Venceslao, Foligno, Campana, 1713 (Il fratricida innocente)

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile.
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
 Urna, che del mio sposo
 chiuder dovrai le ceneri adorate,
 in que’ pallidi marmi
875non ben mi piaci. Ancora
 ti manca il più bel fregio. Il cor ti manca
 di Casimiro. Io vel porrò. Lo attendi
 da un amor disperato;
 tinto poi di quell’ostro
880il tuo pallido orror sarà più grato.
 
 SCENA II
 
 ERNANDO, ERENICE
 
 ERNANDO
 Ecco, o bella Erenice,
 qual sia l’amor che tu m’inspiri; ei vale
 teco a punir con questa destra ultrice
 chi a te uccise l’amante, a me il rivale.
 ERENICE
885Da un tal nome d’amante
 vien che ognor nova pena in me derive
 per chi è morto con esso e per chi vive;
 così m’è sempre odioso,
 o in Ernando io lo pensi o nel mio sposo.
 ERNANDO
890Mira dunque il tuo sposo
 mostrarti il seno esangue
 e più che a l’amor mio, pensa al suo sangue.
 Queste destre che amore
 invan di unire aspetta
895or l’odio unisca.
 ERENICE
                                Ecco la man, vendetta.
 ERNANDO
 Ringrazierò la stella,
 sotto i cui raggi io nacqui,
 che infine a la mia bella
 vendicator se non amante io piacqui.
 ERENICE
 
900   Caro sposo, amato amante, (Prima strofa)
 caderà chi ti svenò.
 
    Benché sangue è del mio bene,
 quel ch’ei chiude entro le vene
 di mia man lo spargerò.
 
 ERNANDO
 
905   Caro prence, amico amato, (Seconda strofa)
 chi ti offese anch’ei cadrà.
 
   Se ben egli è tuo germano,
 io non so per quella mano
 che t’uccise aver pietà.
 
 SCENA III
 
 Cortile che serve d’atrio alle prigioni.
 
 CASIMIRO solo
 
 CASIMIRO
910Ove siete? Che fate,
 spirti di Casimiro? Io di re figlio,
 io di più regni erede,
 io tra’ marmi ristretto? Io ceppi al piede?
 Vuol il padre ch’io mora? Ahi che farò?
915Ch’io mora? È tanto grave il mio delitto?
 Ah sì, per me cadde il fratel ma cadde
 senza colpa del core.
 Volea morto il rival, ne ha colpa amore.
 
    Ombre squallide, furie d’amor,
920su venite, tormentate,
 lacerate questo cor.
 
    Date morte... Ah no! Fermate
 e lasciate
 tanto solo a me di vita
925che dir possa lagrimando:
 «Cara sposa fedel, io t’ho tradita».
 
 SCENA IV
 
 GISMONDO, LUCINDA, CASIMIRO
 
 GISMONDO
 Lucinda a te sen viene.
 CASIMIRO
 Lucinda a me? Per qual destino, o dei?
 LUCINDA
 (Secondi amor propizio i voti miei).
 CASIMIRO
930Regina, dir non oso
 Lucinda, sposa, nomi
 in bocca sì crudel troppo soavi.
 Leggo su la tua fronte
 la sorte mia. Tu vieni
935nunzia della mia morte e spettatrice.
 Di buon cor la ricevo.
 Ma la ricevo in pena
 di averti iniquo, o mia fedel, tradita,
 se pur la ria sentenza
940sul labbro tuo morte non è ma vita.
 GISMONDO
 (Desta pietà).
 LUCINDA
                             (Caro dolor!) Custodi,
 al piè di Casimiro
 tolgansi le ritorte.
 GISMONDO
 Lo impone il re.
 CASIMIRO
                                (Che cangiamento è questo?)
 LUCINDA
945Da me la morte attendi?
 Da me, crudel?
 CASIMIRO
                               Da te che offesi.
 LUCINDA
                                                              Ingrato!
 CASIMIRO
 Ben ne ho dolor; ma indegno
 di tua pietade io sono.
 Ed or, bella, a’ tuoi piedi
950chiedo la pena mia, non il perdono.
 LUCINDA
 Sì sì, vo’ che tua pena
 sia l’amor tuo. Del primo
 tuo pianto io son contenta;
 tua nemica non più ma sol tua sono;
955e la vendetta mia sia il mio perdono.
 GISMONDO
 Prenci, vi attende il re, non più dimore.
 LUCINDA
 Plachi l’ire del padre il nostro amore.
 CASIMIRO
 
    Caro bene...
 
