
 GILDO
 Parti, o Lucindo, e non cercar di più.
 GERILDA
 Dove vai?
 GILDO
                      Vado via.
 GERILDA
195No, qui t’arresta e pria
 mi devi dir se mi ravvisi tu.
 GILDO
 Parti tu ancora e non cercar di più.
 GERILDA
 Ti ferma!
 GILDO
                     Ho gran da fare.
 GERILDA
 Ed io ti seguirò, t’ho da parlare. (Partono)
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA sola
 
 LUCINDA
200Ch’io non cerchi di più! Solo a tal fine
 mi partii dal mio regno,
 grado e sesso mentii, soffersi tanto.
 Vuo’ saperlo e pur temo
 che il saperlo mi sia cagion di pianto.
 
205   Aveva l’idol mio
 bel volto e cor fedel,
 quando partì da me.
 
    Or che lo trovo, oh dio,
 ha la beltà il crudel
210ma non ha più la fé.
 
 SCENA VIII
 
 Appartamenti di Erenice contigui al giardino.
 
 ERENICE, poi ALESSANDRO ed ERNANDO
 
 ERENICE
 
    Come va dal bosco al prato
 sospirando l’usignuolo,
 vola l’alma al suo tesor.
 
    E pur dirgli m’è negato:
215«Frena, o caro, il tuo gran duolo,
 sei la pace del mio cor».
 
 Taci Erenice, il caro ben qui giunge;
 e seco è il duce, il solo
 testimonio fedel del nostro amore;
220brama sì di goder ma taci, o  core.
 ERNANDO
 Bella Erenice!
 ERENICE
                             Invitto Ernando!
 ERNANDO
                                                              (Oh vista).
 ERENICE
 All’ombra de’ tuoi lauri
 la comun libertà posa sicura.
 ALESSANDRO
 E de’ tuoi rischi il nostro bene è l’opra.
 ERNANDO
225Se voi lieti non rendo
 nulla oprai, nulla ottenni. Egli ha gran tempo
 ch’ardono del tuo bello, e ben tu ’l sai,
 Casimiro e Alessandro.
 Questi, temendo il suo rival germano,
230nascose il foco e col mio labro espose
 le sue fiamme amorose;
 l’odio di Casimiro,
 credutomi rival, tutto in me cadde
 e in me sol rispettò l’amor paterno;
235la Moldavia rubella
 mi esentò dalla reggia; io vinsi e ’l prezzo
 esser dovea Erenice,
 sol per render voi lieti (e me infelice).
 ERENICE
 Cor generoso.
 ALESSANDRO
                            E grande!
 ERNANDO
240Godea che a me tenuti
 foste di tanto. Casimiro allora
 fremé, si oppose, minacciò, compiacqui
 al suo furor; tolsi congedo e tacqui.
 ERENICE
 Perfido!
 ERNANDO
                   Or la dimora
245è commune periglio.
 ALESSANDRO
 Ma qual è il tuo consiglio?
 ERNANDO
 Pria che risorga il giorno
 stringavi sposi un maritale amplesso.
 ALESSANDRO
 E poi?
 ERNANDO
                Riparo allora
250non avrà il fatto; al mio consiglio, al nodo
 non disuguale, il padre
 darà l’assenso e del rival germano
 sarà impotente ogni furore o vano.
 ALESSANDRO
 Me fortunato appieno,
255se tu vi assenti.
 ERENICE
                               Oh dio!
 ALESSANDRO
 Che paventi, Erenice?
 ERENICE
 L’essere così presto sì felice.
 ALESSANDRO
 Temi il mal, non il bene.
 ERENICE
 Offendo l’onestà.
 ALESSANDRO
                                  Prendi, mia vita,
260sposa mi sei. Nell’atto sacro invoco
 l’amor, la fede, Ernando.
 ERENICE
 Ti cedo e sposa ecco t’abbraccio.
 ERNANDO
                                                            Parti,
 pria che il german qui ti sorprenda.
 ALESSANDRO
 Verrò cinto dall’ombre
265a trovar pace a te, mia vita, appresso.
 ERNANDO
 (Io fui del mio morir fabro a me stesso).
 ALESSANDRO
 
    Col piacer che siete miei,
 vaghi lumi del mio bene,
 da voi parto e tornerò.
 
270   Se il mio sol, cara, tu sei,
 più del dì l’ombre serene
 per te lieto mirerò.
 
 SCENA IX
 
 ERENICE ed ERNANDO
 
 ERENICE
 Pace al regno recasti e gioie a noi,
 Ernando generoso;
275ma tu così pensoso? E che ti affligge?
 ERNANDO
 
    Bella, del mio gran duolo
 non chiedermi il perché;
 
    saper ti basti solo
 che sono il mio tormento amore e fé.
 
 SCENA X
 
 CASIMIRO, ERENICE ed ERNANDO
 
 ERENICE
280Qual favellar?
 CASIMIRO
                             Felici amanti, il mio
 importuno venir tosto non privi
 del piacer d’una vista i vostri lumi.
 ERENICE
 Se sai d’esser molesto, a che ne vieni?
 CASIMIRO
 Perché rispetti Ernando
285sugl’occhi d’Erenice un mio comando.
 ERNANDO
 E qual fia mai?
 CASIMIRO
                               Da lei che adori or prendi
 l’ultimo addio.
 ERNANDO
                              Perché?
 CASIMIRO
 Perché Ernando è vassallo ed io son re.
 ERNANDO
 L’amar beltà che tu pur ami, o prence,
290non è offesa al tuo grado,
 è omaggio che si rende al bel che piace;
 nell’amor mio son giusto e non audace.
 CASIMIRO
 E giusto anch’io sarò in punirti; a troppo
 tua baldanza s’inoltra. (In atto di por mano alla spada)
 ERENICE
                                            E a troppo ancora
295ti trasporta lo sdegno.
 Partiti, o duce.
 ERNANDO
                              Addio, signor, per poco
 tempra o sospendi almen l’odio mortale.
 Entro al venturo giorno
 non sarò, qual mi credi, il tuo rivale.
 
 SCENA XI
 
 ERENICE e CASIMIRO
 
 ERENICE
300Casimiro?
 CASIMIRO
                       Mia cara?
 ERENICE
 Anche per te sia questo
 l’ultimo addio che da Erenice or prendi.
 CASIMIRO
 Come?
 ERENICE
                 L’amor d’Ernando
 grande offesa è al tuo grado.
305L’amor di Casimiro
 più grave offesa è all’onor mio.
 CASIMIRO
                                                          Perché?
 ERENICE
 Erenice è vassalla e tu sei re.
 CASIMIRO
 (Si vendica d’Ernando).
 Tua beltade ha l’impero
310sul cor di Casimiro.
 ERENICE
                                       Il mio divieto
 dunque ti sia comando.
 CASIMIRO
 Questo è ’l tuo sol comando
 cui ubbidir non posso.
 ERENICE
 Che dunque brami.
 CASIMIRO
                                       Amore.
 ERENICE
315Questo è il tuo sol desio
 cui né ubbidir né compiacer poss’io.
 
    Ingannatore,
 con questo core
 non giova il fingere
320né sospirar.
 
    Lusinghe e vezzi,
 minaccie e sprezzi
 saprò deridere,
 non ti vuo’ amar.
 
 SCENA XII
 
 CASIMIRO solo
 
 CASIMIRO
325Amare, amar si puote
 beltà più ingiusta e più superba? Oh dio!
 Dell’ingrata Erenice
 si serve amor per castigarmi; ei gode
 che mia pena ora sia il suo rigore.
330Di qual fallo son reo? Rispondi, o core.
 
    Perché, mio cor, perché
 ti scuoti in sen così?
 Parla, rispondi, di’,
 chi palpitar ti fa?
 