 LUCINDA
 
                            Idolo amato...
 
 A DUE
 
 Come mai per noi placato
960ha il destino il suo rigor.
 
    Male e bene ha il suo confine,
 non v’è rosa senza spine
 né piacer senza dolor.
 
 SCENA V
 
 Camera.
 
 VENCESLAO con guardie, poi GISMONDO e poco doppo CASIMIRO e LUCINDA
 
 VENCESLAO
 Nozze più strane e meno attese e quando,
965Polonia, udisti? Onor le chiede, impegno
 le stringe; e questa reggia
 ne serve a l’apparato e le festeggia.
 Ma...
 GISMONDO
             S’avvanza a’ cenni tuoi
 la regal coppia.
 VENCESLAO
                               Venga.
970Tu ciò che imposi ad affrettar t’invia.
 GISMONDO
 Insolite vicende,
 vi figura il pensiero e non v’intende.
 VENCESLAO
 Figlio, in onta a tue colpe
 son padre ancora. Allor che morte attendi,
975agl’imenei t’invito e ti presento
 in Lucinda una sposa.
 Tutt’altro oggi attendevi
 fuor che un tal dono. Abbilo a grado, il chiede
 tuo dover, mio comando e più sua fede.
 LUCINDA
980(Che mai dirà?)
 CASIMIRO
                                 Deh, come
 è possibile, o padre,
 che sì tosto si cangi
 la sorte mia? Dovea morire.
 VENCESLAO
                                                     Eh, lascia
 la memoria funesta.
985Pensa or solo a goder. Tua sposa è questa.
 CASIMIRO
 Caro più de la vita
 m’è ’l dono tuo. Lo accetto,
 non perché tu ma perché amor lo impone;
 e a la bella Lucinda
990non mi sposa il timor ma la ragione.
 LUCINDA
 E di gioia non moro?
 VENCESLAO
                                         Or questa gemma
 confermi a lei la marital tua fede.
 CASIMIRO
 Ma più di questa gemma
 te la confermi il core.
 LUCINDA
995Mio tesoro!
 CASIMIRO
                        Mio ben!
 A DUE
                                           Mio dolce amore!
 
 CASIMIRO
 Padre, con sì bel dono a me due volte
 tu fosti padre.
 LUCINDA
                             E vita
 ti deggio anch’io.
 VENCESLAO
                                  Regina,
 a l’onor tuo si è sodisfatto?
 LUCINDA
                                                   Appieno.
 VENCESLAO
1000Se’ paga?
 LUCINDA
                     In Casimiro
 tutta lieta è quest’alma e più non chiede.
 VENCESLAO
 Egli è tuo sposo ed io serbai la fede.
 LUCINDA
 La fé serbasti.
 VENCESLAO
                             Addio. Null’altro, o sposi,
 qui far mi resta, or che la fé serbai.
1005Ma Casimiro...
 CASIMIRO
                              Padre.
 VENCESLAO
 Deggio altrui pur serbarla. Oggi morrai.
 
 SCENA VI
 
 LUCINDA, CASIMIRO e poi GISMONDO
 
 LUCINDA
 Oggi morrai? Dirlo ha potuto un padre?
 Lucinda udirlo? Oggi morrai? Spietato
 giudice, iniquo re, così mi serbi
1010la fé per più tradirmi?
 Mi dai lo sposo e mel ritogli? O tutto
 ripigliati il tuo dono o tutto il rendi.
 Se mi se’ più crudel, meno mi offendi.
 CASIMIRO
 Ah tempra, o cara, i pianti;
1015per me tutto il martire
 è il lasciarti, ben mio, non il morire.
 LUCINDA
 Morir? Me forse credi
 sì vil, sì poco amante
 che sofferire il possa?
1020Meco ho guerrieri, ho meco ardire, ho meco
 amor, sangue e ragione.
 Tua vita è di Lucinda
 e tiranno è di lei chi ne dispone.
 CASIMIRO
 Un soccorso rifiuto
1025ch’esser può mio delitto e tuo periglio.
 Il re mi è padre, io son vassallo e figlio.
 LUCINDA
 Crudel, sei sposo ancora.
 Serbi il nome di figlio a chi ti uccide,
 nieghi il nome di sposo a chi ti adora.
 CASIMIRO
1030Anzi questo è ’l sol nome
 che più mi è caro, io meco
 porterollo agli Elisi, ombra costante
 e là dirò: «Son di Lucinda amante».
 LUCINDA
 Va’ pur; ti è cara, il veggio,
1035la morte tua. Vanne, l’incontra, a l’empio
 carnefice fa’ core e ’l colpo affretta.
 Ma sappi, io pur morrò dal ferro uccisa
 o dal dolor.
 CASIMIRO
                        Tu piangi?
 Tergi le luci, addio.
1040Più soffrir non poss’io
 la pietà di quel pianto. Andrò men forte
 se più ti miro, andrò, mia cara, a morte.
 
    Parto; non ho costanza
 per rimirarti a piangere.
1045Sposa, ti abbraccio. Addio.
 
    Se più rimango, io moro.
 Ma non saria morir
 sugl’occhi di chi adoro
 il morir mio.
 
 SCENA VII
 
 LUCINDA
 
 LUCINDA
1050Correte a rivi, a fiumi, amare lagrime.
 Tolto da me lo sposo
 ha l’ultimo congedo.
 Più non lo rivedrò. Barbaro padre!
 Miserabile sposo! Ingiusti numi!
1055Su, lagrime, correte a rivi, a fiumi.
 Ma che giova qui ’l pianto? A l’armi, a l’armi.
 Già che tutto disperi,
 tutto ardisci, o Lucinda. Apriti a forza
 ne la reggia l’ingresso. Ecco già parmi
1060di svenare il tiranno,
 di dar morte a’ custodi,
 di dar vita al mio sposo e di abbracciarlo
 fuori de’ ceppi... Ahi, dove son, che parlo?
 
    Mio cor, che mi sai dir?
1065O vincere o morir,
 sì sì t’intendo.
 
    O morte o un bel contento
 sia il fin del mio tormento,
 io nol contendo.
 
 SCENA VIII
 
 ERENICE ed ERNANDO
 
 ERENICE
1070Tutta cinta è dal popolo feroce
 la sarmatica reggia. Ognun la vita
 chiede di Casimiro.
 Teco fra lor passai né fu ch’il guardo
 torvo a noi non volgesse. Ancor nel petto
1075mi trema il cor.
 ERNANDO
                                Sì tosto
 si avvilisce il tuo sdegno?
 ERENICE
 No no, mora il crudele e pera il regno.
 ERNANDO
 Pera anche il re; ma ’l colpo
 esca da la tua mano.
 ERENICE
1080Io svenar Venceslao?
 ERNANDO
 Sì, quelle son le regie stanze.
 ERENICE
                                                       Ernando,
 cerco vendetta e non infamia.
 ERNANDO
                                                        Il ferro,
 che dee passar nel sen del figlio, ha prima
 in quel del padre a ripassar. Che importa
1085che tu ’l comandi o ’l vibri?
 ERENICE
 Come? Val tanto adunque
 d’un reo la vita?
 ERNANDO
                                 Parmi
 tutta incendio e tutt’armi
 veder la reggia. Ahi dove andranno, dove
1090l’ire cader? Su te cadran, su te,
 misera patria e miserabil re.
 ERENICE
 Ma che dee farsi?
 ERNANDO
                                   Al sol pensarvi io tremo,
 sudo, mi agghiaccio, io primo offeso, io primo
 rinunzio a la vendetta e gitto il ferro.
1095Generosa Erenice,
 nel tuo dolor la tua ragione ascolta.
 Perdona a Casimiro, anzi perdona
 a la patria, al monarca, a la tua gloria.
 Con sì bella vendetta
1100meglio noi placherem l’ombra diletta.
 ERENICE
 Io dar perdono? Ernando...
 ERNANDO
 S’apre l’uscio real. Vanne ed implora
 al regio piè...
 ERENICE
                           Vo’ pensar meglio ancora.
 