335   Amar, tradir, e che?
 Sì vil dunque sei tu?
 Mio cor, non temer più,
 si può cangiar beltà.
 
 SCENA XIII
 
 GILDO e poi GERILDA
 
 GILDO
 Non so più dove andare,
340non so dove girare,
 non c’è alcun buco in corte
 ove non sono entrato
 e pur Gerilda ognor m’ha seguitato.
 Oh perfida mia sorte,
345tu sei troppo arrabiata e non t’adulo,
 non so che far per tormela d’appresso.
 GERILDA
 Pur mi sarà permesso
 dirti quattro parole.
 GILDO
 Vosignoria che vuole?
 GERILDA
350Lascio da parte molto
 che dir dovrei; perché hai tu attestato
 il nome di Gerilda esserti ignoto?
 GILDO
 In quanto al nome sol, io mi ci accordo,
 poiché se mal, se mal non mi ricordo,
355in un libro l’ho letto;
 ma poi circa al suo aspetto
 non l’ho veduto mai
 né già mai ci parlai.
 GERILDA
 Come non la vedesti?
360Come non ci parlasti?
 Se in Lituania amor le promettesti,
 fedeltà le giurasti
 e ten partisti poi tutto piangente,
 promettendo tornar.
 GILDO
                                        Menti.
 GERILDA
                                                       Chi mente? (Cava la spada)
 GILDO
365Né ment’io per la gola.
 (Vo’ maledir quando ne fu parola).
 GERILDA
 Dunque tu la conosci?
 GILDO
 Mi par...
 GERILDA
                   Non c’è mi par, di’, la conosci?
 GILDO
 (Quel ferro mi spaventa.
370Tremo da capo a piè).
 GERILDA
 Tu tremi? E che cos’è?
 GILDO
 Patisco certo male
 che qualora m’assale
 m’è necessario far molto essercizio
375e consultato il medico m’ha detto:
 «Se tu non vuoi tremare,
 camina pure e mai non ti fermare».
 GERILDA
 Qui medico non v’è né medicina;
 di’, conosci Gerilda?
 GILDO
380Di’ ciò che vuoi ch’io dica
 che il dirò, che in me manca la favella.
 GERILDA
 Gerilda non son io?
 GILDO
                                       Sì che sei quella.
 GERILDA
 Ah infedele e negasti...
 GILDO
 Basti, Gerilda, basti.
 GERILDA
385Di conoscermi tu.
 GILDO
 Gerilda, oh dio, non più.
 GERILDA
 Ora ti voglio uccidere.
 GILDO
 Pietà, ben mio, pietà.
 GERILDA
                                          (Mi fa pur ridere).
 GILDO
 
    Infodera, ben mio.
 
 GERILDA
 
390Non voglio infoderar.
 
 GILDO
 
    Ti modera, cor mio.
 
 GERILDA
 
 Non mi vuo’ moderar.
 
 GILDO
 
    Io sono già pentito.
 
 GERILDA
 
 Pentito?
 
 GILDO
 
                   E ripentito,
395non farmi più tremar.
 
 GERILDA
 
 Ti voglio sodisfar. (Pone dentro la spada)
 
    Crudel mi fosti.
 
 GILDO
 
                                   È vero.
 
 GERILDA
 
 Pria mi negasti...
 
 GILDO
 
                                  È vero.
 
 GERILDA
 
 Meco fingesti.
 
 GILDO
 
                             È vero.
 
 GERILDA
 
400Poi ti pentisti.
 
 GILDO
 
                             È vero.
 
 GERILDA
 
 Ora tu m’ami?
 
 GILDO
 
                              A questo
 c’è tempo di pensar.
 
 GERILDA
 
 E il brando ardito e lesto
 ritorno a sfoderar. (Cava la spada)
 
 SCENA XIV
 
 Sala con trono.
 
 VINCISLAO e CASIMIRO con seguito
 
 VINCISLAO
405Figlio, nel forte Ernando
 ti propongo un esempio
 di virtù generosa.
 Tu su l’orme di lui
 saggio camina; e degno
410sarai dell’amor mio, sarai del regno.
 ERNANDO
 Anche la gloria, o padre,
 dell’aver vinto è tuo retaggio; vinse
 coll’armi tue, col tuo gran nome Ernando.
 Tu cuore ed ei ministro,
415tu reggesti la mano, ei strinse il brando.
 VINCISLAO
 Venga il nunzio stranier. (Alle guardie e sede nel trono)
 CASIMIRO
                                                 (Chi sarà mai?
 Forse è Lucinda? Ah cor, che far dovrai!)
 