    Lasciatemi un momento,
1105pensieri di vendetta,
 in pace il cor.
 
    Se il braccio mio s’affretta,
 lo sdegno suo pavento,
 più che l’altrui furor.
 
 SCENA IX
 
 ERNANDO solo
 
 ERNANDO
1110Seguiam suoi passi. Un sol rifiuto, Ernando,
 non stanchi il tuo soffrir né lo sgomenti.
 Odio che si rallenti è quasi estinto;
 e quando ascolta, un cor di donna è vinto.
 
    Se virtude al cor mi parla,
1115a lei volgo il pensier mio
 ed ho l’alma in libertà.
 
    Degli affetti del mio core
 il più forte è sol l’onore
 e di gloria il bel desio
1120d’ogni amor trionferà.
 
 SCENA X
 
 VENCESLAO con guardie
 
 VENCESLAO
 A me guidisi il figlio.
 Giorno, o quanto diverso
 da quel che ti sperai! Giorno fatale!
 Oggi nacqui a la luce;
1125oggi moro ne’ figli. Itene e i lieti
 apparati di amor cangiate, amici,
 in funeste gramaglie e in bara il trono.
 Più Venceslao, più genitor non sono.
 
 SCENA XI
 
 CASIMIRO con guardie, VENCESLAO
 
 CASIMIRO
 Prostrato al regio piede,
1130incerto fra la vita e fra la morte,
 eccomi.
 VENCESLAO
                  Sorgi. (Anima mia, sta’ forte).
 CASIMIRO
 Ne le tue mani è ’l mio destin.
 VENCESLAO
                                                         Mio figlio,
 reo ti conosci?
 CASIMIRO
                             E senza
 la tua pietà sono di vita indegno.
 VENCESLAO
1135Cieco rotasti il ferro
 fra l’ombre.
 CASIMIRO
                         Il ferro strinsi e fui spietato.
 VENCESLAO
 Alessandro uccidesti.
 CASIMIRO
 Il mio germano uccisi.
 VENCESLAO
 Morto Ernando volesti, il duce invitto.
 CASIMIRO
1140E del colpo l’error fu più delitto.
 VENCESLAO
 Scuse non hai.
 CASIMIRO
                              L’ho ma le taccio, o sire.
 Se discolpe cercassi, io sarei ingiusto.
 Sarò più reo, perché tu sii più giusto.
 VENCESLAO
 (Vien meno il cor). Dammi le braccia, o figlio.
 CASIMIRO
1145Re, padre...
 VENCESLAO
                        E prendi in questo
 l’ultimo abbracciamento.
 CASIMIRO
 L’ultimo?
 VENCESLAO
                     Ahi pena!
 CASIMIRO
                                          Ahi sorte!
 VENCESLAO
 Or vanne, o figlio.
 CASIMIRO
                                    Ove, signore?
 VENCESLAO
                                                               A morte.
 CASIMIRO
 A morte?
 VENCESLAO
                     Sì, ma vanne
1150non reo ma generoso. Un cuor vi porta
 degno di re che non imiti il mio.
 A me sol lascia i pianti, a me i dolori
 e insegnami costanza allor che mori.
 CASIMIRO
 
    Vado costante a morte,
1155conservami tu solo
 la sposa mia fedel.
 
    Pensando al suo gran duolo,
 sento il mio cor men forte,
 più il mio destin crudel.
 
 SCENA XII
 
 VENCESLAO, poi ERENICE
 
 VENCESLAO
1160Importuno dover, quanto mi costi!
 ERENICE
 Vengo...
 VENCESLAO
                  Erenice, ad affrettar se vieni
 del reo figlio la pena,
 risparmia i voti. A te de la vendetta
 debitor più non sono.
1165Il figlio condannato assolve il padre.
 ERENICE
 E te ne assolve ancora
 la pietà di Erenice.
 Per me non vegga il regno
 la natura in tumulto,
1170la patria in armi, la pietà in esiglio.
 A l’ombra di Alessandro
 basti il mio pianto e ti ridono il figlio.
 VENCESLAO
 No, con la tua pietade io non mi assolvo.
 Se restano impunite,
1175passan le colpe in legge
 e non le teme il volgo,
 se l’esempio del re non le corregge!
 
 SCENA XIII
 
 ERNANDO e li suddetti
 
 ERNANDO
 Anch’io, o sire...
 VENCESLAO
                                Opportuno
 tu giungi, amico. In sì grand’uopo io cerco
1180o ragione o conforto.
 ERNANDO
 Per chieder grazie al regio piè mi porto.
 VENCESLAO
 L’avrai quando anche fosse
 la metà del mio trono.
 ERNANDO
 Ti chiedo...
 VENCESLAO
                        E che?
 ERNANDO
                                       Del principe il perdono.
 VENCESLAO
1185Come?
 ERNANDO
                 N’han la tua fede i voti miei.
 In ciò non re ma debitor mi sei.
 VENCESLAO
 Tutto a te deggio e regno e vita. Solo
 la mia giustizia, l’onor mio, la sacra
 custodia de le leggi io non ti deggio.
 ERNANDO
1190(Principe, al tuo destin scampo non veggio). (E parte)
 
 SCENA XIV
 
 GISMONDO frettoloso e li sudetti
 
 GISMONDO
 Tosto, signor, cingi lorica ed elmo,
 rompi ogn’indugio ed arma
 di acciar la destra e di costanza il core.
 VENCESLAO
 Che fia, Gismondo?
 ERENICE
                                       O dei!
 GISMONDO
                                                     Il prence...
 VENCESLAO
1195Morì, per esser giusto
 già finii di esser padre.
 GISMONDO
                                             Ah se riparo
 tu non cerchi al periglio,
 la corona perdesti e non il figlio.
 VENCESLAO
 Che? Vive Casimiro?
 GISMONDO
                                          E vivo il vuole
1200la milizia, la plebe ed il Senato.
 Sono infranti i suoi ceppi,
 fugati i tuoi custodi, al suol gitati
 i funesti apparati e del tumulto
 non ultima è Lucinda.
1205Ognun grida, ognun freme e se veloce
 tu non vi accorri, invano
 freno si cerca al popolo feroce.
 VENCESLAO
 Sì sì, popoli, Ernando,
 Erenice, Lucinda,
1210dover, pietà, legge, natura, a tutti
 soddisferò, soddisferò a me stesso.
 Sieguami ognuno. Il mondo
 apprenderà da me
 ciò che può la pietade in cor di padre,
1215ciò che può la giustizia in cor di re.
 
   L’arte, sì, del bel regnar
 da me il mondo apprenderà.
 
    Ei vedrà che so serbar
 la giustizia e la pietà
 
 SCENA XV
 
 ERENICE sola
 
 ERENICE
1220Che sarà mai? Qual sorte
 da temer resta o da sperar? Sospeso
 a memorabil opra il re s’invia;
 e sospesa del pari è l’alma mia.
 
    Qual senza stella
1225la navicella
 l’ondeggia l’anima
 e non ha pace.
 
    Ragion disanima
 la sua vendetta;
1230pietà l’alletta,
 rigor le piace.
 
 SCENA XVI
 
 Regia con trono.
 
 CASIMIRO, LUCINDA, popoli, soldati
 
 LUCINDA
 
    Viva e regni Casimiro.
 
 POPOLI
 
 Viva, viva.
 