 SCENA XV
 
 LUCINDA con seguito e detti
 
 LUCINDA
 Del sarmatico cielo inclito Giove,
 per cui la fredda Vistula è superba
420più dell’Istro e del Tebro,
 re, la cui minor gloria è la fortuna,
 quella che, estinto il genitor Gustavo,
 di Lituania or regge
 le belle spiaggie, il fertil suol, Lucinda,
425a te, la cui gran fama
 non v’è cui nota, o Vincislao, non sia,
 per alto affar me suo ministro invia.
 VINCISLAO
 Di sì illustre donzella,
 la cui virtù sublime
430è freggio al debil sesso, invidia al forte,
 ch’io servir possa a’ cenni è mia gran sorte.
 CASIMIRO
 (Oh dei! Fia meglio allontanarmi). (In atto di partire)
 LUCINDA
                                                                  Arresta,
 principe, i passi, a quanto
 dir mi riman, ti vuo’ presente.
 CASIMIRO
                                                          (Oh inciampo!)
435Costui, signor, mente l’uffizio e ’l grado.
 LUCINDA
 Io mentir, Casimiro?
 Questo che al re presento
 foglio fedel, questo dirà se io mento. (Lucinda porge al re una lettera che sembra di credenza, il re l’apre e leggendola guarda il figlio)
 (L’empio si turba e impallidisce).
 VINCISLAO
                                                                (Oh note!)
 CASIMIRO
440(Nieghisi tutto a chi provar nol puote).
 VINCISLAO
 (Che lessi!) Ah figlio, figlio, opre son queste
 degne di te, degne del sangue ond’esci?
 Tu cavalier? Tu prence? (Scende dal trono)
 CASIMIRO
                                               A che?
 VINCISLAO
                                                              Rimira, (Gli dà la lettera)
 quei caratteri impressi
445son di tua man? Li riconosci? Leggi.
 Leggi pure a gran voce e del tuo errore
 dia principio alla pena il tuo rossore.
 CASIMIRO
 «Per quanto ha di più sacro, (Legge)
 il prence Casimiro a te promette
450la marital sua fede,
 a te, Lucinda, erede
 del regno lituano;
 e segua il cor ciò che dettò la mano».
 LUCINDA
 (Infido cor).
 VINCISLAO
                          Leggesti? A qual difesa
455tua innocenza commetti?
 CASIMIRO
                                                 Or ora il dissi,
 un mentitore è questi.
 LUCINDA
                                            (Oh dei).
 CASIMIRO
 E perché alcun de la mendace accusa
 testimon più non resti,
 lacerato in più parti
460or te, foglio infedele, il piè calpesti. (Straccia in mille parti la carta e la calpesta)
 VINCISLAO
 Tant’osa?
 LUCINDA
                     Casimiro,
 mentitor mi dicesti? In campo chiuso
 a singolar tenzone
 forte guerrier per nascita e per grado
465tuo egual, che meco io trassi
 da’ lituani lidi,
 per mia bocca or t’invita
 e tua pena sarà la tua mentita.
 CASIMIRO
 Il paragon dell’armi io non ricuso.
 LUCINDA
470Anzi che cada il sole,
 tu, re, il concedi.
 VINCISLAO
                                 Assento
 e spettatore io ne sarò.
 LUCINDA
                                            T’aspetto
 colà al cimento.
 CASIMIRO
                               Io la disfida accetto.
 LUCINDA
 
    T’attendo in campo armato,
475mendace cavalier,
 ingrato amante.
 
    Colà decida il fato
 s’io sono menzogner,
 se tu incostante.
 