 CASIMIRO
 Duci, soldati, popoli, Lucinda,
1235qual zelo v’arma? Qual furor vi move?
 Dunque in onta del padre
 vivrò più reo? Dovrò la vita al vostro
 tumultuoso amore?
 Dopo un german con minor colpa ucciso,
1240ucciderò con più mia colpa un padre?
 Non è questa la vita
 ch’io chieder posso. Ah prima
 rendetemi i miei ceppi,
 traetemi al supplicio; e quando ancora
1245v’è chi si opponga, questo,
 sì, questo acciar trafigerammi; in pena
 del mio, del vostro eccesso
 io ’l carnefice sol sarò a me stesso.
 E tu datti alfin pace,
1250mio solo amor, mio sol dolore, in questa
 sorte mia dispietata,
 raro esempio di fé, sposa adorata.
 LUCINDA
 No no, non dir d’amarmi,
 dispietato consorte,
1255se di me in paragone
 sembra più bella agl’occhi tuoi la morte.
 
 SCENA ULTIMA
 
 VENCESLAO, ERENICE, ERNANDO, GISMONDO e detti
 
 VENCESLAO
 Ed è vero e lo veggio?
 CASIMIRO
 Padre e signor, ritorno
 volontario a’ tuoi ceppi;
1260depongo ancor la spada e piego il capo.
 Solo a questo perdona
 popol fedel. Zelo indiscreto il mosse.
 Di me disponi. In me le leggi adempi.
 In me punisci il fallo;
1265fratricida infelice io morir posso,
 non mai figlio rubel, non reo vassallo.
 LUCINDA
 
    Viva, viva Casimiro.
 
 TUTTI
 
 Viva, viva.
 
 VENCESLAO
 Popoli, da quel giorno, in cui vi piacque
1270pormi in fronte il diadema, in man lo scettro,
 resi giustizia e fui
 ministro de le leggi e non sovrano.
 Ora non fia ch’io chiuda
 con ingiusta pietade e regno e vita.
1275Si deve un fratricida
 punir nel figlio. Il condannai. La legge
 re mi trovò, non padre.
 Voi nol volete ed ora
 padre, non re mi trovarà natura.
1280Figlio, ti accosta.
 CASIMIRO
                                 Al soglio
 piego umil le ginocchia.
 LUCINDA
 (Cor, non anche t’intendo).
 VENCESLAO
 Qual re avesti, Polonia, il raro, il grande
 atto, per cui lo perdi, ora t’insegni.
1285Volermi ingiusto è un non voler ch’io regni.
 CASIMIRO
 Che fai, signor?
 VENCESLAO
                                Conviene
 far cader la tua testa o coronarla.
 CASIMIRO
 Mora il figlio e tu regna.
 VENCESLAO
                                               Il re tu sei.
 Col voler di Erenice,
1290con la virtù di Ernando,
 il popolo ti acclama. Io reo ti danno
 e assolver non ti posso;
 or che tu se’ sovrano,
 assolverti potrai con la tua mano.
 LUCINDA
1295(Gioie, non mi opprimete).
 CASIMIRO
 La corona io ricevo
 in deposito, o padre, e non in dono.
 Tu sarai re. Io servo
 le leggi tue publicherò dal trono.
 ERNANDO
1300Io pure in te, novo monarca, adoro
 l’alto voler del tuo gran padre.
 CASIMIRO
                                                         Ernando,
 non eredito re gli odi privati,
 ti abbraccio amico. E tu, Erenice, in lui
 da me prendi uno sposo,
1305se nel fratello un te ne tolsi.
 ERNANDO
                                                    O sorte.
 ERENICE
 Signore, erra insepolta
 ancor l’ombra amorosa. Almen mi lascia
 pianger l’estinto, anzi che il vivo abbracci.
 ERNANDO
 Mi basta or sol che rea
1310ne l’amarti non sia la mia speranza.
 ERENICE
 Tutto speri in amor merto e costanza.
 CASIMIRO
 Diletta sposa, cari
 solo per te mi son la vita e ’l regno.
 LUCINDA
 Tanta è la gioia mia
1315che parmi di sognar, mentre ti annodo.
 GISMONDO
 Col tuo giubilo, o patria, esulto e godo.
 CORO
 
    Vivi e regna fortunato,
 nostro duce e nostro re.
 
    Te si unisca a far beato
1320tempo e sorte, amor e fé.
 
 Ballo eroico.
 
 Il fine