 VINCISLAO
480Casimiro, innocente
 vorrebbe e pur non sa crederti il core;
 guarda che dell’errore
 parto non siano un dì le tue ruine,
 che de’ superbi è sempre infausto il fine.
 
 SCENA XVI
 
 CASIMIRO solo
 
 CASIMIRO
485Amor, tu mi vuoi morto
 e d’esserti fedel serbo il costume.
 Se in più beltà t’adoro,
 con me ti sdegni a torto,
 che, se cangio l’altar, non cangio nume.
 
490   Come il ciel cangia vicende,
 così cangio anch’io l’amor,
 
    che più dolce amor si rende
 nel cangiar l’oggetto al cor.
 
 SCENA XVII
 
 GILDO e poi GERILDA
 
 GERILDA
 Ora il tempo mi pare
495un poco di parlare,
 perché già sono intesa
 come tu m’hai offesa;
 onde facciam duello
 che vendicar mi vuo’.
 GILDO
                                          Un po’ bel bello.
500Sentiamo la ragione.
 GERILDA
 Ti par poca ragione
 l’avermi tu lasciato
 ed esserti d’Elisa innamorato?
 GILDO
 Tutto questo va bene;
505però se a sorte avviene
 che tu rimanghi uccisa...
 GERILDA
 Tu allor sarai d’Elisa.
 GILDO
 E se, ch’il ciel non voglia,
 (sia detto in fondo al mare)
510nel tempo del pugnare
 in terra ucciso io resto,
 senti che punto è questo;
 allor che morirò
 né suo né tuo sarò.
 GERILDA
515Ciò non importa.
 GILDO
                                  A te
 se non importa, molto importa a me.
 Onde puoi, se ti pare,
 con Elisa pugnare
 e chi di voi vittoriosa resta
520sarà mia sposa e allor farem la festa.
 GERILDA
 Bonissimo è il pensiero ed io l’approvo;
 con la tua Elisa pugnerò ma voglio
 che tu il giudice sii del gran duello.
 GILDO
 Sì sì, ma chi ad Elisa
525della disfida porterà il cartello?
 GERILDA
 A questo io pensarò, l’offesa io sono
 e della nostra pugna
 il giudice tu sei; vanne sul trono.
 GILDO
 Or vado, il cielo te la mandi buona
530che, se ben porti un grosso pettabbotto,
 Elisa ti farà restar di sotto.
 GERILDA
 Vanne ch’or or vedrai (In disparte)
 quel che io so far con questa mia bacchetta
 che donata mi fu da un certo mago.
535Col farlo spiritare di paura,
 dell’offeso amor mio vuo’ far vendetta.
 GILDO
 
    In trono eccomi già.
 Ma Elisa ora dov’è?
 
 GERILDA
 
    Or ora qui verrà.
540Nascosa è sotto a te.
 
 GILDO
 
    Ma dove, dove sta.
 Io non la sento affé. (Qui il trono si muta in un gran drago)
 
    Gerilda mia. pietà,
 chi mi soccorre, ohimè.
 
 GERILDA
 
545   Così, così si fa
 a chi manco di fé.
 
 GILDO
 Ah che tu m’ingannasti,
 Gerilda mia diletta.
 E questa, questa Elisa?
 GERILDA
                                             Aspetta aspetta. (Qui escono dalla bocca del drago cinque mostri)
550Ecco qui la tua Elisa
 e questi accanto a lei
 sono i suoi cicisbei. Guarda. Che dici? (Si mutano i mostri in cinque altre figure che poi formano un ballo)
 GILDO
 Il labro più nol niega.
 Elisa è un’infedele e tu una strega. (Parte)
 GERILDA
555Gildo, Gildo ove vai, tu fuggi? Ascolta.
 Te la farò scontare un’altra volta.
 
    Bruttaccio impertinente,
 te l’ho, te l’ho sonata;
 quest’alma vendicata
560già scherza e brilla in me.
 
    Su via, diletta gente,
 per darmi più contento
 or frettoloso, or lento
 danzando muovi il piè. (Segue il ballo)
 
 Fine dell’atto primo